Ho incontrato Dio, è nera
Chiudi gli occhi, canta insieme ai tuoi fratelli, e lascia che lo Spirito venga a farti visita.
La senti questa musica? Ti entra in testa lentamente, fino a quando ti sembra di non aver mai ascoltato nient’altro. E poi, all’improvviso, la senti parlare, o meglio sbraitare parole strane, sconosciute.
Fortuna che c’è il reverendo Marcus, pensi, che sa interpretare quei latrati. Ti ha detto che per quelli come te, i neri d’America, esiste una terra promessa. Ti ha detto che dalle parole di Sister Deborah, attraverso cui parla lo Spirito, è chiaro che questa terra sia una sola: Madre Africa. Ti senti felice, ti senti finalmente compreso. La vita, negli anni Trenta, sulle sponde del Mississippi, di solito non è così buona con te.
Bene, ora sei pronto a donare per realizzare questo sogno?
Negli anni trenta del Novecento, un vasto movimento di conversione al cristianesimo investe l'Africa orientale. Il reverendo Marcus, pastore afroamericano giunto dagli Stati Uniti, fonda assieme a una guaritrice, Sister Deborah, una missione evangelica in territorio ruandese.
Io invece credo di poterti dire chi è colei che hai visto. La donna Nera che ti ha preso in braccio e di cui hai, come dici, succhiato il seno, è nostra Madre Africa e credo anche che ti abbia scelta e mandata da me per poter raggiungere il luogo della nostra liberazione
Così inizia la storia di Sister Deborah di Scholastique Mukasonga (Utopia Editore). Una ragazza cresciuta in un piccolo paesino del Mississippi che incontra il reverendo Marcus, un uomo di Dio che riesce a intravedere per lei una missione di vita. Sister Deborah entra in uno stato di trance durante le prediche di Marcus, e il reverendo capisce il significato delle parole senza senso che pronuncia in quelle occasioni: la terra promessa del suo popolo, la “Gerusalemme nera”, è da fondare in Africa. In Ruanda.
Il Muhima ha esclamato: “È l’umushoro quello che hai in mano! Allora era davvero destinato a te! Sei proprio tu colei che era attesa! Sei la prescelta! Sei la regina!
Ma l’Africa non rispecchia del tutto le aspettative del reverendo. Perché, nonostante la missione di evangelizzazione proceda a gonfie vele, in Sister Deborah comincia a montare la consapevolezza che il proprio ruolo non sia semplicemente quello di oracolo. Deborah percepisce la sua centralità, si abbandona senza remore al destino cui è chiamata. Comprende che non solo Dio scenderà sulla Terra passando dall’Africa, ma che sarà nero, e sarà donna.
Mille anni di felicità per le donne, dopo migliaia d’anni d’infelicità!
E così Sister Deborah inizia ad attrarre sempre più donne e a formare un cerchio di fedelissime, di donne pronte ad ascoltare la sua parola. Deborah le sprona, sa che il solo modo per accelerare la venuta di Dio è liberare il Ruanda dall’occupazione belga, e che il solo modo per riuscirci è di rendere le donne protagoniste. Gliel’ha detto lo Spirito. Gliel’ha detto Madre Africa.
Gli uomini rimanevano esterrefatti e impotenti davanti alla furia femminile
Inizia così lo sciopero delle donne, una Lisistrata in salsa novecentesca che ha come obiettivo quello di riprendere il controllo del proprio Paese. Le donne si rifiutano di lavorare nei campi, si rifiutano di andare a letto coi mariti, arrivano perfino a scacciare con la violenza gli emissari degli occupanti. Ed è qui che, come in ogni storia di colonialismo, scatta la punizione. Le forze di occupazione arrivano per sedare la rivolta nel sangue, proprio quello di Deborah.
La voce narrante di Sister Deborah si alterna con quella di Ikirezi, un tempo bambina malaticcia curata dal tocco salvifico di Deborah, e oggi importante africanista in una delle più rinomate università statunitensi. I due racconti si intrecciano perfettamente a darci la visione contrastante del mondo mistico di Deborah; una visione che tenta di fondere l’attaccamento alle radici e la moderna concezione occidentale della vita.
Ikirezi, saputo della presunta morte di Sister Deborah, che ora si fa chiamare Mama Nganga, si reca nella baraccopoli dove la donna ha vissuto negli ultimi anni. Fuggita in esilio dopo la cacciata dal Ruanda, dovrà dare risposta alla domanda cui sono chiamati a rispondere tutti coloro i quali si scoprono alla ricerca di un nuovo salvatore.
…come il frutto dell’uomo e della donna che esce dal nostro ventre di madri, Sister Deborah possa ritornare da noi viva di una vita, non so come dirvi, di una vita più viva, cercate di capirmi, di una vita che sarà per noi donne la nostra vera vita di donne
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