Sapore di sala

Effetto notte: il cinema dentro il cinema di François Truffaut

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Cinquant’anni fa veniva presentato fuori concorso al Festival di Cannes Effetto notte.
Esempio perfetto di meta-cinema e tra i film più amati di François Truffaut (premiato anche con l’Oscar), che nel ruolo di sé stesso (anche se il suo personaggio si chiama Ferrand) è immerso tra le vicende personali del cast e della troupe, e dirige il film-nel-film
Vi presento Pamela, in cui Jacqueline Bisset, sposata con Jean-Pierre Léaud, si innamora del suocero con tragiche conseguenze. 

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Il regista Ferrand sta realizzando il film "Vi presento Pamela" presso gli studi "La Victorine" di Nizza. Esso narra come la protagonista, giovane inglese appena sposata a un ragazzo altrettanto giovane, giunta sulla Costa Azzurra si innamora del suocero che, dopo la sua fuga con lei, verrà ucciso dal figlio tradito.

Il significato del titolo è noto e indica la tecnica cinematografica che veniva usata per far sembrare notturne le scene girate in pieno giorno, applicando un filtro colorato davanti all’obiettivo della macchina da presa; tecnica impiegata specialmente nei western, e infatti in francese è chiamata La nuit américaine (“la notte americana”), titolo originale del film.
Chiara è la metafora sul potere del cinema di intervenire sulla realtà ed elevarla.
Perché, si sa (la citazione è altrettanto nota):

I film sono più armoniosi della vita, non ci sono intoppi nei film, né rallentamenti. I film vanno avanti come i treni nella notte

Effetto notte

Rivedere oggi Effetto notte, mentre si continua a parlare con sempre maggiore insistenza della “morte del cinema”, ha una funzione catartica.
Il cinema non può morire, perché muore e rinasce continuamente.
Come il personaggio di Alexandre, l’attore che interpreta il suocero di Pamela. Morto nei film ventiquattro volte e mai di morte naturale, («del resto, non trovo che la morte sia naturale»). Anche nella vita morirà in un incidente stradale, ma il cinema vince sulla morte perché può cancellarla, cambiare il finale.
Alexandre rinasce nel film per morire di nuovo (in mezzo a una neve finta, con uno sparo alla controfigura di un morto vero) e poi rinascere ancora. E sopravvivere nel cinema, per sempre.

Se rivelava il processo creativo e interiore alla base del film, fermandosi appena prima dell’inizio delle riprese, Truffaut (che aveva amato il capolavoro di Fellini) voleva raccoglierne idealmente il testimone passando alla pratica del cinema.
Nella consapevolezza che un regista all’inizio delle riprese spera di fare un film bello, poi si augura almeno di riuscire a finirlo.

Non c’è spazio per la dimensione onirica, anche i sogni di Ferrand sono resi espliciti, mostrando il regista da bambino mentre ruba foto di scena di Quarto potere. Orson Welles è uno dei tanti maestri omaggiati da Truffaut nel film, a partire proprio da Fellini, a cui si riferisce l’incantevole Valentina Cortese (nei panni dell’attrice al tramonto Séverine) quando propone di recitare pronunciando numeri a caso per poi ricorrere al doppiaggio.
Nella sfilza di libri sul cinema che Ferrand si fa recapitare, compaiono i nomi di Bunuel, Bresson, Dreyer, Lubitsch, Hawks, Bergman, Godard (che avrebbe poi disprezzato il film), a cui si aggiungono molte altre citazioni cinefile.

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Effetto notte è un film di grandi battute e dialoghi brillanti.
L’attore protagonista Alphonse (Jean-Pierre Léaud) chiede più volte se le donne siano magiche. E in effetti Truffaut, che come pochi nel cinema ha saputo esplorare l’universo femminile, affida a loro i destini del film. Mentre Alphonse si comporta come un bambino e vuole lasciare il set dopo essere stato mollato dalla compagna, è un’altra donna (la splendida Jacqueline Bisset) che lo convince a restare per terminare il film.

Lontano dal genio visionario di Fellini, in Effetto notte Truffaut si preoccupa di smitizzare il cinema.
Un film è solo un film ed è fatto di piccole cose, come un gatto che non sa recitare o un’attrice che non riesce ad aprire una porta.
Con leggerezza Truffaut arriva in profondità e così trova la più bella dichiarazione d’amore al cinema, perché rivolta anche alla vita stessa.

E quando le riprese finiscono e tutti si salutano, non resta che un senso di meravigliosa nostalgia. Assieme alla sublime musica di Georges Delerue, risuonano nel cuore le parole di Valentina Cortese:

È strana la vita. Ci si incontra, si lavora insieme, ci si ama e poi… Non abbiamo il tempo di afferrare qualcosa che… non è più là

Valentina Cortese

Ci vediamo al prossimo film.

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