Mi chiamo Virginie, ho la loro stessa età. Oggi, di tutti e tre, Adrien è l’unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall’infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre.
Tre è un romanzo che ha una colonna sonora. L’adolescenza dei tre protagonisti, come il titolo del libro e dell’album degli Indochine, viene accompagnata dalla musica che ascoltano, i loro gusti, i testi delle canzoni. Questo sottofondo favorisce l’immersione negli anni ’80 e ’90 in una Francia che va dalla provincia fino a Lione e a Parigi (con un breve viaggio in Italia), in un movimento che porta i personaggi dal paese alla città e poi di nuovo al paese. E la musica non è qui un semplice elemento accessorio, ma importante filo conduttore, perché evidenzia le tematiche centrali del romanzo.
L’idea di Valérie Perrin è raccontare una generazione e allo stesso tempo un’età di promesse e desideri.
Come evolve un’amicizia quando le vite progressivamente si allontanano? Cosa resta dei sogni?
Il romanzo è strutturato su due piani temporali. Il piano dell’adolescenza, che ripercorre la vita dei protagonisti dagli anni ’80, e il 2017, anno in cui il ritrovamento di una macchina affondata nel lago di La Comelle viene indagato dalla giornalista Virginie, la cui identità è parte del mistero del libro.
Nina, Adrien ed Étienne hanno dieci anni quando, in quinta elementare, si ritrovano in classe insieme e diventano inseparabili. Una muraglia indivisibile, una formazione che a scuola prevede posizioni sempre identiche. Passano insieme interminabili pomeriggi. Si sono scelti. Nina ha un’indole artistica, usa il bagno dei maschi per fare presto e pensa all’amore fin da piccola: è lei il collante tra i due maschi. Étienne è bello e svogliato, figlio di mezzo non voluto dai genitori. Adrien è timido ma molto intelligente, con una madre hippie e un padre assente. Seguiamo la loro crescita, i problemi a scuola, i primi amori, le perdite.
Trentun anni dopo non si parlano più: la trama si costruisce sull’enigma del loro allontanamento.
Tre è il romanzo dei senza amore, dei figli abbandonati o non considerati e dei loro vuoti. Il tentativo di colmarli attraverso un’amicizia totalizzante – "si lavano i denti uno accanto all’altro, non chiudono la porta del gabinetto, se ne fregano totalmente di farsi vedere appena svegli, si curano a vicenda brufoli e graffietti" – si risolve nella condivisione della vita. I pochi punti di riferimento genitoriali valgono per ognuno dei tre adolescenti. Sono le famiglie non convenzionali, condivise, di chi si sceglie.
Nel tentativo di scoprire chi sia Virginie e come abbia conosciuto i tre amici, la lettura scorre veloce e i misteri si susseguono. Perrin fa la sintesi di un’epoca attraverso una storia di provincia e dentro quella storia c’è tutto – la famiglia, la sessualità, il mistero, la violenza. Un romanzo onnicomprensivo, in cui si scandagliano le relazioni e i sentimenti con un cinismo che ricorda quello della Ferrante (edita anche lei da Edizioni e/o): le meschinità e l’affetto, l’ambivalenza dei sentimenti. Un’eco della Ernaux nei cataloghi di oggetti, canzoni e marchi, che in questo caso evocano emozioni di un tempo passato.
L’infanzia odora d’asfalto, di camere d’aria, di zucchero filato, del disinfettante delle aule, del fuoco di caminetto che emana dalle case nei giorni freddi, del cloro delle piscine comunali, del sudore che impregna le tute quando si torna dalla palestra in fila per due, dei chewing-gum Malabar in bocca, della colla che fa i fili sulle dita, delle caramelle mou Carambar appiccicate ai denti, di un albero di Natale piantato nel cuore.
Con grande attenzione per i dialoghi e le scene, Perrin dimostra di aver saputo trarre insegnamento dal suo mestiere di sceneggiatrice. Non mi stupirei se Tre diventasse un film. Di certo, Nina, Étienne e Adrien sembrano muoversi sulla pagina, con le loro insicurezze e i loro desideri, accompagnati dalla colonna sonora della loro adolescenza.
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