E lucevan le stelle... e olezzava la terra... - stridea l'uscio dell'orto... - e un passo sfiorava la rena…
È il 14 Gennaio 1900, e al teatro Costanzi di Roma, il tenore Emilio De Marchi dà voce, per la prima volta davanti a un pubblico, all’aria più celebre di Giacomo Puccini.
Dramma in cinque atti di Victorien Sardou, la Tosca era giunta per la prima volta in Italia nel 1889, al Teatro Filodrammatici di Milano, dove un giovane Puccini vi aveva assistito estasiato. Si dice che il compositore rimase subito folgorato da l’evidenza delle situazioni, la varietà delle passioni in gioco nel dramma e la veemenza degli avvenimenti. O almeno, questa fu la testimonianza di Arnaldo Fraccaroli.
Perché, guardando oggi alla vita e alle opere di Giacomo Puccini con uno sguardo critico e consapevole, non possiamo non considerare come discrimine principale delle sue folgorazioni - che nella sua storia furono moltissime e potenti - la sua assoluta dedizione a tre dei: caccia, musica e amore. Fu lui stesso a definirsi un potente cacciatore di uccelli selvatici, libretti d'opera e belle donne.
Nato a Lucca il 22 dicembre 1858 in una famiglia di musicisti, Giacomo riceve i primi insegnamenti di musica prima dal padre, e poi da uno zio, fin quando non riesce ad accedere, dopo il ginnasio, all’istituto musicale dove il padre era stato insegnante.
È in questi anni che Giacomo Puccini, per la prima volta nella sua vita, rimane folgorato: nel 1876 assiste, al teatro Nuovo di Pisa, all’allestimento di Aida, di Giuseppe Verdi, di cui in futuro verrà considerato l’erede, e, prepotente, scoppia il suo amore per l’opera.
Così nel 1880 Giacomo si trasferisce a Milano, destinazione privilegiata per i musicisti alla ricerca di fortuna, e frequenta il conservatorio. Conduce una vita da vero e proprio bohémien, frequentando assiduamente i teatri ed entrando in contatto con i più significativi esponenti della vita culturale cittadina, conoscendo le donne e innamorandosene follemente, facendone le proprie muse.
Dopo tre anni di studi con Antonio Bazzini e Amilcare Ponchielli, Giacomo si diploma come compositore per poi esordire con la sua prima opera lirica: Le Villi. Grazie al patrocinio dell’editore Giulio Ricordi, Le Villi viene messa in scena e riscuote un discreto successo, tanto che Giacomo può stipulare un contratto con lo stesso editore, dando origine a una collaborazione che durerà per sempre.
Nel 1886 Giacomo conosce colei che sarà l’amore della sua vita: Elvira Bonturi, una donna sposata con cui resterà per sempre, prima in clandestinità, poi alla luce del sole e infine da separati in casa. Ma le donne sono il punto debole di Giacomo Puccini: pur rimanendo legato a Elvira per tutta la vita, nonostante le crisi violente e il suo carattere drammatico e possessivo, la tradisce ben presto e innumerevoli volte, cercando donne di ben diverso temperamento. Ma lei rimane l’unica figura femminile capace di dargli ispirazione, al punto che, secondo Giampaolo Rugarli, tutte le protagoniste delle opere si riassumono e si rispecchiano sempre e solo nella moglie.
È proprio questa idea del femminile, questa immagine della donna innamorata che, a contatto con una realtà che le è nemica, passa attraverso una ricca gamma di stati d'animo - gelosia, abbandono sensuale, dolore, risentimento, crudeltà - fino a giungere al vaneggiamento e alla morte, a diventare il cuore dell’opera Pucciniana, nell’ispirazione e nella narrazione.
Ed è sempre questa idea che ci permette di trovare un’altra chiave di lettura in quella che fu la scelta di Tosca: Sarah Bernhardt, la prima interprete di Tosca nella rappresentazione di Sardou.
Un recensore dello spettacolo milanese infatti scrisse:
"Sarah Bernhardt aveva fatto di quel personaggio, abbozzato, sua preda; aveva soggiogato l'idea fredda per darle vita senza restarne vinta, conservando tutta la sua personalità di artista cosciente, dominatrice, sicura, arbitra di una tavolozza stupenda, capace di regolare col cenno della sua intelligenza la verità umana e straziante di quelle passioni”
Con delle chiare sembianze di donna, l’idea di Tosca entra nella testa del compositore e vi rimane fino al 1895, quando finalmente riesce a ottenere l’incarico di musicarla.
Grazie alla collaborazione con i librettisti Illica e Giacosa, Puccini riesce a far trasformare la vicenda in una sola impalcatura, necessaria per poi affondare lo sguardo nei più riposti segreti del cuore di una donna innamorata, e nella malinconia e nella disperazione di un uomo che sogna l'amore nel momento della morte.
La Tosca di Puccini infatti parla di questo: dell’amore tra una donna e un’artista, e di una Roma politica che vi si mette in mezzo portando tutti alla morte. È una storia senza Storia, smantellata dell’originale dimensione di dramma storico. È una vicenda di potere e lussuria, contro la creatività e la libertà dell’arte. È arte, che alla fine non vince mai.
Entrava ella, fragrante, mi cadea fra le braccia...
Oh! dolci baci, o languide carezze, mentr'io fremente le belle forme disciogliea dai veli!
Svanì per sempre il sogno mio d’amore…
Giacomo Puccini muore il 29 novembre 1924 a Bruxelles per un’emorragia interna in seguito a un’operazione alla gola. Nei mesi precedenti l’operazione aveva lavorato a Turandot, una nuova opera di cui riuscì a scrivere solo i primi due atti. Si racconta che continuò a lasciare segni sugli spartiti anche in letto di morte, che dentro alla clinica passasse le giornate correndo contro il tempo nella speranza di concluderla.
Ma non ci riuscì: le ultime due scene di Turandot, di cui non rimaneva che un abbozzo musicale discontinuo, furono completate da Franco Alfano sotto la supervisione di Arturo Toscanini.
In onore del maestro che non riuscì mai a vedere la sua ultima opera, la sera della prima rappresentazione lo stesso Toscanini interruppe l'esecuzione sull'ultima nota della partitura pucciniana, ossia dopo il corteo funebre che segue la morte di Liù, una donna devota all'amato e all'amore che prova per lui, ma tormentata dal senso di colpa e disposta al sacrificio, come l’ultima amante di Puccini, Rose Ader, come Tosca, come, inevitabilmente, Elvira.
Giacomo Puccini muore tenendo tra le mani quello che più di tutto ha amato: la sua musica, le sue donne.
L'ora è fuggita…
e muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!
Libri e musica per approfondire
Di
| Solferino, 2019Di
| Edizioni ETS, 2021Di
| Il Saggiatore, 2014Di
| Felici, 2008Di
| Marsilio, 1999Di
| Einaudi, 2017Di
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