Lello Voce è uno dei poeti più importanti della letteratura italiana contemporanea. La sua poetica è caratterizzata da un'attenzione scrupolosa alla parola, al suono e al ritmo, che lo porta a sperimentare e a utilizzare un linguaggio altamente evocativo e suggestivo. Dopo l’esperienza con il Gruppo ’93, movimento artistico italiano nato alla fine degli anni '80, composto da giovani poeti e scrittori che cercavano di rompere con la tradizione letteraria del passato e di creare una nuova poesia più attenta alla realtà contemporanea e del quale Voce è stato tra gli animatori più accessi sia sul piano teorico che creativo, l’autore di origine napoletana, oramai da anni trasferitosi a Treviso, a partire dalla fine degli anni ’90 è stato uno dei pionieri europei dello spoken word e della spoken music e ha introdotto in Italia il poetry slam.
È da poco nelle librerie il suo ultimo lavoro Razos, edito da La Nave di Teseo, testo assai interessante dal punto di vista strutturale in quanto composto da due sezioni, la prima contenente 17 razos, termine con il quale si fa riferimento alle brevi introduzioni che, in alcuni canzonieri provenzali, erano premesse al testo di poesie trobadoriche al fine di chiarirne il contenuto, di esporre gli eventi che avevano dato occasione alla composizione, la seconda contenente 17 madrigali.
Dopo un lungo periodo di silenzio, il ritorno sperimentale e inedito di Lello Voce alla prosa poetica. Una raccolta ispirata alla tradizione trobadorica e al situazionismo: un libro di poesie dove le poesie non ci sono più, per lasciare voce al pensiero creativo del lettore.
Così come si intuisce dal titolo, le razos sono al centro del corpo testuale dell’opera e, a differenza delle razos trobadoriche, quelle di Voce non sono seguite da testi poetici, ma si fanno strumento di riflessione sul significato della parola poetica nel tempo presente, e i 17 madrigali finali sembrano essere la bonus track di un testo sulla poesia che fino a pagina 80 è privo di poesie. “Leggere questa poesia permetterà tutto questo, ma, a causa dell’acclarata inutilità della poesia, nessun lettore se ne vorrà servire”.
Qui Voce presenta sottotraccia l’idea della vacuità dell’esperienza poetica nel mondo dell’effimero contemporaneo; lo sguardo dell’autore è rivolto alla consapevolezza che la parola poetica si sta svuotando di significato perché la ricezione della stessa è estemporanea e irrisolta. Eppure poche pagine più in là lo stesso Voce aggiunge: “Ma, quando si spegnerà la poesia, al lettore sembrerà che si spenga ed estingua il mondo”.
E la bellezza di queste razos si colloca nello scontro tra l’ “acclarata inutilità della poesia” e l’estinzione del mondo allo spegnersi della stessa. Perché, come scrive Voce: “Ma cos’altro è ogni lingua, se non residuo freddo e acuto di una vita che è già altrove, un codice, il nutrimento morto d’ogni coscienza e d’ogni poesia?”. Razos è un atto d’amore di Voce per la poesia condotto attraverso l’incrocio tra la tradizione dei trovatori e la sperimentazione di alcune post-avanguardie, nella logica secondo la quale il nesso tra poesia e vita è inscindibile e l’una non può esistere senza l’altra. Ed è giusto che ogni lettore, anche il più pigro e disattento, sia consapevole di ciò.
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