Sotto le copertine

L'Utopia di Gerardo Masuccio

Intervista a Gerardo Masuccio, autore di Fin qui visse un uomo e editore della casa editrice Utopia

L'editore Gerardo Masuccio

Maremosso: La casa editrice Utopia nasce formalmente nel gennaio del 2020. Ma mentre la squadra sta scaldando i motori per pubblicare i primi titoli nell’autunno di quell’anno, a scombinare i piani arriva la pandemia. Come avete reagito?

Gerardo Masuccio: Utopia è nata prima della pandemia, di conseguenza non possiamo dire di essere stati coraggiosi ad avviare il progetto nel 2020... Coraggiosi lo siamo stati, sì, ma per un altro motivo: per avere creduto nella letteratura al punto di fondare una casa editrice rivolta a lettori raffinati, esigenti – quindi non numerosissimi.

Eppure, con un team di persone tutte nate negli anni ’90 e provenienti da esperienze lavorative con grandi editori o gruppi editoriali, fin da subito abbiamo ricevuto molta attenzione da parte dei giornali e dei social networks. Quindi anche se abbiamo sbagliato a ritenere che il 2020 fosse l’anno giusto in cui partire – non potevamo certo immaginare che saremmo stati chiusi in casa per mesi – l’ intuizione imprenditoriale era corretta, l’accoglienza dei lettori è stata fin da subito molto calorosa. Abbiamo avuto un grandissimo sostegno da parte di librerie, social networks e carta stampata, prima ancora di pubblicare i primi titoli, e questo non era affatto scontato.

La prima tiratura di Utopia

MM: Utopia si affaccia all’universo editoriale cominciando a comunicare attraverso i social networks.  In un mondo affollato come quello della rete, pensare di “bucare lo schermo” prima ancora di avere un prodotto fisico da mostrare era una bella scommessa.

GM: Sì, il lancio è partito nella primavera di quell’anno, in pieno lockdown. Uno dei nostri principi teorici riguarda proprio il dialogo con i lettori, che abbiamo voluto instaurare da subito. E ha funzionato: prima dell’estate ci seguivano già migliaia di lettrici e lettori a cui abbiamo raccontato chi fossero i componenti della squadra, quali principi orientano le nostre scelte, chi siano e come lavorino i nostri traduttori.

Per sei mesi circa abbiamo condiviso quello che stava accadendo dietro le quinte mentre ci preparavamo alla pubblicazione prevista per l’autunno. I social networks sono un mezzo importantissimo, più della carta stampata, anche se facciamo ancora fatica a riconoscerlo.

MM: Adesso sono passati poco più di due anni dall’uscita di Gente nel tempo di Massimo Bontempelli, il vostro primo titolo. Te la senti di fare un piccolo bilancio?

GM: Con l’uscita del libro di Hasan Blasim, Il Cristo Iracheno, siamo arrivati a 23 libri.
Da quando abbiamo iniziato, i lettori non hanno fatto che aumentare, molti hanno cominciato a collezionare i nostri volumi.

Una cosa che mi fa molto piacere è la percezione che il pubblico ha di Utopia: come se fosse costituita da tanti capitoli di un’unica grande storia, che abbraccia distanze importanti sia in termini di spazio che di tempo. Il catalogo è l’espressione di una scelta omogenea, anche perché sono l’unico editor quindi i libri corrispondono tutti alla mia idea di letteratura, ed è al centro del costante dialogo fra editore e lettore.

Utopia non è un’astrazione, altro aspetto importantissimo. Spesso chi acquista un volume in libreria non sa nulla di chi ha scelto di pubblicarlo e perché; io invece firmo tutte le nostre alette perché credo sia importante sapere chi sia la persona dietro alla pubblicazione di un testo.

MM: Non stupisce che molti lettori abbiano iniziato a collezionare i vostri titoli: la veste grafica è elegantissima nel suo rigore, insieme classica e innovativa. Il formato –  si legge in un vostro post – è modellato sulla sezione aurea, il font di copertina è il Futura disegnato da Paul Renner nel 1926. “Entrambi gli elementi grafici”, si legge ancora, “sono manifestazione di una tensione alla perfezione che sappiamo ideale irraggiungibile (…), come la parola si avvicinano alla verità umana ma non la rivelano mai alla perfezione.” Una traduzione anche visiva, quindi, del concetto di utopia.

GM: Per me l’aspetto fisico, la bellezza di questo parallelepipedo di carta è un elemento assolutamente fondamentale. La grafica di copertina è stata progettata dal nostro Giovanni Cavalleri che ha lavorato con grandissima cura alla linea e alle proporzioni. Abbiamo usato una carta – sia per la copertina che per gli interni – che non ha mai usato nessuno prima di noi sul mercato italiano. La lettura deve essere un piacere non solo per l’elemento letterario, ma anche per la forma. In verità, da giurista, io so che la forma coincide con la sostanza.

MM: L’articolazione del catalogo nelle collane Letteraria Europea e Letteraria Straniera si discosta dalla tradizionale suddivisione Italiani/Stranieri. È un gesto di rottura, sembra quasi un’affermazione politica oltre che letteraria.

GM: In ultima istanza la letteratura è sempre un atto politico, nel senso più nobile del termine. La nostra scelta è determinata da ragioni storiche, anagrafiche. Tutti noi della casa editrice siamo nati negli anni di Maastricht e siamo cresciuti da europei, oltre che da italiani. E poi a mio parere esiste un canone occidentale, che coincide con la letteratura europea.

Penso per esempio che due autori come Camilo José Cela e Massimo Bontempelli, spagnolo uno e italiano l’altro, siano molto più vicini di Gabriel García Márquez e lo stesso Cela, uniti dalla lingua spagnola ma appartenenti a culture molto diverse.

Credo che si possa parlare di una unica tradizione europea con parametri che ne accomunano le letterature, per lo meno da trecento anni a questa parte.

MM: A questo proposito, mentre altri editori tendono a specializzarsi in una specifica area linguistica, nella Letteraria Straniera confluiscono opere provenienti da una grande varietà di universi linguistici e culturali. Come fate per monitorare orizzonti così ampi?

GM: L’altro giorno, per gioco, mi sono messo a contare i miei interlocutori nel mondo. Fra scout con varie competenze linguistiche, mediatori culturali, traduttori, colleghi editor ed editori stranieri, sono più di trecento. Sono persone che vivono in grandi città straniere e che costituiscono un osservatorio importante su bacini distanti.

Come ripeto spesso, oggi più che mai l’essenza riposa ai margini e, per trovare qualcosa di veramente rivoluzionario, la ricerca va fatta lungo rotte linguistiche diverse da quelle tradizionali, che non sono più sufficienti. Avendo lavorato a lungo per Bompiani, ti faccio questo esempio: poco meno di cent’anni fa, con la pubblicazione di Americana, Bompiani e Vittorini fecero capire ai lettori italiani che la letteratura di lingua inglese non era soltanto quella del Regno Unito. È stato un momento rivoluzionario, ma da allora non è più capitato, i nostri riferimenti sembrano rimasti gli stessi.

Noi abbiamo pubblicato Punacci, storia di una capra nera di Perumal Murugan, primo autore di lingua tamil pubblicato in Italia. Il tamil è una lingua parlata da novanta milioni di persone e finora non era stato ancora tradotto nulla in italiano! Il suo è un romanzo sorprendente che ha riscosso un successo incredibile. Racconta il mondo attraverso gli occhi di una capra e trasmette un messaggio femminista: quale autore europeo avrebbe potuto concepirlo? Eppure è stato finalista al National Book Award, e anche da noi ha subito attirato l’attenzione.

Il team di Utopia

MM: Hai espresso sovente la tua ammirazione per Roberto Calasso e per il suo L'impronta dell’editore. Come Adelphi, Utopia mira a costruire un catalogo di libri “vivi”, cioè sempre disponibili sul mercato. Non è un obiettivo scontato, in un contesto in cui la vita media di un libro è di pochi mesi… come intendete raggiungerlo?

GM: Un elemento fondamentale è la politica dell’autore, molto forte in mercati come quello francese o tedesco. Utopia non pubblicherà mai un autore una tantum, ma sempre l’opera intera, come sta già accadendo, per avviare un percorso di scoperta o riscoperta.

Questa filosofia ha un impatto in libreria. Prendiamo Massimo Bontempelli, per esempio: abbiamo appena pubblicato il suo nuovo libro Vita e morte di Adria e dei suoi figli e contemporaneamente va in terza ristampa Gente nel tempo: ogni nuova uscita tiene vivi i titoli precedenti.

Tutto parte da un accordo molto forte con gli editori stranieri, con gli eredi degli scrittori o comunque chi ne possiede i diritti, che conoscono le nostre intenzioni. Chiediamo loro da subito una prelazione non formale ma sostanziale sulle uscite successive. È una collaborazione che non si basa sul numero di copie vendute nell’anno – elemento determinante per la maggior parte degli editori – ma sul lungo periodo. I libri migliori hanno bisogno di tempo per emergere. Molti capolavori della letteratura sono rimasti sconosciuti per trenta o quarant’anni o addirittura sono stati scoperti postumi.

La buona letteratura non ha data di scadenza. Continuando a proporre un autore attraverso tutti i suoi libri, uno dopo l’altro, si può arrivare a costruire, forse non i cosiddetti bestseller, ma dei longseller sì. Gli autori, con cui io ho uno strettissimo rapporto personale, sanno che noi lavoriamo per valorizzare la loro opera in termini non economici ma artistici. Un altro aspetto essenziale è il lavoro delle librerie, sia indipendenti che di catena, che hanno riconosciuto il valore del marchio e la sua grande riconoscibilità in termini di contenuti e di layout, e hanno già dimostrato di voler contribuire ad assicurare una lunga vita ai nostri titoli: finora abbiamo avuto pochissime rese, e molte librerie hanno coinvolto i lettori in percorsi di lettura all’interno del catalogo Utopia.

MM: Recentemente avete avviato un’operazione per valorizzare la narrativa di Ottiero Ottieri, uno dei maggiori esponenti della letteratura italiana del secondo Novecento, che torna in libreria grazie a voi. Com’è andata?

GM: Io sono un lettore di lungo corso di Ottiero Ottieri –  rammaricato, da trentenne, del fatto che come tanti giganti della nostra letteratura non fosse più possibile trovarlo in libreria. Muovendo i primi passi per chiedere i diritti di pubblicazione, temevo fosse una richiesta troppo ambiziosa, invece con gli eredi c’è stata da subito una bellissima intesa.

La pubblicazione di Contessa – la storia di una donna che sprofonda in un baratro di infelicità in cui chi legge trova inevitabilmente un’assonanza con la propria esperienza – è solo il primo passo nella riproposta di tutta l’opera. Il prossimo titolo, e ne sono felicissimo, sarà Donnarumma all’assalto, che uscirà l’anno prossimo e che è uno dei capolavori della letteratura italiana del secondo Novecento. Spero davvero che Ottieri sia riscoperto dai lettori che finora lo trovavano solo nelle biblioteche, ma anche che venga scoperto da un pubblico più giovane: in fondo, il 60% dei nostri lettori ha meno di trent’anni.

MM: Una domanda di rito di questa rubrica è: “Cosa sognavi di fare da ragazzo?”, ma nel tuo caso forse è superfluo chiederlo. Hai dichiarato di esserti iscritto in Bocconi con lo scopo preciso di costruirti un futuro da editore.

GM: Sì, la mia è una “religione della letteratura”, e l’editoria rappresenta la ritualità con cui viene celebrata. Intorno ai quindici anni ho iniziato a pormi una domanda profondamente esistenziale, chiedendomi cosa resta di un uomo oltre il breve secolo umano, e quindi cosa sarebbe rimasto di me. Ho capito di voler dedicare la vita a qualcosa che mi sopravvivesse, come l’arte, di cui la letteratura è un’espressione.

Gli studi economico-giuridici a cui accennavi tendevano a questo: costruire con le mie mani, così caduche, qualcosa che restasse, che mi desse l’illusione, se non la certezza, che la vita non è del tutto transitoria o sprecata. Lo dico sempre a tutti in casa editrice: noi non dobbiamo pensare che un libro esaurisca le sue potenzialità in una stagione o in un anno. Dobbiamo sempre pensare che fra duecento anni un lettore prenderà in mano un nostro libro, e allora sì che sarà una condanna se troverà un refuso!

MM: Parlavi di religione della letteratura. Ricordi il momento che ti ha portato alla conversione?

GM: Ero in prima media e leggevo soprattutto poesia, ero innamorato in particolare di Ungaretti, anche senza capirne fino in fondo la poetica. Chiesi alla mia professoressa di italiano di consigliarmi qualche autore in prosa che mi potesse trasmettere lo stesso tipo di sentimento. Lei mi consigliò Niente di nuovo sul fronte occidentale di Ramarque.

A undici anni mi sembrava sciocca la commozione che suscitava: ai miei occhi i protagonisti diciannovenni erano quasi anziani, uomini che avevano già vissuto la loro vita, non mi sconvolgeva l’idea che dovessero andare a morire. Solo molto dopo ho capito il dolore, il dramma di quel romanzo, che ha rappresentato il mio passaggio verso la letteratura. Non si trattava in quel caso di letteratura politica nel senso di cronaca, bensì di politica dell’animo, di sentimenti infiniti, che non invecchiano, restano gli stessi qualunque guerra si combatta e qualunque pace si viva.

MM: Ci sono altri libri o autori che vorresti consigliare ai lettori di Maremosso?

GM: Consiglio assolutamente László Krasznahorkai, a partire da Satantango, pubblicato da Bompiani come tutti i suoi libri in Italia. Per me è uno dei più grandi scrittori contemporanei.

L’altro autore che invito tutti a scoprire è Gerald Murnane, straordinario scrittore australiano pubblicato da Safarà. Tra le altre cose, l’opera di Murnane ha elementi in comune con quella di Ayhan Geçcin, scrittore turco di cui pubblicheremo Lungo cammino in febbraio. Quindi consiglio Murnane anche come lettura propedeutica, in preparazione a una delle prossime titoli di Utopia!

MM: Fra le prossime uscite ci sarà anche, in gennaio, Libro Bianco di Piero Scanziani, terzo libro dello scrittore svizzero dopo Avventura dell’uomo ed Entronauti.

GM: Piero Scanziani è un’altra lettura fondamentale. Fu candidato al Premio Nobel negli anni ’80 dai francesi, sostenuto da grandissimi intellettuali come Emile Cioran e Mircea Eliade. Il Libro Bianco è un romanzo sui generis, come tutti i libri di Scanziani del resto, che inizia come un giallo per poi arrivare a una riflessione sulla fisiologica imperfezione dell’essere umano.

MM: Avete qualche altro progetto in mente? State ad esempio pensando di inaugurare altre collane?

GM: Se osserviamo la produzione letteraria più alta e più interessante oggi, vediamo che in realtà il concetto stesso di genere è superato. I più grandi scrittori contemporanei sono autori ibridi. Sono allo stesso tempo poeti, critici, saggisti, narratori, e noi abbiamo deciso di non effettuare una divisione basata sui generi. Proseguiremo con le nostre due collane Letteraria Europea e Letteraria Straniera.  

Potrebbero interessarti anche

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente