Illustrazione digitale di Maddalena Guadagnino, 2023, studentessa presso l'Istituto Europeo di Design di Milano
Il 23 giugno 1868, Christopher Latham Sholes registrò il brevetto, insieme a Ginnen, della prima macchina da scrivere – ormai la bellezza di 155 anni fa. Un’invenzione che cambiò il modo di intendere la scrittura, basti pensare che si diffuse ampiamente l’organizzazione non alfabetica delle lettere, la disposizione QWERTY, che permetteva una frequenza minore di inceppamento della macchina.
Così, cambiò anche l’approccio alla scrittura da parte degli autori. Lasciare la penna in favore dei tasti meccanici modificava anche la prestazione, la modalità stessa con cui ci si avvicinava al momento dell’uno a uno fra il pensiero e il suo foglio.
Un rapporto di conflittualità e inesorabile interdipendenza, odi et amo non privo di colpi, quello fra lo scrittore e la scrittura.
Ciascuno lo vive a suo modo, con le sue maniacalità e i suoi manierismi ma, più di tutto, con il dettame temporale e ritmico che la scrittura stessa pretende dalla vita di un narratore, di un poeta.
Per celebrare questa occasione eccovi una proposta che omaggia la scrittura e il rapporto che gli autori stessi intrattengono con quest'arte esigente e bellissima.
Quello che ne hanno raccontato, i segreti svelati, le resistenze combattute e la visceralità che a lei li lega. Un allenamento alla conoscenza dei propri sensi, un allenamento allo sguardo per come può leggere il mondo e restituirlo ai suoi lettori.
Ma fra questi, come nel caso del Mestiere di scrivere di Carver, ci sono anche consigli, allenamenti per la scrittura creativa, metodi personali per ragionare sull’estro e la creatività, stimolare le doti di ciascuno e provare a mettere in discussione un talento grezzo, con esercizi pensati e riportati.
Oppure c’è un approccio più sacro e misterico, come quello di Flannery O’Connor che, in Un ragionevole uso dell’irragionevole tenta di sviscerare la necessità della scrittura, la caparbietà stessa con cui si è portati a scrivere una storia e non si sa, molto probabilmente, neanche perché si senta questa esigenza, cominciando da un’affermazione semplice e molto veritiera:
A parer mio quasi tutti sanno cos’è una storia, fino a che non si siedono a scriverne una
Fino alla chiosa più semplice e forse meno scontata che lo stesso Jack London usa in moltissime lettere con cui risponde ad aspiranti scrittori, una chiosa racchiudibile nella parola lavoro.
Il talento che è partenza, ma il lavoro che è riuscita, addomesticamento, sudore, davanti a una pagina che desidera di essere riempita e non fa che sfidare alla disciplina un’innata vocazione.
Quindi, se il vostro desiderio è scrivere, o anche solo curiosare negli ingranaggi che muovono la scrittura, eccovi le parole stesse di chi, grazie alla scrittura, ha potuto vivere di passione e di un mestiere creato con dedizione e spina dorsale.
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