Faccio dei nomi: Fellini, Ford, Bergman, Kubrick, Hitchcock. Sono andato a controllare e ho rilevato che alcuni dei testi fondamentali sul cinema dedicano molto più spazio a Jean-Luc Godard che a loro. Dico che quei testi sono stati troppo generosi. Come studioso, mi sono applicato all’opera di Godard e certo lo conosco.
Ma su 8 e mezzo, Sentieri selvaggi, Il settimo sigillo, Odissea nello spazio, Notorious, non ho dovuto applicarmi, li ho guardati, e continuo a guardarli, con passione.
Un mio assunto personale: un capolavoro non è mai proiettato in una sala vuota. Mi è capitato spesso di vedere un film del francese in una sala… quasi vuota.
Ciò non toglie che Godard sia stato un genio vero, un ricercatore che ha aperto orizzonti diversi e ha studiato il cinema con una dedizione metodica e profonda. Ha eseguito una vera e propria scintigrafia di quel corpo, analizzandone tutti gli organi secondo codici che si evolvano nei decenni. Sono i “periodi” di Godard.
"Profeta" e "dissacratore", definizioni assolutamente pertinenti. Negli anni giovanili ha esplorato, secondo il suo sistema, letteratura e arti figurative, ha visto tutto il cinema, lo ha metabolizzato, ne ha colto i contenuti, le estetiche e le convenzioni, è intervenuto. Ha inventato, oltrepassato tutto questo creando dei precedenti dai quali il cinema non ha potuto prescindere per decenni.
È stato il primo motore della cosiddetta Nouvelle Vague, quella dei Truffaut, Rivette, Chabrol, Rohmer, ma poi ha prodotto uno scatto e ha lasciato indietro i suoi colleghi che, pur coltivando l’arte per l’arte, una certa attenzione al pubblico la ponevano. Godard ha sempre tirato dritto sul suo, personale, individuale, aristocratico percorso.
Rendeva conto solo a sé stesso. Certo una fascia di ultra-élite lo ha apprezzato e tentato di spiegarlo. Una fascia potente, che è riuscita dargli più spazio rispetto ai giganti capiti-da-tutti che ho citato sopra.
Jean-Luc Godard arrivava sempre prima. Ha anticipato il sessantotto intuendolo prima di Berkeley e della Sorbona. E poi la donna.
Nel suo Il disprezzo, sicuramente non inconsapevole, restituisce una Bardot assolutamente fuori dai canoni: alla più sexy del cinema fa indossare una parrucca castana.
Per una parte del film Brigitte non è più bionda, è il segnale di una fragilità che percorrerà la storia, dove la donna è oggetto sensuale di scambio tra il marito e l’antagonista, e Godard prevede gli aspetti femministi così contemporanei.
Nel quadro del solito spazio ridotto a disposizione è necessario ricorrere a sintesi delle sintesi. Nell’immensa massa critica, chiamiamola così, faccio emergere alcuni titoli che comprendono l’intenzione e la poetica di Godard. Uno è Band à part, che racconta di due amici innamorati della stessa ragazza che, divertendosi, compiono una rapina.
Il film è un’espressione della cultura disinvolta dei giovani francesi negli anni sessanta. Il modello era stato il Belmondo di Fino all’ultimo respiro.
Il film è stato molto apprezzato da Quentin Tarantino che ha chiamato la sua casa di produzione Band à part. E poi, appunto, Fino all’ultimo respiro. E ancora, La cinese. Come detto sopra, grandi invenzioni. È legittimo raccontarli attraverso le schede del dizionario Farinotti.
Nel primo il protagonista è un eroe “nero” senza ideali, senza il romanticismo di un Humphrey Bogart o di un Jean Gabin (cui il regista continuamente allude in fulminei fotogrammi). Se la vita non ha senso, il giovane Belmondo la vive seguendo i suoi impulsi, che sono criminali: ruba un’auto, uccide un poliziotto, va a Parigi e, agganciata sbrigativamente una bella turista americana, se la porta a letto. Ma lei lo denuncia. Arriva la polizia e ammazza il giovanotto. Oggi il film è ritenuto il manifesto della Nouvelle Vague.
E ancora:
La Cinese. Ciò che Godard fece dire e scrivere ai personaggi di questo film fu detto e scritto dai ragazzi europei poco tempo dopo, il che dimostra, se non altro, la capacità di cogliere il clima storico. Un gruppo di giovani, durante le ferie dei genitori, si sforza di applicare concretamente la dottrina maoista. Veronique progetta l’uccisione di un ministro russo di passaggio nella capitale francese: la porterà a termine nonostante la defezione di un compagno pacifista e la consapevolezza di un ritorno alla vita normale, terminata la pausa estiva.
Jean-Luc Godard, malato con patologie invalidanti che gli impedivano un pensiero lucido, ha scelto di morire di suicidio assistito. Ancora una volta è stato fedele a sé stesso. Ha voluto… anticipare.
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