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La terra di nessuno di Maria José Floriano

Libro finalista II edizione Premio Inge Feltrinelli

Cari lettori, il libro di cui vi racconto oggi è un libro difficile, ve lo dico subito, ma è un libro di cui abbiamo tutti bisogno, soprattutto in un momento come questo in cui in troppi posti del mondo sono i bambini, che dovremmo proteggere, a pagare un prezzo altissimo a causa della ingordigia e arroganza di tanti adulti.

La terra di nessuno
La terra di nessuno Di Maria José Floriano;

«Camminare tra i vetri è un'arte. Soltanto sanno farla certi artisti circensi. Ho sentito dire che li chiamano fachiri. Ma lo facciamo anche noi bambini del campo. Ogni giorno giochiamo a dribblare ratti siringhe resti dei falò. Nel campo siamo acrobati, camminiamo in equilibrio sui fili di rame.» (dal testo di Marìa José Floriano)

La terra di nessuno (Kalandraka) di Maria José Floriano è stato selezionato tra i finalisti del premio Inge Feltrinelli, menzione kids: raccontare il mondo, difendere i diritti. In queste due brevi frasi sta tutto il senso del premio ma non solo, sta forse tutto il senso del nostro lavoro di librai e il nostro privilegio di lettori: leggiamo per divertirci, certo, per intrattenerci e intrattenere, ma soprattutto leggiamo per conoscere e comprendere, sinonimi eppure con una sfumatura di differenza fondamentale.

Anche i bambini e i ragazzi possono comprendere e conoscere attraverso i libri, specialmente se gli argomenti che proponiamo sono seri e profondi, trattano temi di educazione civica e sociale. I nostri ragazzi sono i cittadini di domani e speriamo gli agenti di un cambiamento per il meglio. Sta a noi dunque offrire loro strumenti di crescita che strizzino l’occhio a una sana dose di bellezza: i libri.

© Federico Delicado, Kalandraka 2023

Gli albi illustrati, nello specifico, quelle opere che stanno a metà tra narrazione e opera d’arte, si prestano a raccontare anche temi scottanti e dovrebbero essere letti sempre, non solo dai bambini piccoli, ma dai ragazzi e dagli adulti.

Il valore del lavoro, coraggioso e sfidante, che hanno fatto gli autori del volume La terra di nessuno è nell’equilibrio delicatissimo tra denuncia sociale e meraviglia. Ci offrono un caleidoscopio straniante attraverso cui possiamo osservare, con gli occhi dell’infanzia, uno spaccato di mondo non così distante dal nostro. È sorprendente scoprire, nelle note conclusive della storia, dove questa è ambientata. Si tratta di un luogo reale, una metropoli europea, vicinissimo a noi anche se saremmo portati a pensare che sia in quella parte del globo che con un po’ di arroganza definiamo terzo mondo, quando in realtà di mondo dovrebbe proprio essercene solo uno.  

La prima tavola che ci ritroviamo davanti, a doppia pagina, offre una visione d’insieme di un’ambientazione che comunque sembra prepotentemente divisa in due. Sullo sfondo di un “muro” di cemento, la città, spiccano i colori vivaci di un tendone del circo. Viene subito da pensare all’allegria e al gioco, eppure, come se giraste un pochino il caleidoscopio, la prima frase è uno schiaffo in pieno viso.

Camminare tra i vetri è un’arte. Lo fanno alcune stelle del circo, ho sentito che si chiamano fachiri. Lo fanno anche alcuni bambini del mio villaggio.

© Federico Delicado, Kalandraka 2023

In che senso? Viene da chiedersi. Da qui comincia quell’altalena di sentimenti e sensazioni per cui ad ogni illustrazione e ogni parola ci si deve fermare un attimo, mettere a fuoco e rileggere i due codici, parole e illustrazioni. Nel villaggio tutti i bimbi sono acrobati, devono per forza imparare presto a destreggiarsi tra le mille insidie della vita.

Osservate attentamente le immagini e vedrete quanti strati hanno! I visi dei bimbi che giocano sono uguali ovunque, hanno gli occhi che brillano e sorrisi pieni di meraviglia, poi, come se scostassimo un velo, ecco che percepiamo il secondo strato: con cosa stanno giocando queste creature? Ciò che potrebbe sembrare normale non lo è. Qui non si fanno sconti a nessuno e ogni tanto devo ammettere che manca un po’ il fiato.

Attraverso il buco di una serratura, lo sguardo bambino vede senza realmente capire ciò che accade e cerca di dare un nome alle cose con la fantasia innocente che contraddistingue i piccoli anche in un mondo che è ai margini, sia fisici che della legalità, un luogo non solo materiale dove si deve in qualche modo sopravvivere.

 La frase che chiude la storia io la trovo davvero emozionante.

Un teatro è un bel posto in cui vivere.

Sembra quasi un’eco del celebre la bellezza salverà il mondo ed è meravigliosamente rappresentata dal corteo di bimbi che sfilano sotto uno scampolo del tendone del circo.

Ecco, alla fine di questo albo, l’istinto è stato ricominciarlo e rileggerlo, perché c’è sempre qualcosa in più da scoprire e osservare, un particolare che era sfuggito, una sfumatura che si era persa. Raccontiamo il mondo, difendiamo i diritti e impariamo dai bambini, hanno così tanto di insegnarci!  

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