Scelti per voi

Fame di storie di Gianni Minà

Ogni cosa, in fondo, era un pretesto per allargare lo sguardo

Ci sono tre foto, a un certo punto, in cui Minà è seduto su un divano decorato con dei motivi floreali giallo acceso. Non si vede molto, dell’arredamento: una lampada a stelo, un quadro, qualche libro e qualche ninnolo qua e là. C’è poi accanto a Minà un uomo con una felpa nera da cui spunta una maglia gialla come i fiori del divano, e a vederli, questi due, non sembrano né amici né nemici, ma solo due persone che chiacchierano. Sembra, tutto sommato, stiano parlando del meteo o dell’ultima partita della loro squadra preferita – salvo che, a ben guardare, quello seduto accanto a Minà è García Márquez.

Di foto così, in questo libro, ce ne sono parecchie. La stessa scena, un divano, arredamento comune, amici e parenti intorno, è ritratta nelle prime pagine, ma con lui c’è Maradona. Oppure, in altri scatti, c’è Massimo Troisi, spensierato e proteso a raccontare qualcosa di sé. Quelle con Fidel Castro invece sono più compassate – la reverenza dovuta alla politica e agli ideali, insomma – ma Minà sorride in ognuna, con il suo sguardo, anche con il presidente rivoluzionario, che sembra dire: sono pronto ad ascoltarla, questa storia che hai da dire.

Fame di Storie

Gianni Minà

Gianni Minà voleva fare il giornalista sportivo, era il suo sogno, ma la sua fame di storie l’ha ben presto spinto ad allargare le proprie vedute: si è interessato all’America Latina e ha coltivato, negli anni, nuove amicizie che lo hanno riempito, arricchito e che hanno, in parte, cambiato la sua vita. È stato un instancabile ricercatore di storie e di persone

Una combriccola così è proprio irripetibile e ancora adesso non so capacitarmi di come sia stato possibile riunire questi amici

È proprio così, come se anche noi lettori fossimo tra gli amici di Minà – e magari qualcuno c’è davvero, con tutti quelli che ha conosciuto –, e guardassimo insieme a lui, su un divano, le fotografie della sua vita. In questo libro, splendido, edito da Roberto Nicolucci, si corre per tutta una carriera fatta di incontri, persone, caratteri, e lo si fa attraverso le parole vive di Gianni Minà. Lui che come giornalista, inviato, direttore di riviste, anche, aveva conosciuto il mondo e chi lo abitava. E non a caso, il libro si intitola Fame di storie.

Con quel suo sorriso sempre pronto a sbocciare da sotto i baffi, gli occhi di chi cerca sempre qualcosa tra le profondità dell’animo umano, Minà non faceva il giornalista. Non solo quello, almeno. Era una di quelle persone che riusciva a farsi raccontare tutte le storie di cui aveva fame, storie che si facevano mentre i protagonisti le raccontavano, guidate, non incalzate, dalle parole di Minà, che faceva scaturire le parole senza bisogno di frugare troppo.

Io sono solo il ponte tra una situazione, una personalità e la gente, il mondo

Anche quando il suo lavoro era fare il giornalista sportivo – il suo sogno sin da bambino, sin da quando ascoltava in radio i risultati dei ciclisti e delle partite di calcio anziché giocarle –, Minà non si limitava a un evento, un personaggio, un libro. Faceva, invece, esplodere le storie di chi lo circondava in un prisma di dettagli e aneddoti sfaccettati, significativi, personali. Come successe con Muhammad Ali, suo idolo sportivo e umano.

Nella sua fattoria del Michigan, in una giornata soleggiata e tiepida: lui, imponente nonostante la fine della boxe, di fronte a questa casa di tavole bianche immersa nel verde, in perfetto stile americano. E Muhammad Ali che ha 45 anni, non così tanti, ed è un uomo che la vita l’ha trangugiata e ora è malato e ci si aspetterebbe che l’incontro con Minà serva a questo: a mettere in chiaro le cose, a ripercorrere un po’ la propria vita, i propri successi, ammettere dei fallimenti, insomma un bilancio. E invece no. Quando Gianni Minà e Muhammad Ali si incontrano, il campione della boxe dice al giornalista che è malato e poi dichiara il silenzio stampa.

Aveva solo voglia, gli dirà, di vedere un vecchio amico. E, chissà, magari di sedersi sul divano di quella grande casa a parlare dell’autunno mite del Michigan.

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autore

Gianni Minà è stato giornalista, documentarista, scrittore, e uno dei volti e delle voci più noti e amati della nostra televisione. Nato a Torino, inizia la sua carriera nel 1959 come giornalista sportivo per Tuttosport, di cui è stato direttore dal 1996 al 1998. In Rai lavora inizialmente come collaboratore dei servizi sportivi, realizzando poi reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon tutto quanto fa spettacolo, Gulliver, in particolare dall'America Latina. Lunghissimo l’elenco dei libri pubblicati, dei documentari girati, delle testate e delle trasmissioni a cui ha collaborato e che ha diretto o creato, da L’altra domenica a Blitz. Minà ha realizzato anche centinaia di interviste per la Rai e non solo. Ricordiamo quelle a Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel Garcia Marquez, Enzo Ferrari, Manuel Vázquez Montalbán. È diventata un classico la sua intervista a Fidel Castro che nel 1987, in un colloquio fiume durato 16 ore, raccontò per la prima volta a un giornalista occidentale i dettagli della sua amicizia con il Che e i sogni, realizzati e non, della rivoluzione cubana. Ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani come Repubblica, l'Unità, Corriere della Sera e Manifesto. Tra i libri ricordiamo: Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).Tra tanti riconoscimenti, ha vinto nel 2007 il premio alla carriera Kamera al Festival Internazionale di Berlino. Nel 1981 il Presidente Pertini gli aveva consegnato il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo. Si è spento a Roma dopo breve malattia nel 2023.

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente