È impossibile raccontare di Pierangelo Bertoli senza citare alcuni versi tratti dalla sua canzone A muso duro, vero e proprio manifesto autoriale, politico ed esistenziale tratto dal celebre album omonimo del 1979, lavoro che consolidò una popolarità nata già nel 1976 grazie a Eppure soffia, il primo lavoro pubblicato su major grazie al fiuto e ai buoni uffici della conterranea Caterina Caselli.
Canterò le mie canzoni per la strada
Ed affronterò la vita a muso duro
Un guerriero senza patria e senza spada
Con un piede nel passato
E lo sguardo dritto e aperto nel futuro
Di famiglia operaia, Pierangelo Bertoli nasce a Sassuolo nel 1942, ed è costretto su una sedia a rotelle a causa di una poliomelite che lo colpisce prima dell’anno di vita.
Interessato fin da ragazzo a istanze politiche e sociali (ricordiamo che sono i primi anni ’70, anni ricchi di fermento in una terra da sempre ricettiva verso certi temi e certe lotte), comincia a interessarsi alla composizione di canzoni dopo i vent'anni, impara a suonare la chitarra e pubblica due album (Rosso colore dell'amore e Roca Blues) che gli procurano una piccola notorietà locale, consentendogli di esibirsi a feste di paese e di partito.
Bertoli canta in maniera chiara e diretta, con una genuinità e una passione che gli permettono di arrivare a un pubblico sempre più vasto.
Tra i due album sopra citati, Bertoli pubblica Al centro del fiume e S'at ven in meint e, successivamente, Certi momenti (1980), disco che include il celebre brano Pescatore, cantato in duetto con una allora emergente Fiorella Mannoia: con questo album, si delineano con chiarezza alcuni temi cari all'artista, nel corso della sua carriera precursore in più di una occasione cantando di ecologia, aborto, diritti civili e malcostume politico, oltre a essere tra i pionieri di un folk-revival (grazie al frequente uso del dialetto e di sonorità legate alla tradizione popolare) che troverà pieno compimento anni dopo, forse anche grazie all'inaspettata partecipazione al Festival di Sanremo del 1991 con i Tazenda (chi non ricorda Disamparados - Spunta la luna dal monte?).
La carriera prosegue, pur senza significativi riscontri commerciali (che, del resto, mai erano stati tra le priorità dell'artista) per tutti gli anni '90, fino ad arrivare all’ultimo lavoro pubblicato da Bertoli in vita 301 guerre fa (2002), che esce pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 6 ottobre di quello stesso anno.
Tra i tanti buoni motivi per ricordare Pierangelo Bertoli, va detto che dobbiamo al cantautore di Sassuolo la scoperta di un artista che oggi è tra i pilastri della musica italiana: Ligabue.
Ricorda il figlio, Alberto Bertoli:
Arrivò a casa nostra una cassettina con le canzoni incise da Luciano. Mio padre disse subito che aveva talento, scrisse insieme a lui alcune canzoni poi lo presentò alla Caselli che però dopo un provino lo rifiutò. Eppure mio padre credette in lui e incise "Figlio di un cane" e "Sogni di rock and roll" includendole in due dei suoi album successivi, “Tra me e me” (1988) e “Sedia elettrica” (1989). Fino a quando decide di produrre l’album a Ligabue chiedendo aiuto all’amico discografico Angelo Carrara. Una volta in sala d’incisione Carrara chiamò mio padre e gli disse che avrebbe pagato lui l’intero disco. Il resto è storia. Ligabue è nato così
Pierangelo Bertoli è stato un artista vero, per nulla disposto al compromesso, che ha percorso da protagonista la storia della nostra canzone, sfidando i luoghi comuni e rimanendo sé stesso, fino in fondo.
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