Di ricordi parla anche l’opera più importante di Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano (Einaudi) che già dal titolo ci introduce in quello che è l’argomento del testo: il lungo racconto dell’imperatore Adriano, che, anche lui prossimo alla morte, fa un bilancio della propria vita. Si tratta di un testo magniloquente, per comporre il quale l’autrice ha operato una minuziosissima ricerca e studio del personaggio per dare vita a una finta autobiografia che trasuda umanità da ogni parola. È un testo difficile da inquadrare, ma mi ha letteralmente lasciata senza fiato e personalmente lo inserirei nella categoria “pugni nello stomaco”. Il malinconico sguardo di Adriano, che accarezza, planando delicato, un mondo che sta lentamente dissolvendosi (la Roma imperiale) per mutare in qualcosa che lui non riesce a immaginare – ma al quale guarda, comunque, con posata fiducia – non manca di riempirsi gli occhi del volto di un giovinetto, Antinoo, che in un atto di amore estremo verso Adriano, si sacrifica durante un rituale per allungare la vita dell’amato. Il modo di Adriano di creare ricordi passa proprio attraverso la sua reazione all’evento traumatico della perdita del suo amore. Non potendo consolarsi in nessun modo, ordina di riempire l’impero di raffigurazioni di Antinoo, statue, dipinti, busti, volto sulle monete, un’intera iconografia che doveva continuare la vita di quel ragazzo, poco più che ventenne, persistendo al posto suo.
"Un tempo, quando pensavo alla mia fine, come un pilota, noncurante di sé, trema però per i passeggeri e il carico della nave, mi dicevo amaramente che quel ricordo sarebbe affondato con me; mi sembrava così che quel giovane essere imbalsamato con tanta cura nel fondo della mia memoria, dovesse perire una seconda volta. Questo timore, pur tanto giusto, s’è in parte placato: ho compensato come ho potuto quella morte precoce; per qualche secolo almeno sussisterà un’immagine, un riflesso, un’eco fievole di lui. Non si può far molto di più, in materia d’immortalità".