Perché l’amore non è qualcosa di definito. Tutti sanno che cos’è, ma nessuno conosce davvero i suoi confini. Per qualcuno è un sapore. Per altri, un profumo. Per me, l’amore era una cicatrice ricurva sulla pelle, in un punto preciso sotto il costato sinistro. Era uno squarcio bianco che non sarebbe guarito mai. La metà di un cuore non finito. E io l’avrei sempre portata addosso. Come uno stigma
Il primo capitolo di una nuova saga appassionante come i precedenti libri di Erin Doom, pseudonimo dietro il quale si cela una giovane scrittrice italiana che finalmente ha deciso di svelare il suo volto e raccontarsi, incontrando i suoi lettori. L'autrice ha infatti rivelato la sua identità domenica 14 maggio alla trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, in occasione di questo lancio tanto atteso: si chiama Matilde, ha circa trent'anni ed è laureata in Giurisprudenza.
Del resto non si sa molto, ma una cosa è certa: è una maestra nello scrivere storie indimenticabili e appassionanti, come questa.
La protagonista di questa storia non crede più nei miracoli. Troppe volte la vita l’ha masticata e risputata, illudendola che un futuro scintillante fosse in serbo per lei. Da sola e senza mezzi, Mireya decide di trasferirsi a Philadelphia in cerca di fortuna. Con sé ha soltanto una vecchia valigia, intorno l’inverno gelido di una città sconosciuta
Fuoco e ghiaccio, caldo e freddo, questo romanzo gioca sul contrasto: il gelo della solitudine, di una nuova città nel pieno dell’inverno, degli occhi glaciali di un ragazzo pericoloso si oppongono e si mischiano col caldo del sangue, della passione travolgente, degli sguardi infuocati che Mireya e Andras si scambiano tra il locale Milagro’s di Philadelphia, dove lavorano, e la soglia di casa del palazzo in cui vivono.
Mireya è una ragazza sola, con sé ha soltanto tanta rabbia, cicatrici e uno scudo difficile da aggirare, che non le permette mai di abbassare la guardia. Il rapporto con Andras è fin da subito complicato, lui è l’incarnazione di tutto ciò che Mireya trova sbagliato, dannoso, corrosivo, un personaggio che sembra racchiudere l’inferno dentro di sé, dietro uno sguardo azzurro sfacciato e spesso indecifrabile. L’altra faccia del disprezzo, tuttavia, un’attrazione quasi fatale che si appiglia con forza al cuore e ai muscoli della protagonista, ci mette in guardia: forse non tutto è come sembra, i due protagonisti si somigliano molto più di quanto Mireya voglia ammettere, entrambi esseri feriti, costretti a crescere più in fretta di quanto è giusto, che riflettono l’uno nell’altra i propri difetti e il proprio dolore. Si incontreranno a metà strada, in un mondo solo a loro accessibile, dove poco a poco il passato travagliato di entrambi verrà alla luce.
Stigma non è però solo una storia d’amore. Matilde, in arte Erin Doom, ha costruito un romanzo che si incentra soprattutto sul difficile rapporto genitoriale e sull’evoluzione interiore dei protagonisti, che continueremo a seguire nel prossimo volume di quella che si annuncia essere una saga di successo. Il punto di forza della scrittrice, ancora vincente in questo libro, è la narrazione dal ritmo incalzante, che toglie il respiro e tiene incollato alla pagina. Siamo catapultati nella mente e nel corpo di Mireya, nelle vibrazioni della sua pelle e negli sbalzi dei suoi occhi, nei cambi del suo stato d’animo e nella sua ostinazione a odiare Andras, con una profusione di accostamenti e sinestesie che sono la vera ricchezza di Stigma.
Il desiderio di una famiglia, un amore impossibile, una sola certezza: non puoi mentire al Fabbricante di lacrime. Tra le mura del Grave, l'orfanotrofio in cui Nica è cresciuta, si raccontano da sempre storie e leggende a lume di candela. La più famosa è quella del fabbricante di lacrime, un misterioso artigiano dagli occhi chiari come il vetro, colpevole di aver forgiato tutte le paure e le angosce che abitano il cuore degli uomini.
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