Maurice Sendak si appassionò alla lettura sin da piccolo. Costretto a letto da problemi di cuore, dopo aver visto il film Fantasia, all'età di dodici anni.
Ma quella circostanza sfortunata avrebbe permesso a bambini di ogni paese e di tutte le età di poter godere di storie bellissime: quelle partorite dalla fantasia di questo straordinario autore, che ancora oggi - a dodici anni dalla sua scomparsa - conoscono nuove traduzioni e nuove, bellissime edizioni nei mercati editoriali di tutto il mondo.
Per celebrare l'uscita di Bombo-Lardo, ultimo in ordine di tempo fra i grandi exploit sendakiani pubblicati da Adelphi, abbiamo deciso di intervistare il traduttore Sergio Ruzzier, che dell'opera di Sendak è un esperto conoscitore e amatore, essendo stato scelto nel 2011 per l'esclusiva Sendak Fellowship. Con questa intervista, che prende le mosse da Bumble Ardy per toccare tanti punti dell'opera di Sendak e di quella di Ruzzier (che oltre che traduttore è autore di splendidi libri per bambini), celebriamo anche un momento magico per la letteratura per l'infanzia. Momento che è fotografato dalla 61° edizione della Bologna Children's Book Fair che si apre oggi, lunedì 8 aprile, e che si preannuncia come una delle edizioni più seguite e interessanti di sempre.
Buona lettura a tutti!
Per i suoi nove anni Bombo-Lardo, un piccolo maialino che è rimasto orfano ed è stato adottato dalla zia, decide di organizzare una festa di compleanno, e vuole che sia indimenticabile, visto che in tutta la sua vita non ne ha mai avuta una.
Maremosso: Bombo-Lardo prende il largo ed è fra noi! Che sensazioni ti ha dato, lavorare alla traduzione di questo libro? E come lo racconteresti ai nostri lettori?
Sergio Ruzzier: Bombo-Lardo riprende il tema, caro a Sendak, della precarietà dell'esistenza e soprattutto della consapevolezza da parte dei bambini di tale precarietà.
Mi rendo conto che descritto così potrebbe non sembrare un libro divertentissimo, e invece lo è! Bombo-Lardo è un porcellino che, dopo la dipartita dei genitori (finiscono in salmì), viene adottato da una zia. Potendo finalmente festeggiare un suo compleanno, il nono, invita una quantità di maiali alla festa. I maiali arrivano e distruggono la casa, la zia va su tutte le furie, caccia i maiali vandali e minaccia paurosamente il povero Bombo. Per calmare la zia, il porcellino promette di non compiere mai più gli anni, ossia di morire presto.
Poi c'è il perdono e l'abbraccio riconciliatore, ma al lettore rimane il dubbio se Bombo-Lardo riuscirà ad avere una vita tranquilla e sicura. I disegni sono meravigliosi e funzionano in perfetta simbiosi col testo, al quale spero di aver fatto giustizia con la mia traduzione. Io non sono un traduttore a tempo pieno, diciamo, ma quando mi è stato offerto di lavorare a questo libro non ho potuto dire di no. È un libro che già amavo e che ho imparato ad amare ancora di più proprio studiandolo così in profondità.
MM: Qual è il bilancio del periodo di insegnamento e di quello passato insieme a Sendak alla Sendak Fellowship?
SR: Parli dei miei quattordici anni di insegnamento nelle scuole d'arte americane? Per fortuna erano solo una o due lezioni a settimana, se no non ce l'avrei mai fatta a resistere.
Sarebbe un discorso troppo lungo, ma ci sono tante cose che non funzionano, in quelle università. La prima è che costano una cifra spaventosa. Sessanta o settantamila dollari all'anno per quattro anni. Molti studenti si indebitano con le banche e ci mettono decenni a ripagare tutto. È un sistema assurdo. E poi di studenti veramente validi o almeno motivati ce n'erano veramente pochissimi. Molte di quelle scuole ammettono chiunque sia disposto a pagare. Insomma, il bilancio è disastroso.
Non so, invece, se sono in grado di fare un "bilancio" della mia esperienza alla Sendak Fellowship. È stata però un'esperienza meravigliosa soprattutto perché mi ha permesso di conoscere bene Maurice Sendak. A proposito, Bumble-Ardy (così è il titolo originale) è uscito in America proprio durante la mia residenza a casa di Sendak, nel settembre del 2011.
MM: Hai definito la Sendak Fellowship come una “clinica riabilitativa per illustratori e scrittori”: quanto è stata importante questa esperienza, professionalmente e umanamente?
SR: Già l'essere stato scelto da Sendak in persona è stato un riconoscimento inaspettato e altamente benefico. Ottimo antidoto per gli inevitabili e periodici crolli dell'autostima.
Allo stesso tempo, adesso quando lavoro ho sempre l'impressione che lui possa vedere quello che combino e quindi mi sento un po' male se so che non ho fatto del mio meglio.
MM: Qual è il tuo ricordo più vivido di Maurice Sendak?
SR: La risata un po' roca, sincera, piena.
MM: È vero che non è educato chiedere a genitori e parenti qual è il figlio o il nipotino preferito, ma noi lo facciamo ugualmente: qual è il tuo libro preferito di Maurice Sendak? E quello più influente?
SR: Il libro di Sendak a cui sono più affezionato è Il piccolo Orsacchiotto, che in realtà Sendak ha "solo" illustrato, avendolo scritto Else Holmelund Minarik. Era il mio libro del cuore quando ero piccolissimo e fonte d'ispirazione quando, da adolescente, cercavo il mio modo di disegnare a pennino. Era l'edizione Bompiani, mentre adesso lo pubblica Adelphi che l'ha ribattezzato Orsetto. Come dicevo prima, mentre ero da lui è uscito Bumble-Ardy, che poi si rivelerà l'ultimo suo libro pubblicato in vita. È un libro straordinario che forse però non è facile da digerire. Secondo me è da considerare il quarto della trilogia Nel paese dei mostri selvaggi, La cucina della notte e Nel mondo là fuori. Un po' come il quinto Beatle. Posso dire che sia quello il mio preferito.
MM: L’invenzione linguistica è fondamentale per un traduttore che voglia misurarsi con libri come quelli di Sendak. Da questo punto di vista si può affermare che chi traduce libri per ragazzi è più “autore” di quanto non lo sia chi normalmente traduce autori “per adulti”?
SR: Non so se si può veramente dividere in questo senso la letteratura per adulti da quella per bambini, anche dal punto di vista di chi traduce. Ogni libro è diverso. Per certi libri a figure tradurre il testo è un po' come tradurre poesia, questo è vero. Per altri, però, la traduzione risulta relativamente naturale e non c'è bisogno di reinventare quasi niente, come mi è successo traducendo George e Martha di James Marshall (LupoGuido), per esempio.
MM: A proposito di autori: come va il tuo lavoro di scrittore? Cosa bolle in pentola, nella cucina in cui hai portato a cottura ricette deliziose come quelle di “Una lettera per Leo”, “Stupido libro!”, “Cuscini e canguri” e “Due topi”?
SR: Ah, bene, grazie! Ho sempre cose a cui sto lavorando, per il mercato americano. Topipittori pubblicherà in autunno la versione italiana di The Real Story (Topipittori), pubblicata due anni fa negli Stati Uniti. È una serie di scuse fantasiose illustrate o, se vuoi, un manuale di menzogna creativa. Protagonisti un topo, un gatto e un vaso di biscotti.
MM: È arrivata Bologna Children’s Book Fair: cosa possiamo aspettarci, secondo te, da questa edizione? E – più in generale – come sta evolvendo il mercato del libro per bambini, in Italia?
SR: Ho l'impressione che sarà tra le edizioni più frequentate di sempre. Già l'anno scorso le presenze erano aumentate rispetto agli anni anche precedenti al Covid, e mancavano ancora molti editori asiatici, che quest'anno dovrebbero ritornare. È sempre emozionante vedere cosa si pubblica e dove. In particolare a me piace trovare i libri più brutti, cosa che mi fa sempre valutare le mie cose con minor severità. In Italia negli ultimi anni noto una crescente attenzione alla qualità delle edizioni, soprattutto tra le case editrici che pubblicano libri a figure (odio il termine albo illustrato). A parte l'Adelphi e le già affermate Topipittori e Orecchio Acerbo, ci sono case editrici più nuove, come Vanvere e LupoGuido, che seguono politiche editoriali coraggiose e per le quali l'originalità e la bellezza vengono prima di tutto.
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