Nel 1913 nasce Rosa Parks che con il suo no ha risvegliato le coscienze assopite di sfruttati e di parte di sfruttatori nell’America della segregazione razziale degli anni ’50. È stata definita madre del movimento dei diritti civili, un’espressione che ben descrive l’effetto dirompente del suo gesto.
Rosa segue l’esempio dei genitori ed è da sempre un’attivista, in prima linea per le cause contro la discriminazione razziale e dal 1943 membro della sezione locale dell'Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore (NAACP) dove incontra un Martin Luther King ancora sconosciuto.
Rosa probabilmente è stanca, non di combattere ma di ottenere risultati minimi.
La sua è una stanchezza profondamente intima che continua a scuoterla dall’interno finchè non le lascia modo di prendersi il suo spazio.
La rivoluzione che ha innescato inizia un giorno come un altro con un gesto semplice ma coraggioso, proprio come lei.
Nove mesi prima di Rosa
2 marzo 1955, Alabama. La giovane studentessa Claudette Colvin è sull’autobus e si rifiuta di alzarsi dal suo posto. Viene denunciata immediatamente per disturbo della quiete pubblica, violazione della legge di segregazione e aggressione, prime due accuse ritirate in sede di processo.
Il suo caso non ha risonanza mediatica ma nove mesi dopo qualcuno avrà giustizia anche per lei.
Rosa
È il 1° dicembre del 1955 a Montgomery (Alabama) e sono circa le 18:00.
Dopo un’intensa giornata di lavoro Rosa è stremata dalle innumerevoli ore trascorse tra aghi, fili e macchine da cucire. Sale sull’autobus e si guarda intorno con quel poco di attenzione che serve per trovare un sedile vuoto: sa bene quali sono i posti riservati a una come lei ed è “normale”, quotidiano. I primi sono per i bianchi, quelli in fondo per gli afroamericani e i centrali a uso di tutti ma… c’è un ma non trascurabile che quel giorno fa la differenza. La legge infatti prevede che un bianco ha il diritto di sedersi se nella zona comune ci sono persone nere che devono alzarsi e cedere il posto.
Stava per accadere anche quel giorno, ma il copione questa volta prevede un finale diverso.
Sale un uomo bianco, magari pretendendo con sguardo di sufficienza quello che è suo. Attende, in piedi.
L’autista ed ex militare James F. Blake osserva dal suo specchietto la scena e aspetta.
Alla prima fermata non accade nulla. Aspetta.
Alla seconda fermata tutto resta com’è. Aspetta.
Alla terza l’uomo è ancora in piedi.
Tre fermate, tre possibilità, ma non può tollerare una simile mancanza di rispetto. James si alza dalla sua postazione e probabilmente con il passo deciso da ex militare, il capo alto e uno sguardo fiero si dirige verso Rosa.
Non abbiamo testimonianze delle parole precise che si sono scambiati i due ma possiamo ipotizzare un dialogo di questo tipo:
«Signora si alzi, deve far sedere quest’uomo».
«No…».
Chissà quante volte è successo, chissà quante altre persone che si saranno alzate trascinandosi esauste verso sostegni a cui aggrapparsi. In quel momento il corpo stanco di Rosa e il suo spirito ruggente parlano la stessa lingua e si coordinano perfettamente.
James si sarà stupito della risposta di Rosa Parks ma probabilmente non si sarà scomposto. Smosso dal senso del dovere di bravo cittadino americano sa cosa deve fare e non ha intenzione di aspettare oltre. Chiama la polizia locale che accorre subito e arresta Rosa per “condotta impropria”.
Parks resta poco dietro le sbarre. Clifford Durr, avvocato bianco e antirazzista, attento ai diritti civili della comunità afroamericana, paga la cauzione e le restituisce la libertà.
Dopo Rosa
Quel giorno passa alla storia. Una parola di due lettere ha innescato un effetto domino che ha portato nel tempo alla caduta di tante limitazioni razziali, lasciando il posto per nuovi tasselli di diritti civili e politici. La reazione immediata è il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery per i successivi 381 giorni, contenitore di proteste che si diffondono in tutti gli Stati Uniti.
Nel 1956 il caso di Rosa è portato alla Corte Suprema che decreta incostituzionale la segregazione razziale sugli autobus dell’Alabama.
La sua storia è sulla bocca di tutti: un esempio per tanti, una persona da perseguitare per altri. Le minacce di morte e i rifiuti di tanti laboratori sartoriali la costringono a trasferirsi a Detroit, nel Michigan per iniziare una nuova vita e nel 1965 diventa segretaria di John Conyers, membro del Congresso, carica che ricopre per 23 anni.
La sua battaglia è riconosciuta ufficialmente anche dagli organi governativi, che le conferiscono la Medaglia d’oro del Congresso nel 1999.
Molto è stato fatto, molta la strada è ancora da fare se pensiamo non solo ai casi di violenza della polizia americana su persone afroamericane ma anche a certi sguardi diffidenti che possiamo intercettare nella quotidianità per un colore della pelle diverso dal proprio, che sia bianco avorio, marrone cioccolato, nero pece o un mix di queste e altre mille pigmentazioni.
Rosa, grazie per quello che hai fatto e speriamo che un giorno tu possa essere davvero fiera di noi.
Di
| Mondadori, 2021Di
| Becco Giallo, 2020Di
| Fabbri, 2018Di
| EL, 2017Ti potrebbero interessare
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