In Nulla si distrugge (edito da Guanda) Marco Vichi torna con un nuovo caso per l’instancabile commissario Bordelli a cui i ritmi lenti della pensione, che si addicono forse a tanti - ma non a lui -, sembrano ricordargli che qualcosa è rimasto incompiuto: risolvere l’omicidio di un ragazzo avvenuto più di vent’anni prima.
Siamo alla fine di aprile del 1970 e il commissario Bordelli, ormai in pensione, può dedicarsi a un caso riaperto di recente, un'indagine mai risolta che lo tormenta da molti anni. Si tratta dell'assassinio del figlio di un noto fascista avvenuto nel 1947, che nel clima irrequieto del Dopoguerra era stato frettolosamente archiviato.
Chi conosce il commissionario Franco Bordelli sa bene di chi stiamo parlando.
Un ragazzo e poi un uomo arguto, impertinente quanto basta da non passare inosservato e determinato a non farsi schiacciare da quello che qualcuno ha stabilito sia la normalità.
Quand’era in servizio la sua divisa gli imponeva di seguire rigidi protocolli, in cui lui però è sempre riuscito a muoversi fluidamente per rimanere fedele alla sua personale idea di giustizia, in uno slalom continuo tra ciò che doveva fare e ciò che voleva.
Arrivata la pensione sembrava naturale che si mettesse da parte. Divisa nell’armadio, Bordelli ha vestito panni diversi per inseguire però la stessa, autentica sete di verità. Anche per gli altri, certo, ma soprattutto per sé stesso.
Non vedeva l’ora, ma gli sarebbe piaciuto partire leggero, senza troppi pensieri… Prima voleva cercare di risolvere il caso di omicidio del ’47, che da ventitré anni gli mordeva le orecchie
E così realizzare il sogno di una vita di incontrare la propria scrittrice preferita rimane sospeso. Vorrebbe prendere quel treno per Parigi, e lo potrebbe fare. Ma come l’ago di una bussola è irrimediabilmente attratto dal suo nord, anche Bordelli non può opporsi a una forza che lo muove e lo guida da dentro:
Ma per lui, per l’ex commissario Franco Bordelli, non era una questione politica… Si trattava di una faccenda personale, magari anche dettata dall’amor proprio, oltre che dalla sua innata passione che lo spingeva a cercare di sciogliere i garbugli
Un caso intricato, scomodo ai tempi, che nessuno ha avuto il coraggio di sviscerare sembrava oramai appartenere a quella parte di passato in cui sono cadute, senza che se ne abbia memoria, chissà quanti fatti, chissà quante persone.
Gregorio Guerrini era il figlio di un industriale con tendenze fasciste, probabilmente accoltellato per vendetta contro l’orientamento del padre. L’omicidio ai tempi è stato accantonato in cassetti stracolmi di casi che aspettavano pazientemente il loro turno e dedicare del tempo a un “incidente” che avrebbe scosso un Paese già sull’orlo del baratro non era conveniente.
L’ignoto aveva il suo fascino. Tra poco avrebbe cominciato a scoperchiare un sarcofago che ventitré anni prima era stato chiuso nella memoria di ragazze diventate ormai donne
Qualcuno può giudicarlo un sentimentale, un nostalgico radicale che continua a vivere nel passato a discapito del suo nuovo presente. E anche il lettore non è immune da questo gioco temporale.
Il marchio di fabbrica di Marco Vichi è proprio la continua alternanza di tempi e luoghi, dimensioni parallele che custodiscono storie che durante la lettura si incrociano, si separano e si ritrovano di nuovo.
Dal presente di un Bordelli in pensione negli anni ’70 capita di ritrovarsi nel suo passato di commissario in servizio e di arrivare poi al cuore di un caso, risucchiati in un imbuto che si stringe sempre più e non ti lascia il tempo di respirare fino all’ultima pagina.
Nulla si distrugge, tutto sembra collegato da fili sottili, invisibili, legati tra loro con doppi e tripli nodi da sciogliere.
Piangeva, piangeva, ma le sue labbra quasi sorridevano, le stava uscendo dall’anima il veleno che le era marcito dentro per tutto quel tempo, doveva essere la prima volta che raccontava quelle cose, che le riviveva camminandoci in mezzo con le parole…
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