Voglio essere libera… voglio essere me stessa… Non mi piace essere etichettata… come se bastasse una sola parola a definirmi. Non sono così semplice e lineare
Kaiu Shirai (sceneggiatura) e Posuka Demizu (disegni), dopo averci regalato un capolavoro come The Promised Neverland, tornano a stupirci con un volume unico, edito in Italia da J-Pop, ispirato agli ideali e alla vita di Coco Chanel.
Tre racconti brevi ambientati nel Giappone odierno – «a causa della pandemia non siamo potuti andare in Francia come previsto», spiega Demizu nell’intervista a fine volume –, che si nutrono delle sensazioni e delle riflessioni dei due autori nel loro documentarsi sull’icona della moda. «Abbiamo pensato di spargere in ciascun capitolo frammenti dell’immagine di Gabrielle attraverso le caratteristiche dei personaggi. Questo dà anche la sensazione che i vari lati di Gabrielle Chanel si riflettano in numerosi specchi [miroirs]» (Shirai).
Il luxury brand famoso in tutto il mondo, Chanel, e la donna che lo ha creato, Gabrielle Chanel... Kaiu Shirai e Posuka Demizu raccontano tre storie ispirate alla vita e alla filosofia di questa donna straordinaria.
Il riflesso, però, riguarda ognuno di noi, perché è impossibile non ritrovare un pezzetto di sé o della propria storia in questi racconti. Il nodo centrale delle vicende dei protagonisti è sempre un incontro: da quel momento in poi la vita cambia, ognuno scopre di poter osare qualcosa che riteneva impossibile o in cui aveva smesso di credere.
Il colore accompagna queste rivelazioni, comparendo gradatamente nel corso delle tavole in bianco e nero – inserito prima in alcuni dettagli, prorompe poi sulla pagina intera –, così diventa esso stesso elemento narrativo, denso di significati diversi.
Dovrei essere libero... Il mondo ormai dovrebbe essere senza confini... Io, però, mi sento come se fossi circondato da mura invisibili e... è soffocante. Non riesco a respirare
La disillusione si trasforma in libertà, possibilità, cambiamento. E in questo percorso di riscoperta di sé, un profumo o un capo di abbigliamento si fanno strumenti del coraggio, perché sono elementi identitari, assorbono l’essenza dell’individuo e la riflettono all’esterno.
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