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Mai più Vajont di Paolo Di Stefano e Riccardo Iacona

Migliaia e migliaia di pagine - se si pensa che solo l’archivio del processo Vajont ne conta 25.000 - in questi sessant’anni che ci separano dalla catastrofe in cui hanno perso la vita quasi duemila persone, ci hanno parlato della disperazione, dei silenzi, della rabbia e delle infinite battaglie per ottenere giustizia, per mettere in luce le responsabilità e le colpe.

Ma oggi, più che mai, la battaglia per conservare la memoria non basta più. Già dal titolo, Mai più Vajont, l’esauriente saggio di Di Stefano e Iacona (Fuoriscena) si pone come monito al futuro, teso alla necessità della prevenzione, della cura del nostro mondo. Si fa urgenza, riportando in vita le testimonianze dei sopravvissuti nelle pagine della cronaca di quei giorni, nella dettagliata ricostruzione dei fatti, la presa di coscienza degli errori che l’uomo non può più permettersi di ripetere.

Qui potete anche leggere l'intervista fatta a Paolo Di Stefano dalla nostra redazione.

Mai più Vajont 1963/2023. Una storia che ci parla ancora
Mai più Vajont 1963/2023. Una storia che ci parla ancora Di Paolo Di Stefano;Riccardo Iacona;

Sessanta anni dopo, Paolo Di Stefano del «Corriere della Sera» e Riccardo Iacona, conduttore di Presadiretta (Rai 3), raccontano il disastro del Vajont, «il più clamoroso degli eventi quasi-fotocopia» che hanno segnato il nostro Paese

In queste pagine riprendono vita, con tutta la loro forza originaria che ci porta talvolta a indignarci ma sempre sentendo la sofferenza delle testimonianze scorrere sotto pelle, i reportage, gli atti del processo, e le inchieste che portano le firme dei grandi giornalisti dell’epoca, spesso legati politicamente alle testate per cui scrivevano, tanto che diventa interessante cogliere anche gli scontri, e le accuse, spesso non velate, tra i giornalisti di schieramenti politici differenti.

Fatalità o colpa?

Da una parte la tenace Tina Merlin, che si fa portavoce nelle pagine dell’Unità, dapprima dei montanari, nella difesa dei loro paesi, traditi e schiacciati dal potere che, espropriandoli delle terre, toglie loro dignità e fonti di sussistenza, e poi ancora portavoce delle paure e della saggezza degli abitanti che “sentono” e conoscono la montagna quasi ancestralmente, e si oppongono alla costruzione della diga. Lotta con loro, e darà voce anche ai pochi sopravvissuti alla ricerca di giustizia.

Dall’altra, le grandi firme di Montanelli, Buzzati, Bocca, che riportano testimonianze toccanti e sconvolgenti dell’accaduto, ma che si tengono a distanza dall’ambito della denuncia delle colpe umane.

Una giornata qualunque.” scrive Paolo Passi da una pagina dell’Unità del 1973  riportata nel saggio di Di Stefano e Iacona, “ragazzini e anziani già a letto, giovani e adulti nei bar o in casa di amici a guardarsi una partita di calcio in tv”. La normalità travolta in un istante.

“L’annientamento di Longarone li colse così, nel terrore inesplicabile di un improvviso risveglio prima della morte”.

Questa normalità ci inquieta, perché dalle inchieste, dalle pagine dei giornali riportati nel saggio, ci accorgiamo che questa “normalità” era piena del senso dell’impotenza degli abitanti contro le decisioni del potere e dell’economia.

La fragilità della loro montagna, il Toc, messa a dura prova dalla costruzione della diga, era a conoscenza di tutti, ognuno si era opposto come poteva, con i loro pochi mezzi, alla sua realizzazione. Non essendoci riusciti, chiedevano continuamente ragguagli e mettevano in guardia sui rischi di una catastrofe imminente.

Fatalità o colpa?

 “Sempre la stessa domanda, da decenni riemerge in occasione delle catastrofi italiane cosiddette naturali”, scrive Paolo Di Stefano, nel capitolo introduttivo alla ricostruzione del caso Vajont.

Sessant’anni dopo, il modello Vajont è ancora drammaticamente attivo”, aggiunge Iacona, riportando l’attenzione al difetto di progettazione del ponte Morandi a Genova, dove ”i campanelli d’allarme che avrebbero dovuto allertare i gestori del ponte erano talmente tanti, ripetuti nel tempo(…) che avrebbero dovuto comportare l’immediata messa in campo di lavori di manutenzione”.

Ma la memoria delle catastrofi, la consapevolezza delle costanti delle tragedie annunciate, dovrebbero spingerci ad andare oltre la risposta, ad imparare dagli errori, ad insegnarci il rispetto del mondo che ci ospita. Mai più Vajont sottolinea l’ammonimento, l’esortazione al rispetto e alla cura del bene comune, all’utilizzo di competenze e risorse, perché non si continui ad intervenire "dopo”.

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Prima Effe. Feltrinelli per la scuola propone l’incontro con gli scrittori per trasformare la lettura in un’esperienza indimenticabile, per avvicinare gli studenti ai grandi temi dell’attualità offrendo la possibilità di confrontarsi con chi quelle storie le ha scritte. Un viaggio straordinario e a portata di mano, nel mondo e in se stessi. Per organizzare un incontro scrivi a mailto:info@primaeffe.it

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Giornalista e scrittore, è inviato speciale del «Corriere della Sera». Fra i suoi ultimi libri ricordiamo La catastròfa (Sellerio, 2011), Giallo d’Avola (Sellerio, 2013), I pesci devono nuotare (Fabbri, 2013) e Ogni altra vita. Storia di italiani non illustri (Il saggiatore, 2015) con cui vince il Premio Bagutta 2016.Fonte immagine: Maremosso

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Riccardo Iacona è nato a Roma il 27 aprile del 1957. Laureato in discipline dello spettacolo alla Facoltà di Lettere e Filosofia all'Università degli Studi di Bologna - è aiuto regista dal 1980 al 1987 per il cinema e la televisione fin quando non inizia a lavorare per la terza rete della Rai. Prima in Scenario di Andrea Barbato e Duello (programmi curati e voluti da Nino Criscenti), poi, dopo l'incontro con Michele Santoro, Samarcanda, Il Rosso e il nero e Temporeale. Nel 1996 lascia la Rai per seguire Santoro su ItaliaUno: è autore insieme a Ruotolo e Formigli dei programmi Moby Dick e Moby's. Nel 1999 rientra in Rai sempre insieme a Michele Santoro e lavora per le due testate Circus e Sciuscià. Dal 2004 per Raitre diretta da Paolo Ruffini e' autore e regista della serie  "Italiani"  che con W gli Sposi, W il Mercato, e W la Ricerca ha vinto la sfida del grande reportage in prima serata  con i quali ha vinto numerosi riconoscimenti fra cui il Premio Ilaria Alpi, il Premio Flajano, il Premio Citta' di S. Marinella. Da agosto del 2005  realizza i reportage di  W l'Italia:  "Case!" , "Ospedali!" , "Tribunali!"  e la seconda serie del 2007 dal titolo PANE E POLITICA.Da giugno a settembre 2007 è stato impegnato con 11 puntate in “W L’ITALIAdiretta”, il primo settimanale di approfondimento giornalistico in onda d’estate, un vero e proprio viaggio attraverso l’Italia che ha portato le telecamere di Raitre ogni settimana in diretta in località diverse. Il 19 e il 26 settembre 2008 sono andate in onda su Raitre in prima serata i suoi  due reportage internazionali dal titolo “La Guerra Infinita” su Kosovo e Afghanistan. Riccardo Iacona non voleva fare il giornalista. Al punto che anche quando già lo stava facendo da parecchi anni, se Michele Santoro non avesse insistito – "Riccardo, non fare il fesso, vai a fare almeno l’esame di Stato!" – oggi non sarebbe neanche giornalista professionista.È una delle tante cose che deve a Michele Santoro e a Samarcanda, Il Rosso e il Nero, Il raggio verde, Moby Dick, Sciuscià-Edizione straordinaria, le tante trasmissioni nelle quali ha lavorato dal 1988, anno in cui è entrato a far parte della squadra della terza rete Rai diretta da Angelo Guglielmi. Da quel momento in poi è entrato nel "fiume del lavoro", una trasmissione dietro l’altra fino a diventare "autore di se stesso": da cinque anni, infatti, lavora alla ideazione e alla realizzazione di suoi programmi; prima con la serie dei "W": W gli sposi, W il mercato e W la ricerca, poi con Case!, Ospedali!, Tribunali! e Pane e Politica; e adesso con Presadiretta, l’ultimo programma a cui sta lavorando, con più di venti puntate già andate in onda.Nel 2012 pubblica con Chiarelettere Se questi sono gli uomini, inchiesta sulla strage delle donne in Italia.

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