Scrivere di una città come Parigi non è semplice. Il rischio di cadere in cliché, in racconti stereotipati o nella descrizione di luoghi magici ma turistici è sempre molto alto.
Julien Green, nel suo suggestivo memoir a tratti collimante con una romantica guida turistica, riesce a dipingere Parigi con toni inediti.
Nato nel XVII arrondissement da genitori originari del Sud degli Stati Uniti, in bilico fra due lingue e due culture, Julien Green ha fatto di Parigi la sola vera patria, oggetto di una amorosa contemplazione e di una stupefatta tenerezza. Nessuno meglio di lui poteva dunque non già raccontarci le eclatanti meraviglie di cui vanno a caccia i turisti, ma svelarci un’anima che non si lascia cogliere facilmente.
Il brusio delle strade, i vicoli a lui familiari, «l’impenetrabile volta degli ippocastani» di avenue Henri-Martin, la languida luce di inizio estate e tutti i piccoli momenti romantici della capitale francese emergono raffigurando una città che in pochi hanno avuto la fortuna di vedere.
Green, nato nel XVII arrondissement da genitori statunitensi, racconta Parigi con un amore sincero, nutrito di quotidiane abitudini preziose, di chi ha scelto di essere adottato da Parigi e di viverla con passione e tenerezza.
Nel camminare sotto la volta buia, tra colonne la cui simmetria, per un bizzarro effetto ottico, non riuscivo a cogliere, ebbi l’impressione di penetrare in un bosco incantato e di lasciarmi alle spalle la vita di tutti i giorni, perché uno dei privilegi di Parigi, una delle sue grazie più rare, concessa solo a chi sa perderci tempo, è proprio questo suo mostrarsi all’improvviso in una veste insolita, suscitando il piacere dell’imprevisto ma insieme anche una sottile inquietudine pronta, alla minima occasione, a trasformarsi in angoscia.
Parigi non è il classico resoconto di chi vede la città per la prima volta, ma è la narrazione affettuosa e incantata di un flâneur che negli anni ha potuto perdersi e vagare senza meta.
Con le sue lunghe passeggiate, ci porta in quartieri e in vie dimenticate, mutate nel tempo, prima che fossero inglobate nella vita più frenetica della città e negli itinerari più noti.
Green, però, vuole presentare la sua Parigi. Non descrive nessuno dei monumenti più antichi e rappresentativi, è lontano dalle ammirazioni turistiche e dai tesori più eclatanti:
Le mie preferenze vanno alle vecchie pietre, lo ammetto, ma morirei di noia se dovessi scrivere una pagina sull’Hôtel des Invalides perché, pur amandolo moltissimo, non saprei davvero cosa dire. Allo stesso modo, resterei muto di fronte a Notre-Dame, dissuaso forse dalla vergogna di ciò che mi sentirei dire, e nutro un’ammirazione scevra di invidia per il coraggio di quelli che vanno all’assalto di un simile mostro, mossi dalla presunzione o dal genio; personalmente preferisco tacere, e Notre-Dame rimane per me Notre-Dame, e basta.
Con la sua lingua precisa, delicata e immaginifica, Julien Green accompagna il lettore per le vie di Parigi, mostrandoci una vita romantica e nostalgica.
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