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La città della vittoria di Salman Rushdie

Sulla scia dei Figli della mezzanotte Salman Rushdie torna a narrare un’India dal fascino inquietante, in cui mito, religione, leggenda e storia si intessono in un arazzo ipnotico e maledettamente struggente.
La città della vittoria è un romanzo dai sentori epici, in cui la tradizione omerica e dei grandi poemi in sanscrito si fondono con la rinascita di una bambina come tante, almeno in apparenza.

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Pampa è stata per i primi anni della sua vita come il fiume da cui prende il nome, calma e sicura nei suoi argini dal nome mamma e papà di cui uno non ricorda nemmeno di averlo avuto, l’ha lasciata troppo presto, eppure sa che è stato con lei. Non ha volto nella sua mente, ma ha forma nelle sue mani, quella dei vasi che la madre Radha Kampana le ha insegnato a realizzare ereditando dal marito l’umile arte del vasaio.

Poi, arriva. Forse Pampa avrà compreso solo in parte la distruzione che si è lasciata alle spalle una guerra impari e dall’esito scontato, così indegna da non meritare neanche un nome. Macerie, cadaveri, corpi mutilati, il ricordo di affetti mai più tornati: il classico, lugubre repertorio che resta alle persone che rimangono, in attesa di non si sa cosa.

Senza parole, nel rispetto di un silenzio desolante che fa più rumore di qualunque battaglia, le donne lasciano le ultime offerte al tempio e si imbarcano in direzione della sponda opposta. Ma toccata terra ripartono, questa volta a piedi. Pampa assiste con le guance rigate di lacrime al lento e solenne incedere delle donne verso un fuoco che sembra aspettarle, e a cui loro si concedono. E d’improvviso è sola, sente Radha che lascia la sua mano e cammina. Cammina verso quello che per la piccola è un club esclusivo di sole adulte:

Disse a sé stessa che il muro ondeggiante di fiamme era una tenda dietro la quale le signore si erano riunite a spettegolare, e di lì a poco sarebbero riemerse dalle fiamme

Salman Rushdie

È una narrazione rapida ma d’impatto, resa ipnotica dalla meticolosa selezione delle parole che arrivano dritte allo stomaco (e al naso), e che lasciano addosso l’appiccicume e il fetore di una scena raccapricciante descritta con visionaria crudezza, come in Cecità di José Saramago (ne parliamo qui):

Fu solo quando vide gli ultimi lembi di carne arrostita staccarsi dalle ossa di Radha Kampana mettendone a nudo il teschio scarnificato che capì che la sua infanzia era finita

Salman Rushdie

Il radioso futuro inscritto nel nome della piccola le concede di ritornare a vivere. Scombussolamento, terrore nel sentire il proprio corpo in prestito a una voce, dolce e rassicurante ma sempre estranea: è in corso l’invasamento di Parvati (detta anche Pampa), dea della fertilità, dell’amore e del potere creativo. Ascolta le sue stesse parole, voce della divinità che le rivela la nascita di un grande impero, diffuso e solido per oltre due secoli. Lei sarà determinante:

«E tu, tu lotterai per assicurarti che nessun’altra donna sia mai più bruciata in questo modo, e che gli uomini inizino a considerare le donne con occhi nuovi e vivrai abbastanza a lungo da assistere sia al tuo successo sia al tuo fallimento, per vedere tutto e raccontarne la storia, anche se morirai subito dopo aver finito di raccontarla e nessuno ti ricorderà per quattrocentocinquant’anni.»

La rinascita di Pampa parte dai suoi primi, casuali passi che la portano da un monaco. Gli anni trascorrono tra mansioni quotidiane e preghiere, alternate a studio e scrittura, in una metanarrazione che sa di vita. Il poema che scrive, con protagonista la futura Bisnaga (letteralmente la città della vittoria) scorre dalle sue mani alle pagine come un fiume in piena, così come i successivi 250 anni sembrano seguire un disegno già perfettamente tracciato.

Bisnaga nasce dalle parole di Pampa e dai semi piantati nel suolo avvelenato e mortifero che ha ospitato il falò delle donne, e come ci insegna la storia fondativa di Troia, di Roma e di altre grandi città del mito da radici bagnate di sangue non possono che nascere città nutrite dalla loro immutabile, originaria linfa rossastra.

Per volere divino, non è poi così diversa dalle altre città. Guerra, contrasti, sofferenze e cattiveria umana scorrono tra le vie di Bisnaga, governata da sovrani senza scrupoli, sempre pronti a portar distruzione al regno prossimo. La città prende vita, dà forma ogni giorno al suo futuro pur rimanendo nei solchi del disegno pensato per lei.

In una Bisnaga che si avvicina giorno dopo giorno alla fine annunciata, Pampa porta avanti strenuamente la missione che le è stata assegnata e lascia la sua storia e quella della sua città, così intimamente legate fin dalle origini, a un mucchio di fogli ben custoditi.

L’oblio è stato previsto, così come la sua riscoperta.

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Conosci l'autore

Salman Rushdie è uno scrittore indiano naturalizzato britannico. Nato a Bombay, si trasferisce a Londra all'età di 14 anni e studia al King's College di Cambridge. Il suo stile narrativo, che amalgama narrazione realistica e invenzione mitica, è stato descritto come collegato al realismo magico.Tra le sue prime pubblicazioni: le novelle Grimus (1974), I figli della mezzanotte (1981) e Vergogna (1983). Con I figli della mezzanotte vince il Booker Prize nel 1981 e ottiene un inaspettato successo popolare e critico.Dal 1989 vive in clandestinità, dopo la condanna a morte decretata da Khomeini e dal regime degli ayatollah seguita alla pubblicazione del libro Versetti satanici, ritenuto blasfemo verso la religione del Corano. In seguito pubblica una relazione sui suoi viaggi in Nicaragua, Il sorriso del giaguaro (1987); nel 1990 Mondadori pubblica il libro per bambini Harun e il mar delle storie e La terra sotto i suoi piedi (2000), rilettura del mito di Orfeo e Euridice. È membro della Royal Society of Literature, e Commandeur des Arts et des Lettres dal 1999; è anche presidente del PEN American Center e Honorary Professor in Humanities al MIT.Tra le sue pubblicazioni uscite con Mondadori si ricordano: Luka e il fuoco della vita (2010), Joseph Anton (2012), Due anni, otto mesi e ventotto notti (2015), La caduta dei Golem (2017), Quichotte (2020), La città della vittoria (2023), Coltello (2024).Non ha comunque interrotto le sue attività pubbliche e dopo alcuni anni dalla fatwa di Khomeini ha ridotto protezioni e isolamento. Il 12 agosto 2022 è stato oggetto di un grave attentato da parte di un simpatizzante del regime iraniano che l'ha più volte accoltellato nel corso di un incontro a un festival letterario nello Stato di New York.

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