Dieci anni senza Philip Seymour Hoffman

Ci lasciava dieci anni fa il grande attore Philip Seymour Hoffman.

Interprete poliedrico e talentuoso, Oscar al migliore attore protagonista nel 2006 per la sua brillante interpretazione di Truman Capote in A sangue freddo, film tratto dall’omonimo volume di Capote sull’assassinio di Holcomb del 1959.

Bravo, forse il più bravo di tutti; ma anche il più dimesso, sempre un passo indietro rispetto alle altre stelle di Hollywood. Per poi superarle tutte sulla scena.

Nato nel 1967 in un sobborgo di New York, il giovane Hoffman comincia a recitare già al liceo, proseguendo nella recitazione di produzione indipendente subito dopo il diploma; tra questi ricordiamo Triple Bogey on a Par Five Hole. Uomo di teatro – così si è sempre definito, affermando che un attore con la sua faccia avrebbe potuto solo fare teatro, “il cinema è per gente come Brad Pitt” -.

Viene subito notato per il suo talento e la versatilità e durante gli anni Novanta recita in successi come Scent of a Woman, Boogie Nights, Il grande Lebowski, Il talento di Mr. Ripley e molti altri.

Il successo internazionale arriva però nel 2005 con la sua interpretazione dello scrittore Truman Capote nel film Truman Capote – A sangue freddo, che gli vale Bafta, Golden Globe l’Oscar l’anno successivo. Un’opera di cura e trasformismo estrema quella di Hoffman, in una interpretazione così puntuale di Capote che John Le Carré la definì la migliore mai vista sullo schermo.

Più di tutto, fu apprezzata la trasformazione vocale di Hoffman, per imitare il tono sottile e petulante di Capote: uno sforzo continuo delle corde vocali che – come chiarì lo stesso Hoffman in un’intervista del 2008 – dove mantenere per tutto il giorno, anche fuori scena, per alleviare la fatica e mantenere il corpo allenato.

Grande interprete di personaggi tormentati, dipendenti, ai limiti della società; d’altra parte un uomo silenzioso, che rilasciava poche interviste, lontano dalle luci del successo e dai salotti dorati di Hollywood. Un animo sensibile che nascondeva un grande tormento: la dipendenza da droghe e farmaci sofferto in gioventù e riacuitosi nel 2012, dopo tanti anni di astinenza.

Negli ultimi anni recitò, nel ruolo di Plutarch Heavensbee in Hunger Games, quadrilogia che ha reso famosa l’allora ventenne Jennifer Lawrence. Poco prima dell’uscita del terzo titolo, però, Hoffman scompare.

Viene trovato senza vita nella sua casa di New York, vittima di un’overdose micidiale di droghe e farmaci, ad appena quarantasei anni.

Ci ha lasciato così un grandissimo artista; uno di quelli veri, autentici, immortali. E a noi non rimane che riguardare i suoi film e pensare – con amarezza – a quanti altri capolavori avrebbe potuto regalarci.