Siamo di nuovo bambini, sogniamo i sogni dell’infanzia. Che colore hanno oggi? Li ha scoloriti l’età, la vita? E la nostra fiaba preferita: cavalca ancora il cavaliere indomito, delle cui imprese leggevamo a letto? Oggi sappiamo che al mondo non esistono eroi; che cosa resta allora di quelle avventure? Forse la vita le spazza via tutte. O forse invece gli enigmi lasciati irrisolti dal giorno vengono ritessuti dalla notte.
Premiata con il Nobel per la letteratura nel 2020, Louise Glück (nata nel 1943) è autrice che convoca e sfida l’interpretazione del lettore, tanto la sua arte è enigmatica e risolta, chiusa in se stessa.
Nel libro Notte fedele e virtuosa (uscito in edizione originale nel 2014: Faithful and Virtuous Night) si trova, con alcune altre prose poetiche, quella intitolata Teoria della memoria.
Essa sottopone alla nostra attenzione, fin dal titolo che è un complemento essenziale del testo, una «teoria», cioè un’idea, una concezione.
Per farlo, però, racconta un minimo apologo: cala dunque l’astratto nel concreto, attraverso un episodio personale, ma in qualche modo esemplare. Una chiromante legge la mano dell’ “io” poetico. La mano dovrebbe rivelare, alla lettura, soprattutto il tracciato del futuro, la sorte ancora sconosciuta. Ma, con un gesto e un’intuizione che sta al centro di questo testo, con un rovesciamento dunque, il futuro è confuso con il passato, la preveggenza con la memoria. Così ogni calcolo è revocato in dubbio, reso fluttuante e incerto. Quelle grandi cose che sono incise nel palmo della mano appartengono allo ieri o al domani? E, dunque, questi due orizzonti, questi domini, sono comunicanti, incrociati, permeabili l’uno all’altro?
È forte la tentazione di accostare questo breve testo, con la sua carica interrogativa, con la sua meraviglia per il tempo avuto in dono, al discorso di sant’Agostino sulla temporalità, nel libro undicesimo delle Confessioni (da cui cito, nella traduzione di Carlo Vitali): «Risulta dunque chiaro che futuro e passato non esistono, e che impropriamente si dice: “Tre sono i tempi: il passato, il presente e il futuro”. Più esatto, sarebbe dire: “Tre sono i tempi: il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro”. Queste ultime tre forme esistono nell’anima, né vedo possibilità altrove […]». E più avanti: «Di qui mi parve che il tempo non sia altro se non estensione: di che cosa, poi, non lo so, se non forse proprio dell’animo».
Che la poetessa americana, con il curioso apologo sulla chiromante, stia ritessendo il discorso di Agostino sulla temporalità, sul suo segreto, sul mare dei tempi che convergono misteriosamente in noi e nel nostro animo? Quanto alla memoria, Agostino ne parla diffusamente nel libro decimo delle Confessioni: la sua estensione miracolosa, come quella del tempo, confina con il significato del creato, si spiega in Dio. Ma questo la poetessa non lo dice. Suggerisce però domande, ipotesi, sogni.
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