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Temevo dicessi l'amore di Mattia Grigolo

«Sai cos’è veramente immortale?»
«Cosa?»
«La morte.»
«Temevo dicessi l’amore.»

Lo dice Ofelia a Chiara, che temeva dicesse l’amore, nel racconto che apre il libro e che vede le due amiche come protagoniste. Eppure, Chiara sta parlando proprio di quello, lei che è innamorata della sua amica, anche se non lo dice mai davvero a parole.

Nei quattordici racconti che compongono questo libro sono racchiuse cinque storie, che vengono spezzate, guardate ad anni di distanza e in contesti differenti, ma che hanno tutte in comune una ragazza, una donna, una bambina che ha il nome di Ofelia, che a volte è la voce narrante, a volte l’amante, a volte la fidanzata oppure la sorella, ma che in qualunque caso ha sempre a che fare con gli altri personaggi. Da un racconto all’altro ci sono una serie di rimandi, di segnali che ritornano o appaiono, che il lettore cerca di collegare e a cui vuole dare un senso.

«Temevo dicessi l’amore» dice Chiara a Ofelia, perché di amore si parla, sempre: che sia perdita, tradimento, indecisione, confusione, fine di una relazione, amicizia o fratellanza.

Temevo dicessi l’amore
Temevo dicessi l’amore Di Mattia Grigolo;

Cinque storie racchiuse in quattordici racconti; ciascuna ha tra i suoi protagonisti una ragazza di nome Ofelia e la segue in momenti diversi della sua esistenza, dall’infanzia alla piena giovinezza, scegliendo voci e prospettive differenti e creando corrispondenze sotterranee con il regno animale.

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Un amore che spesso non si comprende, non si riesce ad afferrare o capire, che viene accennato e mostrato attraverso piccoli gesti o poche frasi. Mattia Grigolo in Temevo dicessi l'amore (Terrarossa) lo esplora con delicatezza, mostrando come non si riesca davvero mai a spiegarne i meccanismi e le ragioni, che rimangono nell’ombra, nel grande spazio del non detto che diventa la cifra fondamentale e più caratteristica di questo libro.

Ogni racconto è un pezzo di un puzzle più grande, di una storia che, anche alla fine, riesce comunque a risultare inafferrabile, come se stessimo guardando solo metà di un disegno e come se non riuscissimo mai, davvero, a contemplare la figura intera e potessimo soltanto provare a indovinare il quadro completo.

Gli animali sono simboli presenti in ogni storia: cani, fenicotteri, gatti, pappagalli, cavalli, volpi, coyote, che si ripetono o cambiano, e diventano alter ego dei protagonisti, del momento della vita in cui si trovano, delle persone che hanno perso.

Sì, perché, come dice l’Ofelia dell’ultimo racconto:

Sorridiamo delle cose che non riusciamo a lasciare andare, perché, in fondo, sono i fantasmi a tenerci attaccati alla vita e a determinare cosa saremo

E questo è un libro che si regge sui “fantasmi”, sulle presenze mai esplicite e spiegate, ma svelate per poco tempo, appena con uno sguardo veloce, che è lieve e mai invasivo e con un linguaggio pulito ed essenziale.

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