Il senso profondo dell’essere nato in un luogo connotato come le Langhe l’hanno raccontato molti scrittori, con un tratto narrativo disuguale ma con una matrice comune sempre riconoscibile.
Beppe Fenoglio, Cesare Pavese e Davide Lajolo sono gli esponenti più celebri di questa realtà, che vede la Langa come geografia territoriale e mappa interiore, al centro delle esperienze personali dell’intera esistenza dall’infanzia ai primi innamoramenti, dalla guerra alla Resistenza, dall’allontanamento al continuo ritorno.
Alzando lo sguardo verso le montagne in direzione di Cuneo ritroviamo questi tratti in Lalla Romano, Giorgio Bocca, Nuto Revelli. Riconoscendo in tutti loro la durezza contadina, il rigore, l’intransigenza verso gli altri ma soprattutto verso sé stessi, l’etica marcata.
"Era per Johnny un incanto sempreverde quello di un uomo andante solitario per le deserte colline, nei punti sommi la testa e le spalle erette nello sweeping cielo. E osservando il passo di Ettore, si rese definitivamente conto di come le colline li avessero tutti, lui compreso, influenzati e condizionati tutti, alla lunga, come se vi fossero tutti nati e cresciuti e destinati a morirvi senza conoscere evasione od esilio. Essi tutti camminavano ormai come i contadini nativi, con quel passo cui lo stesso carattere di durata fisica finiva col sottrarre ogni e qualsiasi ritmo apparente"
Nato ad Alba il 1 marzo 1922, scrittore di Langa, che nella Langa ha trascorso tutta la sua vita, trovandovi continui spunti di ispirazione, Fenoglio non è mai stato un narratore a tempo pieno. Nel 1945 trova un impiego in un'industria vinicola albese divenendone poi dirigente. Ma ogni ora di libertà Beppe la dedica alla sua passione di raccontare, collaborando a La Fiera letteraria, II caffè, Itinerari ed altre riviste.
Tappa fondamentale della sua esistenza è indubbiamente la militanza nella resistenza partigiana: l’8 settembre '43 lo trova alla Scuola allievi ufficiali di Roma ma lo spirito ribelle, insofferente e indipendente dei piemontesi di Langa e la volontà di giustizia e libertà lo porta a raggiungere la sua terra e poi le formazioni partigiane, con cui combatte fino alla Liberazione. Centrale nella sua maturazione rimane l’ottima conoscenza della lingua inglese. Nei suoi testi il vocabolario inglese crea contaminazioni e neologismi dando profondità e originalità alla narrazione. Un tratto distintivo unico.
Nel 1952 pubblica il suo primo libro nei Gettoni di Einaudi - I ventitré giorni della città di Alba -, racconti di vita partigiana. Due anni dopo, sempre per Einaudi, esce un altro suo lavoro La malora, che descrive la dura vita dei contadini delle Langhe. Nel 1958 un racconto dai titolo Un giorno di fuoco riscuote grande successo (e sarà il titolo di una raccolta pubblicata postuma nel 1963). Nella primavera del 1960 Fenoglio raggiunge il suo primo vero traguardo, ottenendo il Premio Prato con l'opera Primavera di bellezza. Un altro suo scritto dal titolo Il mio amore è Paco riceve il Premio Alpi Apuane nel 1962. Alla sua morte nel 1963, Fenoglio, instancabile, sta lavorando ad una trilogia e ad un soggetto cinematografico.
Temi e fortuna delle opere
Nel ricordo di tutti c’è quella narrazione epica della Resistenza che troviamo nelle pagine de Il partigiano Johnny (che prosegue il racconto iniziato con Primavera di bellezza), certamente la sua opera più celebre - pubblicata postuma da Einaudi nel 1968 -, romanzo di formazione dei ragazzi che come lui hanno fatto una netta e straordinaria scelta di campo. Fenoglio rimane partigiano tutta la vita, perché quell’esperienza lo segna nel profondo ed è decisiva per lui e gli altri compagni della sua generazione.
La Resistenza è quindi necessariamente e inevitabilmente il punto di partenza, ma nelle sue opere si affacciano anche altri temi come il trauma della violenza vista e subita, la miseria contadina, la provincia degli anni '50, il pallone elastico, le carte con gli amici in piola, il jazz e la grande passione per gli autori inglesi…
"Il vero erede di Pavese", così la critica commenta le opere di Fenoglio sin dalla fine degli anni Cinquanta. Chissà se nel suo profondo Beppe gradisce davvero questo giudizio (certamente lusinghiero, ovvio) o, rendendolo in qualche modo un autore meno originale, si sente offuscato dal paragone?
Piemontesi entrambi, legati ai medesimi luoghi, alle medesime esperienze e con qualche passione in comune, scomparsi entrambi troppo presto.
Nel ricordo della sorella - Marisa Fenoglio Faussone dirigente della Ferrero di Alba vissuta a lungo a Francoforte e testimone attiva della sua esistenza – il ritratto di un uomo solitario e schivo, dedito alla scrittura più che a ogni altra passione, scrittore nel tempo libero ma sempre concentrato sulla pagina più che sulla vita reale:
"Arrivava a casa alla sera visibilmente gravido di pensieri da affidare alla carta, passava veloce e distratto accanto a mia madre e a me che, sedute sul tavolo di cucina, proprio sotto la lampada, eravamo intente a qualche lavoro di cucito. Si ritirava subito in quella camera e attaccava a lavorare. E noi dall'alto percepivamo quei tre segni inconfondibili della sua presenza in casa: il fumo delle sigarette, i colpi di tosse e il battere dei tasti della macchina da scrivere"
Qual è l’immagine che oggi abbiamo di Fenoglio? Un ricordo scolastico, temi che non sembrano più così attuali e quindi diventano meno comprensibili specie per i più giovani e talora accostati a una sensazione del tutto superficiale di insofferenza, una immagine nascosta dall’ombra dominante di Pavese (ancora lui), il racconto di una borghesia di provincia e una terra contadina quasi del tutto trasformata negli anni.
Eppure, Fenoglio ha ancora molto da dire. Ancora ci sembra di vedere Johnny (in realtà Beppe stesso) camminare nelle nebbie mattutine, con il sole ma soprattutto nel freddo invernale, tra gli alti e bassi delle colline e dell’esistenza. Quella testimonianza che ci ha lasciato deve essere letta come tale, testimonianza di vita, ricordo di gesti e momenti passati, forse non più riproducibili ma con un valore storico e morale fondamentale.
"Sprofondò nell’incorporeo, immenso abbraccio della solitudine: guardò la strada, breve e lunga, che conduceva alla Langa, e muovendo si accese l’ultima sigaretta, senza proteggerla dai fiocchi densi e morbidi come ebbri. Lo speciale Natale della Langa era davanti a lui, nei suoi occhi, in tutta la sua appalling e fascinante nudità, ed egli vi marciò incontro con un fermo passo."
Per un tour nelle splendide colline langarole, lungo vita e opere dell’autore:
Giorgio Scianna e Andrea Scanzi raccontano "Una questione privata" di Beppe Fenoglio, libro imprescindibile sulla Resistenza, connubio perfetto tra l’inchiesta privata del partigiano Milton e l’esperienza assoluta della guerra
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