Il sismografo

Le storie nel mercato dell'attenzione

Viviamo in un oceano di storie, da almeno 15.000 anni, da quando cioè il pensiero simbolico iniziò a presiedere la nostra concezione del mondo e, ancor di più, delle nostre relazioni.
Oggi, un'intera generazione è cresciuta nella costruzione di un'immagine di sé sui social, e praticamente tutto il flusso della comunicazione è tessuto su storie.
Ma ciò che accumuna queste storie - in cui siamo letteralmente immersi - è la struttura; e il fatto che sono tutte data-driven, plasmate su dati, profili, interazioni, elaborazioni di algoritmi che Il capitalismo della sorveglianza (per usare il titolo di un libro seminale di Shoshana Zuboff) ha reso uno standard nel mondo digitale. Eppure, è solo attraverso la comprensione di come siamo fatti, del "pensiero narrativo", che possiamo fare passi avanti cruciali nell'epoca che attraversiamo.

A una decina di anni di distanza dal suo Immersi nelle storie. Il mestiere di raccontare nell'era di internet Frank Rose torna con un nuovo libro, Il mare in cui nuotiamo. Lo storytelling strategico in un mondo governato dai dati, anche questo edito da Codice.
Rose ha una estesissima esperienza; è nato negli anni Cinquanta ed ha vissuto tutte le tappe della rivoluzione digitale, dell'evoluzione dell'informatica, del marketing, dell'economia e della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e dell'evoluzione della comunicazione dei generi di consumo fino al boom dei grandi videogiochi multiplayer e delle serie TV, da Lost a Squid Game fino alla realtà virtuale e al metaverso; ha scritto per più di un decennio su Wired ed è in forza nei vari laboratori che la newyorkese Columbia University dedica allo storytelling. La sua insomma è una visione ampia, che non si fa tirare per la giacchetta né dai tecnoentusiasmi né dalle nostalgie predigitali e per questo il suo libro è una lettura necessaria, e una buona porta d'ingresso per chi vuole saperne di più, e muoversi con consapevolezza nei paradigmi dell'informazione, dei social e del consumo di media. Con una scrittura scorrevole e puntuale, ricco di gustosi esempi e un intento didattico e divulgativo Rose illustra gli snodi dei pattern narrativi e tutto il mix di passaggi e combinazioni che portano dall'autore al pubblico, passando per il viaggio-storia, attraverso differenti tipologie di piattaforme digitali.

Il mare in cui nuotiamo. Lo storytelling strategico in un mondo governato dai dati

Le neuroscienze hanno dimostrato che i processi neurali che governano il pensiero creano di fatto strutture narrative, e che queste sono parte integrante del nostro essere. In altre parole, le storie sono indispensabili per leggere e interpretare la realtà. Hitchcok, The Walking Dead e alcune startup di successo, ma anche le narrazioni tossiche e cospirazioniste della presidenza Trump e degli ultimi due anni segnati dalla pandemia, ci hanno insegnato che le storie possono essere più persuasive e potenti (e a volte anche più pericolose) di qualsiasi argomentazione razionale e basata sui dati. Allora, per controllare le storie e non esserne controllati, conoscere i trucchi dei narratori è fondamentale per chiunque.

Su queste basi ci porta per mano nel concetto di immersività in tutte le sue declinazioni, anche quelle più ambigue e manipolatorie, ma senza aver bisogno di gridare al lupo. Se il digitale ha annullato le distinzioni tra modelli di storia, per Rose non ha senso opporsi al flusso delle ibridazioni, le quali stanno mostrando un grande potenziale creativo. Non è questo il punto. Perché? Perché il nostro funzionamento cognitivo, che ci permette di ordinare l'esperienza e costruire la realtà, si muove tanto sul ragionamento logico quanto sul "pensiero narrativo"; ed oggi più che mai, nell'accelerazione del mondo digitale, il pensiero narrativo gioca un ruolo fondamentale. Ed è questo pensiero, tenuto ai margini della ricerca per molto tempo, ma ben chiaro nella mente di teorici come Noam Chomsky, Jerome Bruner e Oliver Sacks, che dobbiamo sforzarci di conoscere e di utilizzare. In altre parole, fare proprie le risorse dello "storytelling strategico" ci permette di raccontare storie "strategiche", pensate per raggiungere obiettivi a lungo termine, importanti e complessi (crisi ambientale, equilibri geopolitici) all'opposto di storie a breve termine, tattiche, come possono essere i complottismi cavalcati da Trump o l'epica putiniana. Prendiamone atto: siamo esseri meno razionali di quanto pensiamo di essere, e molto esposti all'emozionalità, in tutte le nostre interazioni, siano esse con i nostri simili o con i mercati, i governi e i consumi. Basta guardare alla cronaca di questi mesi. Ed è una conoscenza più approfondita del pensiero narrativo che può aiutarci a navigare nelle incertezze del presente e del futuro, e ad essere consapevoli di quanto ci proiettiamo nelle storie e dunque nell' "immersività", personale o collettivo, che ci coinvolge giorno dopo giorno.

L'intento del pensiero critico di Rose, in un'epoca di media pervasivi, è dare gli strumenti per scegliere consapevolmente a cosa prestare attenzione e a svincolarci dai malevoli loop compulsivi di cui tutti noi facciamo quotidiana esperienza, perché il digitale ha trasformato non solo il nostro modo di raccontare le storie, ma anche quello in cui reagiamo a queste storie. In conclusione, scrive Rose, «Oggi l’idea di poter restare seduti e “consumare” passivamente un articolo o un programma televisivo sembra anacronistica. (...) Se viviamo in un mare di storie, allora il pensiero narrativo è essere consapevoli del mare in cui nuotiamo. Vuol dire rendersi conto che le storie rappresentano una modalità di pensiero a sé, e che rivestono un ruolo talmente cruciale nell’esperienza umana che a chiunque voglia vendere qualcosa, comunicare idee, motivare le persone o far cambiare loro opinione conviene conoscerne a fondo i meccanismi».

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