Ci sono giorni in cui a New York tutti si comportano in modo bizzarro, come se un branco di passeri avesse beccato briciole di pane infettato di segale cornuta
Ed è da quel branco di passeri, o ancora, da quella umanità pari a una massa virtualmente indistinguibile, che Tama Janowitz attinge nella stesura di Schiavi di New York.
Pubblicato per la prima volta in America, nel 1986, torna sugli scaffali il bestseller che rese Janowitz una delle personalità più rilevanti del brat pack letterario, nonché l’emblema degli anni ‘80 nella Grande Mela, con le ospitate da David Letterman e negli show di MTV, la pubblicazione regolare di racconti sul New Yorker, sino alla pubblicità americana dell’Amaretto di Saronno.
Una fauna stralunata, composta da artisti emergenti, stilisti in erba, aspiranti registi, prostitute occasionali, tutti apparentemente incapaci di trovare la realizzazione personale e la felicità, ma soprattutto costretti a ogni tipo di compromesso per il sogno che New York rappresenta per loro.
Attraverso racconti brevi, ironici, e al contempo carichi di umanità, Janowitz catapulta il lettore in quella che, nella prefazione, Veronica Raimo definisce un’era dello spirito: la New York non ancora infetta dall’epidemia di Aids, di cui pure si leggono i primi accenni, dove a strabordare è la libertà sessuale, il divertimento senza freni e l’inventiva artistica.
Tradotta da Rossella Bernascone, la scrittura di Janowitz costituiva un’innovazione nel panorama letterario di allora come in quello attuale: accattivante e mordace, delinea personaggi squinternati quanto gli appartamenti che abitano, ognuno impegnato a perseguire le proprie aspirazioni, piegandosi a compromessi che non lo privino della vita in città.
Ci si imbatte così in Eleanor, trasferitasi a New York per fabbricare gioielli in gomma lacca (“facevo cavallucci marini e orecchini di plastica, tanti piccoli James Bond”); in Marley Mantello, “artista di genio”, che progetta di raggiungere Roma per realizzare una cappella nei pressi del Vaticano, ma nel frattempo si allena dipingendo affreschi su muri e soffitti, “tecnica che avevo adottato da quando ero rimasto senza tele”; quindi in Stash, che le tele le ha eccome, e le riempie con scene bibliche animate da Taz, Daffy Duck e Gatto Silvestro; o in Fred, che ama invece fermare le ragazze lungo la strada per portarle a fare spese da Tiffany: abitudine che, essendo un musicista disoccupato e vivendo “in un alloggio all’ultimo piano senza ascensore né acqua calda, vicino al ponte di Williamsburg”, spesso gli causa guai.
Appena una manciata dei personaggi che si fondono gli uni nelle storie degli altri, tra le pagine di un romanzo la cui impresa è raccontare la quotidianità in quella giungla che era, allora, la metropoli di New York.
Pubblicato da Accento, casa editrice indipendente fondata nel 2022 da Alessandro Cattelan, e diretta da Matteo B. Bianchi, il romanzo si inserisce nella collana Accento Grave, dedicata ai recuperi e alle riscoperte, la cui assenza era, per l’appunto, una gravità che ora è stata finalmente colmata.
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