Nana: un anime di culto

Quando finisce un grande amore il suo ricordo è sempre accompagnato da una strana sensazione. I più onesti parlano di malinconia, di rimpianto. Ci si domanda come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente. Sarebbe andato avanti ancora? Sarebbe stata una storia felice? Oppure sarebbe finito nello stesso modo?

Sono le domande che ci si pone anche quando si conclude la visione di Nana, anime di 47 episodi tratto dal manga shōjo (2000-2009) scritto e disegnato da Ai Yazawa. E non solo perché Nana parla di tante storie d’amore diverse, ma anche perché la Yazawa non è mai riuscita a portare a termine il fumetto.

Forse per questo l’anime che ne è stato tratto è così affascinante. Per il mistero legato alla mancata conclusione del manga, per l’idea che i suoi personaggi rimarranno cristallizzati in quegli ultimi emozionanti minuti, per la paura che le due protagoniste (forse) non si rivedranno mai più. Ogni scena di Nana sprigiona la magia di una potente storia d’amore.

Nana Osaki e Nana Komatsu (soprannominata poi Hachi) si incontrano per caso durante un lungo viaggio in treno. Direzione: Tokyo. Ma la verità è che il caso non esiste. I loro destini si intrecciano irrimediabilmente in quel giorno di inverno, con un incontro di cui nessuna delle due sapeva di aver bisogno. Non condividono solo il viaggio che le porta verso la capitale nipponica, ma anche quello che, una volta arrivate a destinazione, le fa ritrovare nello stesso appartamento e gli permette di vivere insieme quotidianità, amicizie, amori.

La simbologia legata al nome “nana” (che in giapponese rimanda allo sfortunato numero sette); la travolgente colonna sonora punk rock che deve tutto ai Sex Pistols; i legami fra i protagonisti; le luci e ombre che rendono Tokyo lo specchio delle emozioni dei personaggi che la abitano. Ogni cosa trascina lo spettatore dell’anime e il lettore del manga all’interno di una città che incarna il sogno e l’ostacolo di ciascun personaggio.

Lo stile di disegno enfatizza le atmosfere calde e giovanili dei quartieri di Tokyo, con le sue feste tradizionali, i fuochi d’artificio, i concerti, le serate in compagnia. Ogni scena è velata da una dolce ironia che strizza l’occhio agli spettatori e confida nella loro sensibilità.

Per Hachi, Nana è la storia di uno scontro frontale con le proprie insicurezze, di un monito al non trasformare i desideri degli altri nei propri per il terrore di non essere amata. Per Nana Osaki è la storia di chi è stato costretto a fare dei propri amici la sua unica famiglia e si ritrova a dover lottare ogni giorno contro la paura di essere lasciato solo. Per questo, le due protagoniste femminili sono come lo Yin e lo Yang: si completano, scivolano l’una nella vita dell’altra in maniera così naturale che sembra impossibile separarle. Sono il centro gravitazionale attorno al quale ruotano tutti gli altri personaggi. Il motore principale dell’azione.

La mancata chiusura del manga non ha impedito ad Ai Yazawa di regalare al suo pubblico il ritratto di un'intensa amicizia che sembra sempre sul punto di sconfinare in amore e che, di un amore, incarna tutte le bellezze e le difficoltà. Quella raccontata in Nana è l’amicizia che tutti vorremmo aver vissuto e che, magari, qualcuno ha vissuto davvero.