Anniversari e ricorrenze

Jacques Prévert, poeta d’amore  

Illustrazione di Cristian Bozzi, 2022, studente del Liceo Artistico A. Volta di Pavia

Illustrazione di Cristian Bozzi, 2022, studente del Liceo Artistico A. Volta di Pavia

Quarantacinque anni fa, l’11 aprile del 1977, si spegneva dopo una lunga malattia il poeta e sceneggiatore Jacques Prévert, che seppur sia maggiormente noto per i suoi componimenti di argomento romantico – capaci ancora oggi di far battere il cuore a generazioni e generazioni di innamorati – è passato alla storia della letteratura anche per liriche dai temi sociali e copioni di film indimenticabili.

Le origini sono alquanto modeste: Jacques Prévert nasce nel 1900 da una famiglia piccolo borghese originaria di Neuilly-sur-Seine, cittadina poco distante da Parigi, e grazie al lavoro del padre, impiegato all’Office Central de Pauvres, ha la fortuna di passare l’infanzia tra la capitale francese e la più accogliente Bretagna. I genitori lo crescono nel rispetto di valori come l’empatia, l’altruismo e la consapevolezza del proprio privilegio, tanto che il piccolo Jacques si ritrova ad accompagnare spesso il padre nelle sue visite alle famiglie dei quartieri più poveri e degradati di Parigi e inizia a sviluppare una profonda indignazione verso le diseguaglianze e le ingiustizie sociali.

Tematica che emergerà anche in parte della sua produzione poetica, al centro della quale Prévert deciderà sempre di mettere l’uomo della strada, non il potente, il passante incrociato in una squallida pensione, non l’aristocratico. Emblematico da questo punto di vista l’aforisma che storicamente si attribuisce al poeta, che fedele alla propria vena caustica sembra aver affermato che “l’unica differenza tra un intellettuale e un operaio è che l'operaio si lava le mani prima di pisciare e l'intellettuale dopo”.

La forte sensibilità della famiglia alle tematiche sociali non deve far pensare però che Jacques Prévert sia stato cresciuto tra privazioni e rigidità, al contrario: pur costretto a fronteggiare ingenti difficoltà economiche, il padre sfrutta le proprie conoscenze per regalargli serate al cinema e a teatro.

Poesie d'amore e libertà. Testo francese a fronte

Un'antologia di poesie tratte dalle raccolte più famose di Jacques Prévert sui temi dell'amore e della libertà, tanto politica quanto esistenziale. Una raccolta che unisce, seguendo un percorso privilegiato, le occasioni e i luoghi più cari al grande poeta francese: i ricordi autobiografici, le descrizioni della natura, l'affetto per gli amici e soprattutto i ritratti della Parigi amata, una città sempre viva e vibrante con le sue strade, i suoi ritrovi, i suoi volti e i suoi colori.

Il futuro poeta inizia quindi a mostrare fin da bambino una grande passione per le arti, ma al contempo si rivela sempre più insofferente alle castranti regole scolastiche. A quindici anni, una volta ottenuto il diploma di terza media, sceglie di abbandonare gli studi. Si mantiene per un po’ con dei lavoretti saltuari, poi nel 1920 inizia il servizio militare. Il suo reggimento è di stanza a Luneville, poi viene trasferito a Istanbul. L’esperienza non fa che accentuare le idee antimilitariste di Prévert, eppure i mesi trascorsi all’estero si rivelano determinanti per il suo destino, perché è qui che incontra l’editore e traduttore Marcel Duhamel, che lo introduce all’ambiente surrealista.

È una vera e propria epifania per il futuro poeta: tornato a Parigi, nel 1922, si trasferisce con altri amici artisti al numero 54 Rue del Château, a Montparnasse, e apre il proprio salotto a personalità emergenti del mondo della cultura e dell’arte, rendendo la propria casa non soltanto un crocevia di ispirazioni e suggestioni diverse, ma anche una fucina di idee nuove, soprattutto legate alla corrente del Surrealismo.

Sono gli anni in cui Prévert decide di impegnarsi politicamente, raccogliendo il testimone lasciatogli dai genitori e partecipando in maniera attiva a manifestazioni in difesa dei diritti dei lavoratori, ma soprattutto sono gli anni in cui matura l’idea di diventare un poeta. I primi componimenti risalgono al 1930, quando pubblica sulle riviste De famille e soprattutto Commerce, per la quale Giuseppe Ungaretti sta lavorando come redattore.

Della corrente surrealista, Prévert recupera l’immediatezza dell’espressione: l’ispirazione è spesso legata alla vita quotidiana e ha un forte valore il portato simbolico di ogni elemento della poesia, atto a significare qualcos’altro con la stessa biunivoca facilità con cui nei sogni ogni dettaglio può essere ricondotto a un’interpretazione. A un lettore disattento i componimenti di Prévert possono apparire elementari, forse perfino banali, eppure la ricerca di un linguaggio comune e diretto è una precisa scelta poetica.

Il distacco dal movimento Surrealista è lento, ma inevitabile: nel 1929 Jacques Prévert firma un articolo provocatorio, “Mort d’un monsieur”, in cui accusa il capo del movimento di un eccessivo autoritarismo.
È la cesura definitiva. Prévert si allontana anche dal partito comunista, la cui adesione era però stata solo ideale e mai formale. I valori della solidarietà sociale infatti restano per il poeta centrali, tanto da spingerlo nel 1932 a prestare la propria collaborazione a una compagnia della Federazione Teatro Operaio, interessata a mettere in scena opere impegnate. Per l’occasione scrive l’inno Marche ou crève (“Marcia o muori”) e La Bataille de Fontenoy (“La battaglia di Fontenoy”), che verrà rappresentata a Mosca l’anno successivo in occasione delle Olimpiadi.

Dal palcoscenico teatrale all’esperienza cinematografica il passo è breve, e negli anni Trenta Prévert si avvicina alla settima arte come soggettista e scenografo, arrivando perfino a passare un anno nella Mecca del cinema, ad Hollywood.

Negli anni Quaranta, Prévert torna al suo primo amore – il teatro – collaborando con nientemeno che Pablo Picasso alla messa in scena di un balletto. Intanto escono due raccolte di poesie: dapprima Histoires, in seguito (nel 1946) la sua opera più famosa, Paroles, con la quale si fa conoscere anche nel nostro paese. Ne fanno parte componimenti quali “La pioggia e il bel tempo”, “Alberi” e “Le foglie morte“, poesie nel quale emerge chiaramente l’intento programmatico di improntare il proprio stile sull’accostamento di immagini apparentemente avulse l’una dall’altra. L’effetto dapprima stranisce il lettore, per svelare poi una profonda saggezza nata da un’osservazione acuta del mondo circostante.

Oh, vorrei tanto che anche tu ricordassi
i giorni felici del nostro amore
Com'era più bella la vita
E com'era più bruciante il sole
Le foglie morte cadono a mucchi…
Vedi: non ho dimenticato
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi, e i rimpianti
e il vento del nord porta via tutto
nella più fredda notte che dimentica

La trasposizione musicale

Les Feuilles Mortes messi in musica

Non tutti sanno che la poesia Les Feuilles Mortes è stata più volte messa in musica, diventando celebre nelle interpretazioni che ne diedero artisti del calibro di Edith Piaf, Joan Baez e Nat King Cole.

Il tema romantico, preponderante nella sua produzione poetica, rispecchia la nuova stagione di vita del poeta, che si è da poco sposato e sta vedendo crescere la propria primogenita, Michelle. Nel frattempo, non cessa di lavorare nel mondo del cinema e del teatro, trovando anche il tempo di dedicarsi a testi per la televisione.

Gli anni Quaranta si chiudono però con un tragico incidente: nel 1948, Jacques Prévert cade da una finestra e resta in coma per diverse settimane. Dichiaratamente ateo, nel periodo della convalescenza non può nemmeno contare sul conforto della fede, dal momento che per tutto il corso della sua vita resta fortemente convinto del potere distruttivo della religione, che vede come una cieca superstizione che trae la propria forza dall’individuazione di un nemico comune. A questo proposito, è significativo ricordare le parole con cui il poeta chiosa sul tema religioso: “Padre nostro che sei nei cieli, restaci! E noi resteremo sulla terra, che a volte è così bella.”

Una volta ripresosi dall’incidente, Prévert si trasferisce con la moglie e la figlia a Saint-Paul-de-Vence, dove si dedica a nuovi soggetti e nuovi componimenti poetici. Resterà lì fino al 1951, anno di pubblicazione della raccolta Spectacles, che racchiude forse la poesia più nota di tutta la sua carriera – complice nel nostro paese il recente utilizzo in uno spot pubblicitario di romantici cioccolatini.

I ragazzi che si amano si baciano in piedi,
Contro le porte della notte,
E i passanti che passano li segnano a dito,
Ma i ragazzi che si amano,
Non ci sono per nessuno,
Ed è la loro ombra soltanto,
Che trema nella notte,
Stimolando la rabbia dei passanti,
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia,
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno,
Essi sono altrove molto più lontano della notte,
Molto più in alto del giorno,
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore

Nelle poesie di Prévert, l’amore è un sentimento totalizzante e salvifico, unica salvezza in un mondo spesso ingiusto. Spesso è legato all’immagine dell’uccello, che ne incarna bene la natura libera e spontanea, impossibile da costringere entro gabbie o confini.

A metà degli anni Cinquanta Jacques Prévert torna a Parigi e continua a dedicarsi alla produzione poetica, pur avvicinandosi anche a nuove forme espressive, come quella del collage. Nel 1957 terrà la propria prima mostra, alla galleria Maeght, e nove anni dopo pubblicherà una raccolta delle proprie opere di collage dal titolo Fatras.

Colpito da un male incurabile, il poeta passa gli ultimi anni lontano dalla scena pubblica e circondato solo dei propri affetti. Si spegne l’11 aprile del 1977 nella propria dimora, a Omonville-la-Petite. E sebbene da lettori si possa fare solo un bilancio del retaggio artistico che questo poeta ha lasciato dietro di sé, si può ipotizzare che la vita di Jacques Prévert, un po’ come le sue poesie, sia stata caratterizzata da un sentimento di grato appagamento per tutti i piccoli momenti di gioia che ci sono concessi in dono e che lo avevano portato ad affermare che, in linea di massima, “bisognerebbe tentare di essere felici, non foss'altro che per dare l'esempio.”

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