Anniversari e ricorrenze

Molière: sì, il teatro sono io

illustrazione di Alice Lazzaro, studentessa del Liceo Volta di Pavia, 2022

illustrazione di Alice Lazzaro, studentessa del Liceo Volta di Pavia, 2022

Il più profondo e meraviglioso Molière è lo psicologico, che non fa ridere, ma fremere, infondendo nell'anima una tetraggine amara

Luigi Tonelli per La Stampa 1922, nel terzo centenario della nascita

«Il più profondo e meraviglioso Molière è lo psicologico, che non fa ridere, ma fremere, infondendo nell'anima una tetraggine amara.» – Luigi Tonelli per La Stampa 1922, nel terzo centenario della nascita

Chi sono vi chiederete? Sono Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, nato a Parigi l’anno di grazia 1622, ben 400 anni orsono.
Sono attore e sono commediografo insuperabile e insuperato, le théâtre c'est moi.
Drammaturghi di fama e di non comune levatura, come i fratelli Corneille, non furono immuni da acerrime invidie e gelosie nei miei confronti. E infatti nessun comico al mondo è comparabile a me sotto molti risguardi: non Aristofane, non Plauto, non Goldoni. E ben pochi possono stare al mio raffronto per creatività, «quella onde un personaggio cessa d'essere un nome, e acquista la vita».

Curiosità

La poltrona di Molière

A Parigi, nel foyer de La Comédie-Française di Palais Royal protetta da una teca in vetro, è esposta la poltrona più importante della Storia del Teatro. Costruita nel 1638, a rotelle con lo schienale ribaltabile porta ancora i supporti ai quali durante la recita della commedia veniva fissata la tavoletta posta innanzi al Malato immaginario. La notte in cui morì, il 17 febbraio 1673, Molière aveva appena terminato di interpretare su quella poltrona l’ipocondriaco Argante. Salvatasi fortunosamente da un incendio, prima di diventare uno statico pezzo da museo, per circa 200 anni servì alle innumerevoli successive rappresentazioni del suo capolavoro.

Il mio volto è quello di un triste pagliaccio, come mi si descrisse, di sognatore malinconico; il mio supposto strapotere di autor comico non è fatto per la comicità pura: Molière qui n'est pas rieur.
Il mio volto lo potete conoscere: è quello ritratto da Mignard, nel quale appaio con le palpebre pesanti, il naso un po' largo e schiacciato, e sulla bocca forte un sorriso trattenuto dalla stanchezza dell’attesa in posa.

Perennemente assorbito da quella totale finzione scenica, io uomo con le mie febbri, e il corpo debole, e il cuore ingannato, e gli ideali contraddetti, e l'amore deluso e umiliato, vivo nell'ombra dei protagonisti che ho generato e che mi oscurano con il loro temperamento: Tartufo, Don Giovanni, il Misantropo.

Tartufo è il mio antagonista, Don Giovanni è la mia indole sempre sull'orlo degli abissi umani, Alceste è il geloso che in me emerge, vibrante autoritratto.
Chi non riconosce in loro la satira contro l’ipocrisia, l’antitesi fra uomo sociale e naturale, la forza della critica distruttrice? Tutto ciò non è meramente rivoluzionario? Tutto ciò non precorre la Rivoluzione francese? Forse sto andando troppo oltre…
Vi ho fatto divertire? Eppure sono convinto di aver espresso il volto anche tragico della commedia, un’angoscia sotterranea che mi diverto a celare o far emergere portando i miei personaggi agli estremi della personalità. Il tragico quotidiano è il segreto delle mie commedie, a detta di tutti «così dense, così buffe, così dolenti…».

 

Molière drammaturgo

Nell’opera di Molière la critica ha spesso distinto tre filoni: le farse, d'origine ed ispirazione italo-francesi, dove si leggono tracce della commedia dell'arte italiana e della farce médioevale francese (Sganarelle, Le médecin malgré lui, George Dandin, Le malade imaginaire); le commedie satiriche di costume, che oltre a far ridere additano i difetti e le degenerazioni della morale contemporanea (Les Précieuses ridicules, L'école des maris, L'école des femmes, Les femmes savantes, ecc.); le commedie che non ritraggono debolezze e difetti legati all’epoca e a quella società, ma eterni ed universali (L'imposteur ou le Tartuffe, Dom Juan ou Le Festin de pierre, Le Misanthrope ou l'Atrabilaire amoureux, L'Avare ou l'École du mensonge). In realtà si tratta di una distinzione più apparente che reale: la farsa, la satira, la tipicità e l’universalità s'incontrano e si fondono in ogni lavoro molieriano.

I miei personaggi? Tutti prosa, calcolo, interesse, civetteria, compromesso. Ho ritratto senza alcuna pietà chi ho incontrato sul mio cammino: falsi devoti che sulla religiosità apparente innestano lussuria e dissimulazione, potenti e cortigiani, borghesi ben pasciuti che spregiano ogni ragione, ogni giustizia, e donne… le donne le amo, difficilmente ne potrei vedere solo gli sguardi più meschini, seppur presenti. Sono stato fervidamente impegnato nella difesa dei deboli e particolarmente della donna, di fronte alle violenze e prevaricazioni dei forti.

Come recitavo? Hanno criticato i ruoli tragici, che per un certo tempo mi ero intestardito a interpretare; ma nulla possono dire sulle eccellenti caratterizzazioni comiche per le quali mi imposi rapidamente come le premier farceur de France. Il teatro è mutato ed è probabile che oggi la mia recitazione piacerebbe per le stesse ragioni — «la mancanza di enfasi e di virtuosismi declamatori» — per cui dispiaceva ai miei contemporanei (ero troppo innovant e dunque vigorosamente incompreso). Ma non è da escludere che le sottolineature farsesche, le smorfie, gli ammiccamenti al pubblico di cui infarcivo le mie interpretazioni comiche farebbero sottovalutare o fraintendere il significato di certe pièce oggi. Me ne devo fare una ragione e accontentarmi del passato successo.

Cesare Garboli fratello di Molière

«Ognuno ha i suoi classici. O, forse, ciascuno ha un “suo” classico: un compagno di veglia, un segreto e inseparabile interlocutore. Non è un maestro, ma un alleato. Sulle sue immagini, e magari sulle sue deformità, misuriamo quasi senza saperlo, quasi senza volerlo, la nostra personale lettura del mondo. Un classico al quale dedichiamo, frequentandolo, forse minore cura, minore studio che ad altri, tanto sono solidali e fraterni i rapporti che abbiamo stabilito con lui. Ebbene, questo classico personale, privato, famigliare, simile alla vecchia e affumicata specchiera dell’ingresso di casa che ci restituisce ingranditi i nostri piccoli pensieri, più vaste le nostre modeste emozioni, è nel mio caso Molière. E sono così abituato ad amare Molière, che, se ci penso, ho perfino cessato di meravigliarmi del suo talento.» - Tartufo, Adelphi 2014

D’altro canto cosa volete da un attore e un capocomico come me, che «scriveva commedie adatte ai mezzi suoi e a quelli dei suoi compagni e che misurava di persona sul palcoscenico l'efficacia di un gesto, di un'entrata, di una battuta»?

Tutto il mio teatro — dalle farse delle prime stagioni in provincia alle grandi invenzioni comiche fino ai drammi — è costruito da un lato dalla qualità e dalle esigenze del mio mestiere ma dall'altro dalla sensibilità, dai gusti, dalle pretese del mio pubblico che voi non conoscete né immaginate.
Per chi scrivevo e recitavo? Dovete saperlo, era un pubblico indisciplinato, capriccioso di nobili che si pavoneggiavano nelle «sedie impagliate» piazzate direttamente sul palcoscenico. Erano le famiglie della ricca borghesia che si affollavano nei vari ordini di palchi. Erano artigiani, letterati e militari che occupavano la platea in piedi, sbracciando e vociando. Ogni volta centinaia di persone di umore imponderabile da coinvolgere e divertire senza rinunciare a dire cose che potevano infastidire o far pensare.
L’ho fatto pronunciare a Dorante, il mio portaparola nella Critica della Scuola delle mogli, cosa significava tutto ciò: «Non è impresa facile far ridere le persone per bene».

1 disco, 2 film, 13 puntate e 1 brindisi

Nel 1965 esce anche in Italia Il «Tartuffe», un disco di Michel Bouquet per L'Encyclopèdie Sonore. Quella dei dischi letterari stava diventando una passione. Accanto alle voci dei poeti, le case discografiche mettevano in lavorazione intere collezioni di classici. Nel 1967 su Stampa Sera venne pubblicata una storia romanzata che riscosse grande successo intitolata Gli amori di Molière, proposta in 13 puntate accompagnate da disegni in stile “fotoromanzo”. Tra gli anni ’70 e ’80 Molière diventa di moda in campo cinematografico: mentre in Italia usciva Il malato immaginario interpretato da Alberto Sordi, in Francia usciva Molière di Ariane Mnouchkine e si girava L’Avaro con Louis De Funès. Brindisi con Molière. 14 dicembre 1984 Sandro Pertini brinda con Gino Bramieri al Teatro Sistina alle fortune della sua ultima interpretazione teatrale Pardon monsieur Molière, commedia musicale di Terzoli e Vaime tratta dai testi del drammaturgo.

Nell'etica seicentesca infatti, à l'honnéte homme nulla appariva più disdicevole del riso: non proprio un «patologico riflesso simile al vomito e al tremito» come l'avrebbe poi definito Valéry (che, non a caso, mi detestava), ma certo «un'imperdonabile trasgressione alla regola della misurata compostezza e dell'aristocratico distacco». Non si trattava soltanto di piacere al tempo stesso ai raffinati dei palchi e alla plebe cafona del parterre, ma di costringere il pubblico che “contava” a ridere in barba alle proprie regole, e in maniera così spontanea e liberatoria da non serbare poi rancore nei confronti del farceur che aveva avuto il coraggio di indurlo a infrangere una cosi rigida etichetta.

Pensate che il teatro degli anni Duemila sia un continuo esame per drammaturghi e attori di fronte al pubblico? Non avete conosciuto gli spettatori del Seicento!
Forse proprio per queste ragioni le mie opere vi piacciono e ancora ridete degli affanni e delle furberie dei miei personaggi: hanno superato gli esami dei secoli nei teatri di tutto il mondo e sono ancora qui, vivi, potenti, riconoscibili. E a me hanno regalato un prezioso dono: l’immortalità!

 

Fonti: La duplicità di Molière, Luigi Tonelli per La Stampa, 1922; Tutto Molière, Silvio D’Amico per La Stampa, 1953; Il volto di Molière, f.b. per La Stampa, 1957; Questo Molière è la Francia, Angelo Falvo per Corriere della Sera 1979; L’artista e il suo pubblico, Giovanni Sogliole per La Stampa, 1987; E il borghese geloso restò beffato, Giovanni Raboni per il Corriere della Sera, 1988; Doppio Molière, La Stampa, 1995

Vita del signor de Molière
Vita del signor de Molière Di Michail Bulgakov;

Un affascinante ritratto del grande commediografo francese, realizzato da uno dei più grandi scrittori russi del secolo scorso. La vita di Molière, all'anagrafe Jean-Baptiste Poquelin, è una storia di lotta e dedizione, e Bulgakov la racconta con calore e passione.

Gli altri approfondimenti

La posta della redazione

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