Erat rerdaread deterra!
Se non capisci questa frase, non ti preoccupare: significa "il cane insegue il gatto" in una lingua che di sicuro non conosci. Come faccio a saperlo? Perché l’ho appena inventata io. Più precisamente, l’ho creata con l’aiuto di un software online, scegliendo poche caratteristiche base: le vocali sono A ed E, le consonanti R, T e D. Ne è venuto fuori il rarrat. Il rarrat, mi informa il software, è una lingua declinata: come in latino e in tedesco, i nomi e gli aggettivi terminano in modo diverso in base alla loro funzione nella frase. Come in italiano le parole sono piane, ovvero hanno l’accento sulla penultima sillaba, ma l’ordine è un po’ diverso: c’è prima il soggetto (in questo caso il cane) poi i complementi (il gatto) e poi il verbo (insegue). Infatti se è il gatto a inseguire il cane – tra chi parla rarrat evidentemente succedono cose strane – allora si dice rerdare eratad deterra.
Di sicuro in tanti ti hanno già ripetuto fino alla nausea quanto sia importante imparare le lingue; quel che forse non sai è che c’è anche chi le lingue le inventa di sana pianta. Certo, non è facile come sembra. Non basta cambiare tutte le parole, inserire consonanti strane a casaccio e fare versi incomprensibili: questo può andar bene per scrivere un bigliettino in codice alla compagna di banco senza che la maestra, se lo trova, possa capirne il significato. Se invece vogliamo inventare una lingua intera, allora c’è tutta una tecnica. Ma perché dovremmo farlo? Ci sono diversi motivi.
Le parole alohomora, oppure avada kedavra, potrebbero suggerirtene uno: il fantasy. I maghi del mondo di Harry Potter lanciano incantesimi in una lingua inventata che si rifà vagamente al latino, ma l’autrice della saga J.K.Rowling ha tenuto anche conto di come le formule suonano al nostro orecchio moderno. Lo stesso vale per altre lingue che compaiono a Hogwarts e dintorni, come il serpentese, che nei film è stato reso con suoni sibilanti e minacciosi, o la lingua del popolo delle sirene che abita il lago, dominata dalle vocali. La storia di Harry Potter è calata molto in un universo immaginario molto ricco, ma dal punto di vista linguistico non ci sono grandissime invenzioni. Se invece ci affacciamo nella Terra di Mezzo, dove sono ambientati Lo Hobbit e Il signore degli anelli, le cose si fanno interessanti.
Il creatore delle avventure di Bilbo e di Frodo, J.R.R.Tolkien, è un vero capostipite di quel che oggi si chiama conlanging, cioè creare conlang (constructed languages): non a caso era un linguista e un filologo. La lingua eterea degli elfi e le rune spigolose della lingua di Mordor non sono solo accenni inseriti nella storia quando serve, ma interi mondi con regole grammaticali e perfino una loro evoluzione attraverso le ere. Il lavoro titanico di Tolkien continua a ispirare chi oggi si occupa di creare lingue per il cinema. Per esempio chi ha creato il il Na’vi, la lingua parlata dagli alieni blu di Avatar e del sequel La via dell’acqua. Inventare lingue: mica male come mestiere!
Harry Potter è un predestinato: ha una cicatrice a forma di saetta sulla fronte e provoca strani fenomeni, come quello di farsi ricrescere in una notte i capelli inesorabilmente tagliati dai perfidi zii. Ma solo in occasione del suo undicesimo compleanno gli si rivelano la sua natura e il suo destino, e il mondo misterioso cui di diritto appartiene.
Se vuoi diventare un conlanger, eccoti qualcuno dei consigli di David Peterson, il creatore della lingua della famosissima serie Il trono di spade. Prima di tutto conoscere lingue vere è utile, meglio se molto diverse tra loro. Poi, nel momento in cui vorrai ideare una lingua per i tuoi eroi fantasy, la cosa fondamentale è chiederti come parleranno: se non sono esseri umani potrebbero emettere suoni anche molto diversi da noi. Una volta stabilito un minimo di fonetica, forma un vocabolario di base. Anche qui, dovrai capire quali parole servono ai tuoi personaggi: se vivono su un pianeta arido, potrebbero avere molte parole per dire sabbia, duna, deserto, eccetera. Poi concentrati su come terminano le parole. Secondo Peterson, se una lingua è costruita bene, si capisce "a orecchio" se una certa parola può far parte del vocabolario di quella lingua oppure no. Pensa al francese, in cui tutte le parole sono accentate alla fine, o anche all’italiano, in cui finiscono quasi sempre con una vocale: queste peculiarità li rendono facilmente riconoscibili. In sardo moltissime parole finiscono con la u, inconfondibile.
Ma per fare davvero la differenza, la tua lingua deve essere coerente. Le parole come cavallo e cavaliere, oppure acqua e acquario, per esempio, dovranno avere una radice simile. Poi dovrai stabilire se vuoi ordinare i nomi in categorie e poi applicare la regola a tutte le parole. Noi abbiamo maschile e femminile, singolare e plurale; nella tua lingua inventata potresti scegliere di distinguere tra vivente e inanimato, vicino e lontano, grande e piccolo. Infinite possibilità, che dipenderanno dal mondo che i tuoi personaggi abitano e da quel che per loro è importante.
Il fantasy però non è l’unico motivo per creare una lingua a tavolino. Esistono lingue artificiali che sono effettivamente parlate, come l’esperanto. Lo inventò alla fine dell’Ottocento un oculista polacco, Ludwik Lejzer Zamenhof, mettendo insieme parole prese in prestito da molte lingue esistenti, una grammatica e una fonetica semplici, e soprattutto il desiderio di creare un codice di comunicazione accessibile a tutti. Anche se l’esperanto non si diffuse mai come lingua universale, a distanza di centocinquant’anni c’è ancora chi lo parla e perfino alcuni madrelingua: figli di persone che si sono conosciute parlando tra loro esperanto. Chissà se un giorno il rarrat sarà la lingua madre di qualcuno!
Per la prima volta in Italia un nuovo tassello del grande mosaico letterario di J.R.R. Tolkien. Un viaggio nei miti e nelle leggende celtiche, tra amori, cavalleria e maledizioni.
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