Il mio nome è la frontiera tra la notte e il giorno, sono margine. Aurora. Aspetto l’alba ma resto nel letto sdraiata, a occhi chiusi. Passiamo troppo tempo in posizione verticale, la testa in alto, i piedi a terra, le spalle curve, le gambe che devono sorreggere tutto. Quando mi sdraio la mia lingua e i miei pensieri si sdraiano dentro di me, le parole cambiano la loro strada abituale, da nord a sud, più lente e imprevedibili. Ci sono storie che si possono raccontare solo da sdraiati, e io resterei ad ascoltarle così, a occhi chiusi. Invece dormire è un’altra cosa, dormire mi terrorizza.
La notte segna un confine netto tra coloro che dormono e coloro che vagano. Aurora appartiene a questa seconda categoria: da quando non può più rifugiarsi nell’amore del Lupo, l’insonnia non le dà tregua. Decide quindi di rivolgersi al Centro del sonno per avviare un percorso terapeutico al fine ricominciare a dormire, senza dover più temere che le si interrompa il respiro.
Durante la prima visita medica scopre che dovrà passare una notte al Centro durante la quale il suo sonno verrà filmato, ma non le sarà concesso di visionare la registrazione. Potrebbe spaventarsi le ha detto il medico. Decide quindi, quasi inconsapevolmente, di rubare le cassette di tre sconosciuti: vuole sapere cosa succede di notte.
Cosa nasconde il sonno? Da cosa ci protegge, cosa ci rivela? Chi diventiamo quando dormiamo? Aurora soffre di insonnia da quando il Lupo, il suo ultimo amore, l’ha lasciata senza una parola. Di notte è come se dimenticasse di respirare, come se non potesse più fidarsi di se stessa
Da questo momento non si può più tornare indietro. Aurora è in preda a un’euforia mai provata prima: è da tempo che vuole cambiare qualcosa nella sua vita e adesso ha l’occasione per farlo. Si finge una dipendente del Centro del sonno e contatta Ismael, Marius e André: i tre protagonisti dei filmati rubati.
Poi ci sono persone che incontri e cominci a sentire sempre più vicine, non è innamoramento, forse nemmeno amicizia, è un altro nome che non trovo né in italiano né in francese, è un clic.
Aurora è italiana, ma vive a Marsiglia da ormai dieci anni. E la città, con i suoi spazi ed i suoi luoghi di ritrovo, diventa il palcoscenico sul quale vive la sua vita, sia quella vera, di insegnante, che quella inventata, di consulente del Centro del sonno, mescolando fra loro i profili di quelle due realtà. E l’autrice sfrutta questo bipolarismo esistenziale della protagonista del libro anche per dare vita ad un doppio registro linguistico nella sua scrittura: non mancano, infatti, nell’opera, parallelismi formali tra la lingua italiana e quella francese, che permettono di riflettere su ogni sfumatura terminologica.
Arianna Cecconi, che vive lei stessa a cavallo tra Italia e Francia, modula il suo racconto attraverso una prosa fluida e puntuale:
Mi chiamo Aurora e sono nata sulla terra. A quarantadue anni ho imparato che l’aria deve uscire dal naso e non dalla bocca e che in francese rubare è volare, suonare è giocare, mare e madre hanno lo stesso suono.
La girandola degli insonni (Feltrinelli) è un libro che parla soprattutto di legami: autentici, profondi, privi di schemi. Il sonno e la veglia si mescolano continuamente ed è all’interno di questa dimensione non pienamente definita che i personaggi vivono e si mostrano per quello che sono: uomini e donne pieni di paure che, giorno dopo giorno, attraverso lunghe conversazioni, danno voce alle loro fragilità, ripercorrendo quello che è stato il loro trascorso. Le problematiche legate al sonno, ed alla sua mancanza, filo conduttore di ogni pagina, vengono indagate senza lasciare nulla al caso; la scrittura in prima persona permette al lettore di immedesimarsi pienamente nella figura di Aurora, con la quale, fin da subito, si crea una sorta di empatia: è una donna piena di contraddizioni e per questo profondamente umana.
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