Un titolo recente che mi fa molto piacere consigliare e che per me è stato una lettura importante è Lincoln nel bardo, che è uscito con Feltrinelli in Italia. Racconta di Abramo Lincoln che va nel bardo, in questo posto fra la vita e la morte, per rincontrare il suo figlioletto perduto e abbracciarlo un'ultima volta. Quello che mi ha colpito del romanzo è la forma, perché è scritto come se fosse un copione teatrale, a cui si intervallano delle schede storiche per far capire al lettore il contesto in cui si svolge la vicenda. Soprattutto mi ha molto colpito l'assoluta maestria di Saunders nell'alternare i registri comico, drammatico, malinconico, e anche patetico in alcuni punti. Ci sono delle scene che fanno molto ridere (come quella in cui i morti tra di loro si dicono "attenzione che gli appena caduto il braccio") e poi ci sono le scene in cui Lincoln va effettivamente a incontrare il suo piccoletto, e sono assolutamente strazianti. Per me questa compresenza rimane una delle cose più belle che si possano incontrare nell'arte
È il 10 giugno 1981 e tutto il Paese trattiene il fiato, incollato al televisore per seguire la vicenda del piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo. Si spera fino all’ultimo che i soccorritori riescano a fare il miracolo, ma non c’è nulla da fare.
“Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: sessanta ore di lotta invano per Alfredo Rampi” dichiarerà qualche giorno dopo il giornalista Giancarlo Santalmassi in un’edizione straordinaria del TG2.
Il ricordo di questa tragedia ossessiona anche il protagonista dell’ultimo romanzo di Enrico Ianniello, Alfredino, laggiù (Feltrinelli 2021). Basta un piccolo incidente domestico – giusto un taglietto che il figlio si è procurato tentando di saltare una staccionata – perché Andrea inizi a precipitare in una spirale, in un sogno tinto d’incubo in bilico fra il surreale e il disincantato.
Febbraio 1862, la Guerra civile è iniziata da un anno, e il presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, è alle prese con ciò che sta assumendo tutti i contorni di una catastrofe. Nel frattempo Willie, il figlio prediletto di undici anni, si ammala gravemente e muore.
Il dolore all’idea di perdere il proprio bambino è centrale anche nel romanzo consigliato da Ianniello, Lincoln nel bardo (Feltrinelli 2019). Un dramma che si svolge in una sola notte e che trae spunto da un reale fatto di cronaca riportato dai quotidiani del tempo. Una sola immagine, abbastanza forte da turbare una generazione: il presidente Abramo Lincoln che si reca nella cripta in cui hanno appena sepolto il figlio, di appena undici anni, e ne apre la bara per poterlo riabbracciare un’ultima volta.
George Saunders prende per mano il lettore e lo conduce in un limbo che non è che una sala d’aspetto a cielo aperto, un non-luogo in cui sostano tutte le anime la cui coscienza è sospesa tra la morte e la prossima vita. Il piccolo Willie Lincoln è morto e non lo sa, suo padre non è morto, ma a volte vorrebbe esserlo. Intorno a loro, il coro di voci degli altri spiriti e il mai silente controcanto della Storia.
Una storia epica e magistrale sull'amicizia e sull'amore nel XXI secolo. Caso editoriale del 2015, forse il più importante romanzo letterario dell'anno, opera di rara potenza e originalità, Una vita come tante è doloroso e spiazzante, scioccante e magnetico.
Lincoln nel bardo si trasforma così in una catabasi nel lutto, in un romanzo che affronta con onestà e tenerezza il terrore più grande di ogni genitore: la morte di un figlio. Un tema che era stato affrontato con altrettanta lucidità da Hanya Yanagihara in uno dei passi più strazianti di Una vita come tante.
“C’è una cosa, però, che nessuno dice: quando a morire è tuo figlio, una parte di te, una parte piccolissima ma che merita attenzione, si sente anche sollevata. Perché, dopotutto, il momento che tanto aspettavi, che temevi e al quale ti preparavi dal giorno in cui sei diventato genitore, è arrivato. Ah, ti dici, ecco. Ci siamo. E a quel punto, non ti rimane più niente di cui aver paura.”
Abramo Lincoln non ne aveva, di ritorno dal Bardo. Perché una volta toccato il fondo ci si accorge che da lì non c’è altra strada che risalire, e riemergere, e respirare. Richiudere il coperchio della bara e tornare tra le fila dei viventi.
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