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Margherita Sarfatti di Micol Sarfatti

È Micol Sarfatti a raccontare questa storia (edita da Giulio Perrone Editore), giornalista del Corriere della Sera, autrice di reportage per altre testate e per la televisione, docente di Social Media e Giornalismo all’Università degli Studi di Milano.

Micol Sarfatti è solo una bambina quando ascolta la conversazione tra sua madre e un’amica: uno dei volumi della loro libreria racconta la storia di una parente, una donna che porta il suo stesso cognome, Margherita Sarfatti. Moglie di Cesare Sarfatti, penalista veneziano con cui la donna condivise la vita e creò un sodalizio culturale e intellettuale importante, decise di firmarsi con il cognome del coniuge. Ecco il vincolo, lontano come parentela di sangue, ma vicino nelle intenzioni professionali e nelle idee di emancipazione e femminismo.

Margherita Sarfatti
Margherita Sarfatti Di Micol Sarfatti;

Margherita Sarfatti: giornalista, scrittrice, prima donna in Europa a scegliere la carriera della critica d’arte, fondatrice del gruppo artistico Novecento. Ma anche, l’ebrea Sarfatti amante di Mussolini. Questa circostanza non può che nascere da un’avversativa, perché di lei è stata la condanna: all’oblio.

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Margherita Sarfatti è passata alla storia non il suo impatto nel mondo dell’arte o la sua penna sagace che l’ha vista redattrice, scrittrice, saggista, Margherita Sarfatti è nota principalmente per essere stata “l’amante ebrea” di Mussolini.

Così un uomo, desiderato, ma tragicamente sbagliato, ha offuscato per decenni la sua figura e il suo pensiero. Margherita non è mai entrata nei cataloghi dell’eroine ispiratrici che negli ultimi dieci anni ci siamo ritrovati a leggere, guardare, ascoltare.

Con una narrazione scorrevole – questo libro può essere terminato nel tempo di un breve viaggio o di una serata, lasciando in testa un sacco di spunti sul ruolo femminile nella Storia, sulle relazioni di potere, sull’importanza della cultura nel nostro Paese – si snocciola cronologicamente la vicenda di Margherita Sarfatti, raccontata già in diversi saggi e libri, sul grande e piccolo schermo, ma per la prima volta messa a fuoco da una donna che ne porta lo stesso cognome, che in qualche modo ne ha sentito il peso e anche l’orgoglio.

Indubbiamente nata nel privilegio di una famiglia veneziana importante e colta, con la possibilità di frequentare personalità illustri legate al mondo della cultura e di studiare quattro lingue fin dalla tenera età, Margherita ha dalla sua la volontà ferma di assorbire ogni cosa, di vivere attraverso l’intelletto e la passione ciò che conosce e incontra, di creare attorno a sé una dimensione che allarghi il suo spettro di conoscenza.

Il salotto culturale milanese dei coniugi Sarfatti, in corso Venezia 93, nel primo ventennio del 1900 pullula di personalità come Massimo Bontempelli e Filippo Tommaso Marinetti, Ada Negri e la coppia “concorrente” Filippo Turati e Anna Kuliscioff. E proprio in quegli anni Margherita si afferma come giornalista e diviene la prima critica d’arte donna d’Europa e fonda il Gruppo Artistico Novecento.

Anche la villa rossa di Cavallasca, in provincia di Como, al confine tra Italia e Svizzera, ribattezzata dalla donna “Il Soldo” è palcoscenico di incontri culturali ma è soprattutto il luogo in cui Mussolini prenderà la decisione di compiere definitivamente la sua presa di potere. Sono gli ultimi giorni dell’ottobre del 1922:

Mussolini è ancora incerto. Chiede a Margherita di tornare al Soldo, che è vicino al confine svizzero. La fuga, in caso di fallimento, sarebbe più facile. Lei acconsente ma, una volta arrivati nella villa, non accetta alcuna vulnerabilità. Prende in prestito le parole di Marinetti, pianta gli occhi verdi in quelli di brace di lui e gli dice: «O marci o muori, ma so che marcerai». E Mussolini, lo sappiamo, marcerà.

L’incontro con Benito Mussolini avviene nel 1912, a Milano, presso la redazione dell’Avanti!. Margherita disprezza fin da subito l’esaltazione della violenza, il maschilismo e il razzismo, ma quel fascino che incantò così tanti fu la miccia per un’intensa storia d’amore e intelletto.

Lei ne influenza il carattere, sgrezza i modi e il vestire, gli apre la via della filosofia e della letteratura, gli dà le conoscenze per emergere. Attraverso lui può essere protagonista di una vita politica che escludeva le donne, non permettendo loro di impattare sulla società.

Ma con una lucida analisi l’autrice racconta che Margherita non fece in tempo a capire cosa sarebbe potuto succedere.

Qualunque sia il motivo, nulla può scagionare Margherita. Va però considerata pure la dimensione tragica della sua parabola. Quando il Duce conquista l’Italia la dimentica, come donna, come demiurga, come amante e come consigliera. E la Storia travolge lei, la sua famiglia e la sua grande opera di critica, scrittrice e pensatrice.

L’allontanamento definitivo avviene con la promulgazione delle leggi razziali: il Duce la lascia fuggire a Parigi e dalla Francia Margherita andò poi in Sud America.

Margherita Sarfatti è un’altra donna che ha contribuito alla Storia in modo pregnante e di cui si sa troppo poco, un’altra donna che si è battuta per l’emancipazione con le idee ma soprattutto con i fatti, affermando la sua cultura e riuscendo – in parte sfruttando le influenze di suo marito e del suo amante, laddove in quanto donna non poteva arrivare – a lasciare un segno di cui si dovrebbe raccontare.

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Micol Sarfatti - "nata nell’algida Lugano, cresciuta nell’amata e odiata Milano" - è giornalista del «Corriere della Sera», fa parte della redazione del magazine «7», per cui si occupa di attualità e cultura. Con i suoi reportage e servizi dall’Italia e dal mondo, ha lavorato anche per Rai 3, Mediaset, «Huffington Post», «GQ». Insegna Giornalismo e Social Media all’Università degli Studi di Milano.

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