Quando un libro – un noir per essere precisi – di Boileau e Narcejac torna a intrigare con le sue fitte trame e le sue aperture fra mentali finestre opache, il lettore non può altro che sperimentare quell’impossibilità di lasciare la pagina.
Adelphi pubblica un atteso ritorno, edito per la prima volta nel 1953, I volti dell’ombra racchiude tutti gli ingredienti tipici della scrittura dei suoi autori, con una storia che gioca sui sensi, sui contrasti netti, in una partita nera che vede il protagonista, Hermantier, come il nemico più infimo di sé stesso.
Quando l’esplosione accidentale di una bomba a mano sepolta in giardino lo rende cieco, Richard Hermantier, magnate dell’industria abituato a dettare legge e a incutere rispetto con una semplice occhiata, si trova costretto a trascorrere un mese di convalescenza nella sua villa in Vandea: un mese soltanto, ma cruciale, perché la fabbrica di lampadine che gestisce con piglio feroce si prepara al lancio di un prototipo destinato a rivoluzionare il mercato. Può davvero dare credito ai suoi sensi, ai ricordi, a quello che gli viene raccontato?
Richard Hermantier è un industriale di successo, il tipico uomo a capo di un’azienda che inanella successi, non abituato a essere guidato, ma solo a comandare, delegare con riprova: nulla può, né deve sfuggire.
Eppure, perde. Perde la vista prima di tutto. A seguito di un’esplosione, le sue palpebre si serrano definitivamente, fuse nel fuoco, un guaito di estremo bagliore che riverbera ancora e ancora nella sua testa.
Un fato ingrato e funesto se si pensa che l’ultimo progetto dell’imprenditore, proprio prima dell’incidente, era incentrato sulla luce: una produzione di lampadine. Mentre ora c’è solo l’oscurità, l’impossibilità della luce.
Adesso era davanti alla finestra e probabilmente aveva la faccia inondata di luce, magari di sole, eppure nessun chiarore attenuava l'oscurità in cui era immerso. Non era neanche una vera oscurità. Era il nulla
Perde così il controllo sulle cose. Perde la chiarezza, perde i contorni: nulla è mai stato così fuori posto, fuori fuoco. E comincia a innescarsi il sospetto. Un sospetto che coinvolge tutti, da sua moglie al suo più caro amico, dai collaboratori agli oggetti. C’è un passaggio in cui, nel forte bisogno di una rivendicazione di autonomia, Hermantier prova a scrivere una lettera, ma come si fa a scrivere non sapendo se si sta andando fuori dalle righe? Se una parola ha preso il posto di un’altra, se si è sovrascritta? Soprattutto, come può rivedere le sue riflessioni, se non può rileggerle?
Questa impossibilità della rilettura, questa negazione stessa di una revisione del pensiero, è una delle prime grandi metafore che compongono il libro. Già, perché questo romanzo non è un’indagine. O meglio, non ha la sua canonica essenza. È un viaggio oscuro nei meandri di un uomo che si ritrova un’altra vita fra le mani e negli occhi. Un uomo che diventa l’ombra di sé stesso. Se non riconosci più l’esistenza per come l’hai sempre vissuta, cosa ti resta se non il dubbio?
Così nessuno è altro se non una possibilità di frode, un incidente di percorso irrisolvibile, la prossima vittima di un’ira deleteria che vibra e prende forma nelle supposizioni mentali di un uomo che è perso. Ma chissà che tutto sia solo frutto della sua paranoia o che qualche senso cominci ad affinarsi davvero e, concretamente, lo aiuti.
I volti dell'ombra è un noir della percezione, una storia in cui ci sono più piani da seguire, eppure quello sensoriale ha la meglio, la spunta. Hermantier sperimenta, si lascia coinvolgere e si rigetta, cerca a tentoni delle direzionalità nel buio, ma che arrivino da altrove, forse da luoghi inesplorati, da minuzie mai assecondate, da quelle cose a cui non ci si affida perché basta vederle per saperle definire. La definizione però apparteneva a un’altra vita.
Insomma, Boileau e Narcejac con una dovizia stilistica di cui sono padroni, intessono un’altra storia fitta, fra gli speroni della mente, un’indagine con telecamera a spalla, un costante primo piano fra le paure e le incertezze di un uomo che si rimette al mondo, si ridà alla luce. Nascita e morte come antipodi della vita, ma in questa storia l’ordine non è così scontato.
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