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Tanti auguri, Harry! I trent'anni più golden di sempre

© Mymovies

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Compie oggi trent’anni Harry Styles.

Musicista, attore, attivista e icona di stile, i suoi primi trent’anni sono stati un ricettacolo di energia e sperimentazione.

Styles nasce il 1° febbraio 1994 nella cittadina inglese di Redditch e cresce nel Cheshire. La sua passione per la musica è fortissima sin da bambino: ha solo sedici anni quando partecipa alle selezioni di X Factor UK – di Simon Cowell, ideatore e temibile giudice che di Harry sarà la fortuna.

Harry piace, ma non convince; non riesce a qualificarsi come solista, ma Cowell e l’altra giudice, Nicole Scherzinger, ci hanno visto lungo: prendono lui e altri quattro ragazzi che non hanno superato i provini - Liam Payne, Niall Horan, Louis Tomlinson e Zayn Malik – e così nascono i One Direction. Bravi, belli, i visi puliti e le voci limpide che conquistano generazioni di adolescenti; e dalla loro parte la potentissima carta dell’internet, i social network che stanno nascendo e fanno esplodere il loro successo come una bomba.

Il gruppo si classifica terzo a X Factor e si aggiudica un contratto con la Syco Records, la casa discografica di Simon Cowell.

Il resto è storia. Successo nazionale, internazionale, planetario.

I One Direction diventano la boy band più seguita del momento: l’Europa è ai loro piedi, ma anche gli Stati Uniti, memori di quella British Invasion che l’ultima volta aveva portato oltreoceano i Beatles e adesso restituisce i sorrisi innocenti di cinque adolescenti con i ciuffi alti e le sneakers ai piedi.

La band pubblica cinque album – uno all’anno dal 2011 al 2015 – tutti diventati dischi di platino. I loro volti sono ovunque, le adolescenti di tutto il mondo sono ossessionate dai cinque ragazzini britannici: nascono fandom, si scrivono fan fiction, vengono pubblicati libri, studi sociologici sull’impatto del loro successo sulla discografia internazionale.

Ma poi la magia si rompe, rapidamente come s’era accesa. Il primo ad abbandonare il gruppo è Zayn, nel 2015; l’anno dopo i restanti membri della band decidono di intraprendere percorsi individuali e da allora, sebbene le voci di una possibile reunion si rincorrano a mesi alterni, non si sono mai più visti insieme.

È nel 2016 che nasce Harry Styles, senza One e senza Direction. L’indiscussa icona musicale e artistica.

Non ci ha messo molto a togliersi di dosso lo stigma del faccino pulito, del leader della boy band più famosa del mondo – ma, c’è da dirlo, anche la più demolita, discussa, sezionata -; nel 2017 passa alla Columbia Records e pubblica il primo album Harry Styles. Il singolo Sign of the Times diventa in pochissimo una hit internazionale.

Il secondo album è del 2019: Fine Line. Nel 2022 è il turno di Harry’s House.

Un successo che batte ogni volta i record del precedente: con Watermelon Sugar vince il premio per la migliore interpretazione pop solista; il suo terzo album vince il Grammy Awards. Harry Styles non piace solo alle Directioner – che, come lui, sfiorano ormai i trent’anni di età; comincia a piacere anche a chi di anni ne ha qualcuno in più e alla temibile Generazione Z, che quando il gruppo mieteva i primi successi metteva ancora i denti da latte.

Una poliedricità artistica che lo porta al cinema – ha recitato in un ruolo minore in Durkirk di Christoper Nolan, e come protagonista in Dont’ Worry Darling e My Policeman, entrambi del 2022.

Perché c’è qualcosa che riesce a riconoscere, in ogni generazione che mette gli occhi su di lui: incastra e incatena gli elementi giusti. Che sia il suo stile fluido, la silente battaglia contro la mascolinità tossica, l’attenzione ai temi ambientali, alla salute mentale, o più semplicemente il viso della stella del cinema che ti potrebbe abitare vicino.

Bello – perché non si può dire il contrario – ma soprattutto affascinante, carismatico; icona di stile indiscussa, ciò che si percepisce dalla sua musica è quello che in fondo, tutti i millennials hanno un po’ paura ad ammettere: siamo ciò che siamo, e cambiamo, ci evolviamo. Styles si evolve continuamente e sembra avvicinarsi sempre più a quella che è la versione di se stesso che più riconosce: non avere versioni definitive. Un tour nella sua interiorità – colorata, variopinta, cangiante – che il leader della boy band nata quattordici anni fa avrebbe probabilmente guardato con sospetto.

Così compiuti i trent’anni Harry Styles ne ha di cose da raccontare, e di cose di cui essere fiero. Essere stato capace di reinventarsi completamente e superare la prova del nove, l’ideale provino di X Factor che lo voleva bravo sì, ma non abbastanza da convincere, non da solista, almeno. Nei residui della boy band del passato – che oggi viene ricordata come la band di Harry, dai più – è l’unico che è stato in grado di avere successo, quello vero, quello che ti assicura di essere ricordato.

Energia pura che si sprigiona dirompente. E quello che si percepisce, più di tutto, è l’autenticità del cambiamento, l’entusiasmo di scoprirsi e farsi scoprire: l’emozione – parola di chi ha assistito ai suoi concerti – di essere nel momento giusto, nel posto giusto. E di non avere nessuna paura a dimostrarlo.

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