Il sismografo

TikTok ci legge nella mente?

Durante l'ultima campagna presidenziale statunitense Donald Trump se la prese, tra le molte cose, anche con TikTok, non perché il social network  fosse uno strumento dei suoi avversari ma perché era cinese. TikTok nasce nel 2016 da ByteDance, un'azienda informatica di Pechino, controllata dal governo, nota per la piattaforma di news Toutiao. Quella di Douyin — il nome cinese di TikTok — non è un'idea completamente nuova, perché si tratta di una specie di Twitter di soli video brevi, da 15 secondi a tre minuti. Il successo spinge ByteDance ad acquisire un'altra azienda informatica cinese, Musical.ly e a lanciarsi sui mercati globali. Douyin, che resta con questo nome in patria, diventa per il resto del mondo TikTok. Già al lancio internazionale, nel 2018, si espande rapidamente in Russia, in India, nell'Estremo Oriente e negli Stati Uniti. Poco dopo anche in Europa. Dopo un anno di pandemia il successo è strabiliante: due miliardi di download, un miliardo di utenti attivi su base mensile (2021), ai quali si aggiungono i 600-700 milioni di Douyin.

I due social hanno la stessa interfaccia ma non sono connessi fra loro, non si parlano e hanno i server separati, quelli di TikTok non sono in Cina. Anche i contenuti sono differenti. Il mix globale è fatto da commenti politico-sociali, consigli per ricette, problemi pratici, libri, gattini e fesserie buffe di vario genere, ma la parte del leone la fanno i balletti, le piccole coreografie casalinghe fatte tra amici e amiche su basi musicali di successo, molto facili da gestire sull'app.

In poco tempo TikTok è diventato una piattaforma di entertainment compulsivo grazie ad un algoritmo semplice ma di un'efficacia micidiale, al punto che star del calibro di Jennifer Lopez, Jessica Alba e Justin Bieber ci sono saltati subito sopra. Siccome i video sono brevi, e quindi gli utenti ne vedono molti, TikTok riesce a processare un'enorme quantità di dati, non solo per profilare accuratamente le passioni degli users, ma anche per capire quando qualche filone o personaggio ti sta venendo a noia, e quindi proporti delle alternative coerenti con i tuoi gusti.

Qualche giorno fa il New York Times è venuto in possesso di un documento interno che spiega obiettivi e dinamica dell'algoritmo, i cui segreti sono comunque ben custoditi.  Il titolo dell'articolo è esplicito: «Come TikTok legge la tua mente». Le chiavi del successo sono i dati riconducibili a quattro funzioni d'uso: user value e long-term user value per quanto riguarda il pubblico; creator value per quanto riguarda chi carica contenuti, e platform value per quanto riguarda l'appetibilità del social. L'obbiettivo, pienamente raggiunto, non è quello di mettere in comunicazione la gente, ma di fornire un flusso costante di video di intrattenimento per segmenti di pubblico: i big data prodotti sono di un'enorme importanza per il marketing, sia esso di prodotti commerciali o di propaganda politica e ideologica.

Il punto di forza è che TikTok è in grado di creare e nutrire un uso compulsivo più intenso di qualsiasi altro social network, fatto ancora più inquietante visto che è frequentato prevalentemente dai giovanissimi, le famose "menti fragili" che sono più disposte di altre a mettere in piazza la loro personalità e più esposte alle manipolazioni. In realtà TikTok, non fa niente di tanto diverso dagli altri social, solo che lo fa molto, molto meglio. E sta usando l'entertainment autoprodotto e di veloce fruizione come una breccia attraverso la quale scavare per carpire i segreti reconditi delle coscienze, tanto quelle dei giovanissimi che caricano i video quanto quelle di tutto il pubblico di vecchi e giovani che li guarda, attratti anche dalla spregiudicatezza di certi performance, a volta al limite della pedofilia.

L'accusa di Trump, che all'epoca voleva imporre a ByteDance la vendita ad un'azienda americana, era che TikTok stesse pompando dati dei suoi concittadini a beneficio di Pechino. Insomma aveva paura della concorrenza sulle proprie social-manipolazioni, travestendola con un intento patriottico. In realtà non è TikTok a fare la differenza nell'enorme commercio più o meno legale di dati personali, dove la briscola è e resta ancora la mole di big data prodotti dall'uso delle carte di credito.

D'altro canto, TikTok crea dipendenza in un modo finora inedito per ritmo e intensità, ed è questo il preludio ad un ulteriore escalation del potenziale manipolatorio dei social di nuova generazione. Tuttavia c'è chi vi ha visto anche un canale per una nuova, inedita, forma di arte spontanea: ragazzini e ragazzine certo scimmiottano le star, ma devono giocoforza essere sintetici nel creare cose fresche e nuove, ed è proprio per questo che lo star-system ha gli occhi puntati su TikTok: Charli D'Amelio, una giovane e talentuosa ballerina venticinquenne, ha inventato centinaia di nuove coreografie, ed ha bruciato tutti i record di acquisizione di followers, oltre 100 milioni in un anno. Oggi ha un reality tutto suo sulla piattaforma di streaming Hulu, ha scritto un libro, ha un podcast, fa la doppiatrice, e Forbes l'ha inserita nella lista degli under 40 più influenti del mondo. È insomma il sogno, come la Ferragni per le influencers nostrane, di tanti artisti in erba che lavorano sodo per ottenere il massimo dalle poche decine di secondi del loro spettacolino. Su TikTok non si balla soltanto, ma si inventano gag di ogni tipo, approcci inusuali a temi un po' stanchi e via dicendo. Ovviamente, pur di guadagnare una briciola di successo, tutta la possibile creatività è offerta gratis. Dunque, ciò che appare più evidente dalla radiografia di TikTok è la conferma che, nel mare magnum dei social, il prodotto sono gli utenti. Il prodotto siamo noi. Toc toc: dovremmo bussare alla nostra scatola cranica giusto per chiederci se c'è qualcuno dentro e se è consapevole di quello che sta facendo.

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