Ogni thriller che si rispetti è caratterizzato da una sensazione molto specifica: quella del pericolo. E per trasmettere tale sensazione è necessario far ricorso a situazioni, personaggi e oggetti in grado di farci scattare nella testa un campanello d’allarme: un’enorme e buia casa; un misterioso pedinatore; un coltello, una pistola. Tutti questi elementi sono un “tramite” mediante il quale un thriller ci mette in allerta. Paola Barbato, come mezzo del pericolo, utilizza qualcosa di molto più fumoso e inquietante: le informazioni.
Giosciua Gambelli ha trent’anni e tutti lo definiscono uno spiantato: non è mai riuscito a tenersi un lavoro e non ha niente se non la propria Fiat Doblò bianca. Non è un uomo malvagio, tutt’altro, ma la sua vita prende presto una piega oscura: vittima della propria ingenuità, si ritrova a fare da corriere per degli uomini misteriosi, senza sapere cosa sta trasportando, perché lo sta trasportando e per chi sta lavorando.
I suoi guai iniziano quando una notte, durante una delle sue lunghe tratte notturne, scopre per errore il contenuto del proprio carico, e diviene subito portatore di un pericoloso segreto. Ha visto cose che non avrebbe dovuto vedere e sa cose che non dovrebbe sapere, e ciò lo porta immediatamente al centro di una sanguinolenta storia.
E pensare che sarebbe andato tutto bene, se solo non si fosse fermato a chiacchierare con Irene, se non avesse tardato, se non avesse sentito il dovere di controllare il pacco, se non avesse visto la macchia di bagnato
Paola Barbato riesce ogni volta a sorprenderci con la sua capacità di vedere il male nascosto negli anfratti meno inquietanti della nostra quotidianità. Che sia un cellulare, una casa o una strada, la tensione che riesce a trasmetterci cresce a ogni libro. E, proprio per questo, non smetteremmo mai di leggerla.
Noi siamo dunque con Giosciua, intrappolati su un’autostrada, di notte, irrimediabilmente compromessi. Quello che abbiamo scoperto grava su di noi, e non possiamo liberarcene in alcun modo.
Contemporaneamente, tuttavia, la storia ci arriva anche da un altro punto di vista: a capitoli alterni il libro ci accosta al sovrintendente Giuseppe Marotta, tramite i segmenti delle indagini. Con lui guardiamo gli sgranati filmati delle telecamere di sicurezza, confrontiamo targhe d’auto e cerchiamo di distinguere profili di persone in bianco e nero, e otteniamo così sempre più dati esterni. In questo modo la vicenda ci diventa sempre più chiara.
Nasce così nel libro un vero e proprio gioco di informazioni: calandoci nei panni di Giosciua ci viene rivelata la storia man mano che succede, in diretta; tramite l’investigazione, invece, mettiamo insieme tutti gli elementi a posteriori. La nostra consapevolezza della storia si costruisce con lentezza: ci arriva gradualmente, scopriamo la trama passo dopo passo; durante la lettura le informazioni diventano la nostra “merce di scambio” col libro.
È in questo modo che Paola Barbato fa scattare il nostro campanello d’allarme: il senso di pericolo ci arriva tramite un inquietante gioco di non detto; sentiamo sulle spalle il peso delle cose che non sappiamo e, ancor peggio, di quelle che sappiamo.
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