È verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie
Comincia così Orgoglio e pregiudizio, uno dei romanzi più venduti al mondo, al 32° posto fra i più presi in prestito nelle biblioteche. Inizia con questo incipit memorabile e intelligente, righe esigue che potrebbero però contenere l’intera storia. Eh già, perché l’intero libro non è che un ribaltamento di questa affermazione.
Ma andiamo con ordine.
Le cinque figlie dell'indimenticabile Mrs Bennet sono tutte in cerca di un'adeguata sistemazione matrimoniale. I destini di Elizabeth, Jane, Mr Bingley e dell'ombroso Mr Darcy intrecciano un balletto irresistibile, una danza psicologica che getta luce sulla multiforme imprendibilità dell'animo umano, specie quando si trova alle prese con l'amore o qualcosa che all'amore somiglia.
Quando Jane Austen cominciò a scriverlo si chiamava Prime impressioni ed era il 1799. Chissà se avrebbe mai saputo quanto, in fondo, fosse giusto quel titolo (mai come quello ufficiale, s’intende). Sì, perché Mr Darcy ed Elizabeth hanno aperto la strada a una sfilza infinita di incomprensioni, malintesi, angherie e allontanamenti – tutto per una prima impressione sbagliata, dettata ovviamente da orgogli e pregiudizi. Non che tutti gli altri personaggi non li abbiano seguiti a ruota. E così, con il titolo che noi tutti conosciamo ancora oggi, il 28 gennaio del 1813 veniva data alle stampe quella che sarà la punta di diamante del lavoro di Jane Austen.
Chi non cambia mai la propria opinione ha il dovere assoluto di essere sicuro di aver giudicato bene sin da principio
Una delle grandi trovate di questo romanzo è ben celata nella creazione della protagonista: l’irriverente, scaltra e sagace Elizabeth Bennet. Incarna i tempi che cambiano, che avevano bisogno di cambiare. Una donna non poteva essere considerata solo per la sua bellezza, ma doveva spiccare per il suo acume, per quello che custodiva, sapeva e pensava. Così, Orgoglio e pregiudizio, apre le danze a un’era di eroine che non tacciono più, che vogliono decidere e scegliere – un po’ come era già successo con Jo March in Piccole donne. Protagoniste che prendono il loro posto, che tengono testa agli uomini e che si barcamenano per poter essere trattate con la stessa moneta.
E qui succede la seconda magia, un’intuizione piccata: tutti vorrebbero essere coraggiosi come Lizzie, o saldi come Darcy, ma invece c'è tutta la fallibilità del mondo, nella sua goffaggine e normalità. C’è nelle sorelle Bennet – Jane, Mary, Kitty e Lydia – in cui riconoscersi per un’imperfezione lecita, nella difficoltà di capire quale sia davvero la strada da percorrere. E per quanto uno tifi per Elizabeth, non può fare a meno di pensare anche alle vicende che fanno da contorno: non si può non tifare per Jane, ad esempio, e alla criticissima relazione con Mr Bingley, oppure non si può fare a meno di mordersi la lingua mente Mrs Bennet parla e sentenzia senza giudizio. Non si può evitare di riconoscersi e pensare che sì, quello di cui leggi fa parte di te, in quegli anfratti leggeri e sottili che cuciono la quotidianità.
Vi è una ostinazione in me che non tollera di lasciarsi intimidire dalla volontà altrui. Il mio coraggio insorge a ogni tentativo di farmi paura
Ma la fallibilità suprema la vivono Elizabeth e Mr Darcy. In quel rincorrersi assurdo e innaturale degli amanti che non riescono a cedere all’insensatezza di quello che provano, nascosti nei luoghi bui composti da convinzioni inamovibili. In quei dictat orgogliosi che depotenziano l’amore e lo rendono dispari – io sono questo e tu non lo sei. Sono la cecità dell’io bramoso della ragione. Così, a colpi di ironia e ferite aperte, l’unica terra che conoscono è fatta di distanza, di rette parallele destinate a non incrociarsi, a meno che non si depongano le armi. A meno che non si smetta di vedere una persona con i veli dell’egoismo e la si guardi nelle vesti della sua sostanza. Ecco, quando questo succede, diventano imprendibili. E tu, lettore, li ami. Perché è quell’amore che non ha a che fare con l’ardimento passeggero, ma con la costruzione del tempo.
E loro sono l’incanto di questo romanzo. Un inno agli amori fatti di lentezza, incomprensione – quelli a cui puoi credere, leggendo.
Non puoi, per amore di una persona, mutare la sostanza dei principi e dell'integrità morale, come non puoi cercare di convincerti, o di convincere me, che l'egoismo è prudenza, e l'incoscienza del pericolo una garanzia di felicità
Un romanzo così non lo puoi raccontare, puoi solo leggerlo.
Puoi scavare nelle bramosie e nelle nefandezze, puoi scorticargli i dettagli, conoscerne le più piccole diciture e comunque rimarrà lì, vivo, mai scoperto del tutto. 210 anni sono ancora pochi, sono nulla. Perché questo fa un romanzo, un classico ancor di più: ti aspetta, per sfidarti di nuovo. Per sorprenderti, ancora una volta.
Di
| Rizzoli, 2019Di
| Einaudi, 2016Di
| TRE60, 2022Di
| Rizzoli, 2013Di
| Rizzoli, 2023Di
| Feltrinelli, 2017Di
| Mondadori, 2016Di
| Einaudi, 2016Di
| Bompiani, 2018Di
| Penguin Books Ltd, 2012Di
| Penguin Books Ltd, 2012Di
| Penguin Books Ltd, 2012Di
| Penguin Books Ltd, 2012Di
| Penguin Classics, 2003Di
| Pan Macmillan, 2016Ti potrebbero interessare
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