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Infanzia di Tove Ditlevsen

Infanzia di Tove Ditlevsen è un libro dolorosissimo, al lettore ogni tanto occorre fermarsi e prendere fiato; leggerlo non potrà infatti che farvi ripensare alla vostra, di infanzia. La vostra è stata bellissima? Forse lo è stata davvero, o forse siete tra coloro che la Tove bambina guarda con ammirazione, come la sua amica Ruth, che sembra riuscire a sorvolare sulla propria infanzia, forse opponendovi indifferenza, non pensando, non ponendosi domande o creando un racconto alternativo degli eventi.

La protagonista di questo libro è invece una bambina acuta e sensibile, che ci racconta la sua infanzia senza che questa venga mediata da una prospettiva adulta, ma direttamente dalla sua visuale. Gli eventi, i luoghi, le persone, i pensieri, le sensazioni, passano tutti attraverso lo sguardo di questa piccola danese, nata e cresciuta nel quartiere operaio di Vesterbro, a Copenaghen, in un bilocale con i genitori e il fratello. Il racconto è scarno e preciso, il lessico richiama appunto quello di una bambina.

Infanzia
Infanzia Di Tove Ditlevsen;

Tove Ditlevsen, impeccabile ritrattista di una femminilità punteggiata di chiaroscuri, ci ha generosamente aperto le porte delle molte stanze da lei abitate negli anni, lasciandoci delle pagine indimenticabili, destinate a restare.

Tove nasconde a tutti una grande passione, quella per le parole, per la poesia, che il fratello deride e il padre - nonostante sia colui che l’ha avvicinata ai libri - denigra, dicendole che solamente gli uomini possono scrivere. La passione per la scrittura la sorregge e accompagna per tutta la vita, e Tove diventa una delle più grandi scrittrici e poetesse danesi. Tradotta in inglese solamente negli anni Ottanta, la Trilogia di Copenaghen, di cui Infanzia è il primo volume, viene riscoperta dai più solo nel 2019. Emblematico del tenore dei tre racconti autobiografici è sapere che l’autrice non ha saputo sopravvivere ai dolori della sua vita: si è suicidata nel 1976, a seguito di un’esistenza tormentata, scandita da quattro matrimoni e dipendenza da droghe e alcol.

Buia è l’infanzia, e sempre sofferente come un animaletto intrappolato in un sotterraneo e dimenticato. Esce dalla gola come fiato condensato dal gelo, e certe volte è troppo piccola, altre volte troppo grande. Non ha mai la misura che ci vorrebbe. Solo quando la si perde come una pelle di serpente la si può osservare con calma e parlarne come di una malattia lasciata alle spalle. Quasi tutti gli adulti sostengono di avere avuto un’infanzia felice, e magari ne sono davvero convinti, ma io non credo. Secondo me, sono semplicemente riusciti a dimenticarla

Tove cresce in un contesto povero (la famiglia è mantenuta dal padre operaio, che perde il lavoro forse per via delle sue simpatie socialdemocratiche), in un quartiere dove ci sono prostitute, ubriachi, criminalità e violenze; ma tutto ciò non incide su di lei quanto il rapporto con i familiari e in particolare con la madre: una donna distante, irascibile, piena di risentimento verso la vita, che è spesso violenta e derisoria nei confronti della figlia.

La protagonista ha con la madre un rapporto altalenante, con pochi e rari momenti di tenerezza, e molti di difficoltà. Fra le due l’estraneità è palpabile, al punto che Tove si mette in testa di essere stata scambiata in culla, di non essere affatto figlia sua. La piccola Tove brama l’affetto in questa donna indecifrabile, imprevedibile e inizialmente, come tutti i bambini, la idolatra, la vede bellissima, capace, e la compiace come può:

Il mio rapporto con lei è stretto, doloroso, traballante, e se voglio un segno d’affetto devo cercarlo io. Qualunque cosa io faccia, la faccio per compiacere lei, per farla sorridere, per acquietare la sua rabbia. È un lavoro spossante, perché al tempo stesso devo anche nasconderle molte cose

Con il tempo, però, inizierà a intravedere le fragilità della madre, comincerà a vederla per quella che è: una donna che non sa proteggere sé stessa e di conseguenza nemmeno la figlia, una donna spaventata da tutto ciò che non le è familiare e che fa della crudeltà la sua difesa, crudeltà dalla quale Tove non viene mai risparmiata:

Alzo lo sguardo su di lei e mi rendo conto di diverse cose simultaneamente: è più piccola delle altre donne adulte, più giovane delle altre madri, e al di fuori della via in cui abitiamo c’è un mondo che la spaventa. E quando ci spaventa entrambe, lei mi pugnala alla schiena

Anche Tove cerca delle difese da quel mondo che la fa sentire sopraffatta, e per sfuggire all’inadeguatezza e alla paura degli attacchi altrui, si finge scema: Le mie compagne mi trovano sempre irresistibilmente comica, e io, ormai abituata a essere il loro zimbello, trovo squallidamente rassicurante questo mio ruolo, perché, insieme alla mia conclamata stupidità, mi tiene al riparo dalla particolarissima crudeltà con cui trattano chiunque sia diverso da loro.

Ciò che si percepisce nella lettura è la fatica di vivere della protagonista, che non ha la possibilità di essere davvero una bambina nel periodo della sua infanzia; trattata a momenti come un esserino privo di comprensione (soprattutto dalla madre, che spesso le mente) e a tratti come una giovane adulta incaricata dei compiti più umilianti, come il mettersi in coda al mattino per racimolare un po’ di pane del giorno prima, Tove deve rimediare da sola alle sue ferite, proteggere quel poco che può, ora fingendo con gli altri, ora persino con sé stessa. Trova rifugio solo nella poesia, nell’avere dei sogni, nel guardare al di là della sua infanzia, nell’immaginare un’età adulta diversa da quella delle ragazze del quartiere:

Prima o poi metterò per iscritto tutte queste parole che mi passano attraverso. Prima o poi altre persone le leggeranno in un libro e si meraviglieranno nel vedere che una femmina può – altroché! – fare la scrittrice. I miei genitori saranno più fieri di me che di Edvin, e un’acuta insegnante di scuola (che ancora non ho) dirà: «L’ho capito quand’era ancora bambina, che in lei c’era qualcosa di speciale!»

Ecco che però, quando finalmente riesce a uscire da quella bara lunga e stretta che è per lei l’infanzia, Tove comprende che delle sue difficoltà, compreso il rapporto con la madre, non era responsabile questo periodo della sua vita. Il futuro si preannuncia ancora più incerto e spaventoso, senza la protezione che le dava la scuola, che non può proseguire. L’infelicità è tale che le pare allora di essere stata molto felice, a quell’epoca, epoca che l’ha segnata e che si porterà appresso per l’intera esistenza, quale biblioteca della mente, dalla quale attingerà conoscenza ed esperienza per tutto il resto della vita

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