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King e le libellule

King e le libellule, scritto da Kacen Callender ed edito Feltrinelli, è un libro che parla di sentimenti, paura e diversità, che pone domande alle quali non sempre riusciamo a dare una risposta e che insegna a volersi bene, a non aver paura e, soprattutto, che la diversità è ciò che ci rende unici e speciali. King e le libellule racconta che cambiare idea non è da codardi, che l’essere leali è un valore importante, che l’amicizia è un legame al quale non dobbiamo rinunciare e che quando si sbaglia è importante ammetterlo.

King e le libellule
King e le libellule Di Kacen Callender;

In una cittadina della Louisiana ancora attraversata da forti contrasti fra bianchi e neri, King, dodici anni, deve affrontare il lutto per la morte del fratello maggiore Khalid. La perdita lo fa sprofondare nella disperazione tanto da credere che il ragazzo sia diventato una libellula, dopo averne vista una posata sulla bara durante il funerale. Inizia così a cercarlo in riva al fiume ogni pomeriggio.

“Devo dirti una cosa King" – mi fa mio padre […] “Dentro di te c’è una grande energia, King” […]”Così grande da piegare il mondo con la forza di volontà. È per questo che ti abbiamo messo il nome che porti, giusto?”[…] “Ma questo paese ha paura di te,” mi dice. “Il mondo ha paura di te. Avranno sempre paura di te. Esattamente come avevano paura di Malcolm X, per questo gli hanno sparato.” […]"Avranno paura di te, e alcuni… quelli vorranno farti del male perché hanno paura. E questo ho il dovere di dirtelo.”

Kingston Reginald James, detto King, è un ragazzino di dodici anni di colore della Louisiana che sta vivendo un periodo difficile della sua vita, e non solo perché ha dodici anni. Il fratello Khalid è morto all’improvviso durante un allenamento e King è convinto che si sia trasformato in libellula perché, durante il funerale, ne ha vista una posarsi sulla bara; tutti i pomeriggi si reca al bayou, grande distesa paludosa nella foresta, aspettando che suo fratello si manifesti e gli faccia compagnia. Chiaramente queste lunghe ore passate al bayou non attenuano il dolore di King, che come principale pensiero ha quello di non deludere suo fratello, che poco prima di morire gli ha fatto promettere di non frequentare più il suo amico Sandy Sanders perché omosessuale: “Non vorrai mica che pensino che sia gay pure tu, vero?” 

Così la vita di King si svolge tra le mattine a scuola, i pomeriggi al bayou e le sere a casa in un silenzio anomalo, perché dopo la morte di Khalid né la madre né il padre hanno più voglia di conversare.

I giorni scorrono tutti uguali fino a quando Sandy, il suo vecchio amico, il figlio dello sceriffo, il nipote di un membro del Ku Klux Klan, scompare. Sono tutti preoccupati, non capiscono dove possa essere andato; tutta la cittadina, grandi e piccoli, partecipa alla ricerca: si dividono in squadre, chiamano, urlano il suo nome, ma Sandy non risponde e qualcuno inizia a pensare al peggio. Anche King partecipa, ma non rivela a nessuno che lui ha visto Sandy il pomeriggio precedente, per paura di essere accusato. Malgrado il caldo, e ne fa talmente tanto “che si può vedere il vapore sprigionarsi dal terreno”, le ricerche continuano per tutto il giorno, ma Sandy non si trova. Quando per King è giunto il momento di andare a dormire, rendendosi conto di non riuscire a chiudere occhio, esce dalla finestra della sua camera per andare a passare la notte nella tenda piantata in giardino. Con sua grande sorpresa, scopre che nella tenda si nasconde Sandy. Che cosa fare? Denunciarlo e dire dove si trova per far finire le ricerche e le pene di chi gli vuole bene, o ascoltare la sua richiesta e aiutarlo a fuggire, specialmente dal padre?

“Eravamo amici,” dice. “Ci dicevamo tutto.” […] “E poi te l’ho detto…” Esita, la voce si abbassa. “Ti ho detto che mi piacciono i ragazzi, ed è stata la fine. Mi hai guardato come se ti avessi sputato sulle scarpe. Come se ti disgustassi. Pensi che mio nonno sia cattivo perché è razzista. E tu che fai, King? Fai la stessa. Identica. Cosa.”

King continua ad aiutare Sandy, anche quando sarà costretto a cambiare nascondiglio; saranno pomeriggi passati all’insegna della vecchia amicizia, ora ravvivata, della gioia, della serenità, pur avendo sempre il timore di essere scoperti. “La gente parla ancora di te e continua a tenere gli occhi aperti, ma niente più squadre di ricerca. […] C’è chi dice che sei scappato e basta

Questo tempo che King e Sandy trascorrono insieme dà loro la possibilità di confrontarsi, riflettere, prendere consapevolezza della loro identità: anche King, pur avendo la ragazza, ha il dubbio di essere gay.

“Come facevi a sapere che eri gay?” gli chiedo. […] “Non lo so,” dice. “È solo una sensazione, credo.” “Che tipo di sensazione?” “Il tipo di sensazione che le persone descrivono nei film, nei programmi televisivi e nei libri. Quella che ti fa sentire nervoso ed emozionato allo stesso tempo. È la sensazione che provo per i ragazzi e non per le ragazze, così ho capito che sono gay. Non ho mai provato la stessa cosa per le ragazze.”

Continuano così le loro chiacchierate, il loro passare più tempo possibile insieme, fino a quando Sandy viene scoperto e tutti gli amici se la prendono con King, perché vengono a sapere che era a conoscenza del nascondiglio.

Questo libro da poco meno di 200 pagine si legge tutto d'un fiato, perché oltre alle importanti tematiche trattate, il razzismo, il coraggio di essere sé stessi e l’amicizia, intrattiene fino alla fine incuriosendo sulla sorte dei ragazzi: Sandy, dov’è? È vero che da suo padre è meglio scappare? E King? Sarà riuscito a risolvere almeno parte dei suoi dubbi, delle sue insicurezze? Per saperlo, non mi resta che augurarvi buona lettura!

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