I fratelli Russo – Anthony e Joe – che pure erano partiti con due commedie non memorabili come Welcome to Collinwood e Tu, io e Dupree, si sono poi fatti un nome solidissimo con il cinema derivante dallo sfruttamento dei personaggi tratti dai fumetti Marvel (un quartetto equamente suddiviso tra Captain America e The Avengers, campioni di incassi stratosferici) e, dopo l’inatteso Cherry – Innocenza perduta, sono tornati all’azione dura e pura. Per farlo, hanno preso spunto da un romanzo di Mark Greaney.
Per il ruolo del protagonista è stato scelto Ryan Gosling, che non si capisce mai se imposti volutamente una mono-espressione per film o gli venga richiesta o senta di non avere alternative o pensi sia la sua vera cifra recitativa. Sta di fatto che però, in questo action-movie fondamentalmente fracassone ma altresì assai divertente, sta al gioco e regge bene l’urto di oltre due ore di – a conti fatti – ginnastica.
Court Gentry è un ex agente segreto, conosciuto nell'ambiente dello spionaggio internazionale anche come "l'Uomo Grigio". Oggi però esistono sistemi molto più efficaci di Gentry, e persino un agente speciale come lui è diventato inutile. Ecco perché è giunto il momento della resa dei conti. Riuscirà a scampare alla vendetta e a dimostrare che non esiste una zona grigia tra uccidere per vivere e uccidere per restare in vita?
Accanto a lui abbiamo Ana de Armas, già al suo fianco nell’ottimo Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve, dove peraltro era di una bellezza sconquassante, un Chris Evans cattivo ai confini con la stupidità, Billy Bob Thornton in un cameo dei suoi e soprattutto Wagner “Narcos” Moura, l’attore brasiliano diventato celeberrimo per aver impersonato Pablo Escobar nell’omonima serie.
Se devo trovare un motivo per cui rivedere il film, non ho dubbi: l’estenuante inseguimento praghese, che è probabilmente il più lungo, elaborato e scenografico che si possa attualmente ammirare. Più precisamente lo è, vero, ma insieme ai primi undici minuti – letteralmente impossibili, eppure realizzati – di Athena del figlio di Costa-Gavras, ovvero Romain Gavras. La differenza tra i due? The Gray Man incentra lo show sul montaggio (non a caso opera del nostro doppio premio Oscar Pietro Scalia, in coabitazione con Jeff Groth) e le riprese che vanno “incontro” ai soggetti ripresi, mentre “Athena” è un unico iniziale e clamoroso piano-sequenza che passa dalla camera a spalla al drone con una fluidità spaventosa.
Dettaglio non banale: tutti e due targati Netflix. Qualcosa vorrà pur dire?
La storia (che ha alcune incongruenze, peraltro) in sé è risaputa e non aggiunge spunti davvero rilevanti; pertanto, si tratta solo di allineare un paio di cose: centrare protagonisti credibili e soprattutto condurre le riprese in maniera travolgente. Se vogliamo pensare dunque a un film destinato a rimanere nella memoria, la risposta è no (tolta la parte di Praga che è un gioiello che leva il fiato), se vogliamo chiederci se valga la pena sceglierlo per una serata di spasso, col cervello appoggiato sul comodino, la risposta è di certo sì.
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