Strade di carta

Libri che raccontano gioventù tradite

Illustrazione digitale di Gaetano Di Riso, 2021

Illustrazione digitale di Gaetano Di Riso, 2021

Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi

Aby Warburg

Demon Copperhead

di Barbara Kingsolver - Neri Pozza, 2023

"Se la mia versione adulta potesse rientrare in questa storia camminando all’indietro, vorrei tanto potermi sedere sull’ultima panca accanto a quel ragazzino incazzato con i suoi vestiti da chiesa troppo stretti e un’aria da Darkhawk per dirgli: Credi di essere chissà cosa, ma sei solo una caccola in questo mondo incasinato. Tutto questo non riguarda te."
È Demon che parla. Il ragazzino protagonista del libro vincitore del premio Pulitzer (ex aequo con Trust di Hernan Diaz) Demon Copperhead, di Barbara Kingsolver (Neri Pozza). Ancora imprigionato nel sacco amniotico di una mamma a sua volta bambina (poco più che diciottenne), che partorisce da sola sul pavimento della casa-roulotte, aiutata solo da gin, anfetamine e oppioidi, il piccolo Demon, già orfano di padre prima ancora di mettere piede nel mondo, emerge alla vita facendosi strada fuori dal sacco letteralmente a pugni. In un racconto incalzante e tutto narrato in prima persona nella forma del memoire autobiografico, che non cede mai al vittimismo o all’autocommiserazione, accompagneremo questo ragazzino nella lunga corsa in apnea che sarà la sua vita. Da una famiglia affidataria a un’altra, Demon capirà presto di esser stato tradito prima ancora di posizionarsi ai blocchi di partenza, perché lo sanno tutti che il modo in cui ti sarà permesso di vivere in questo mondo è segnato fin dalla nascita, prendere o lasciare. Sullo sfondo, l’America dei sogni traditi, delle vite ai margini, dell’illusione svelata. Un quadro che restituisce uno spaccato attualissimo della società odierna, tra razzismo, dipendenze da farmaci e forbice sociale che si allarga sempre di più e un’intera generazione di giovani completamente abbandonata a sé stessa.

Le schegge

di Bret Easton Ellis - Einaudi, 2023

Il principale fil rouge che collega Demon Copperhead al prossimo libro intreccia in realtà due temi che non sono quello che mi ha fatto provare quella sensazione di consentaneità che è oggetto di questa rubrica. Le Schegge, di Bret Easton Ellis (Einaudi) ha come capisaldi lo smascheramento di quello che sta dietro la patina luccicante del sogno americano e il pesante abuso di droghe da parte dei protagonisti, ma qui la storia la guardiamo dalla prospettiva opposta: quella dei figli delle famiglie più ricche della California, che frequentano scuole esclusive, vivono in ville da sogno, si devastano in locali che frequentano anche le celebrità di Hollywood e apparentemente hanno il mondo ai loro piedi. E sebbene Ellis – che vi confesso essere uno dei miei autori viventi preferiti – non scada mai nemmeno lui nella commiserazione (al limite nel disprezzo) per quelle vite che trasudano lusso, riesce comunque a restituirci l’assordante vuoto che emana da esse. La recita, la chiama Bret, protagonista del romanzo, anche questo narrato in prima persona, anche questo nella forma del racconto autobiografico. Una recita specifica, con ruoli prestabiliti, che ognuno si impegna ogni giorno a rispettare, costi quel che costi, pena l’esclusione dal consorzio sociale scolastico, cosa che a quell’età viene vista come una catastrofe da scongiurare a tutti i costi. E dunque ecco in scena il Bret visibilmente partecipe, come si descrive lui, che nell’osservare l’inserimento a scuola di Robert Mallory, un nuovo compagno arrivato all’inizio dell’ultimo anno e immediatamente amato da tutti, non può palesare i suoi pesanti sospetti sul suo conto, per la precisione sul fatto che faccia parte di una setta attiva in quegli anni a Los Angeles. La vicenda precipita velocemente, ma non vi dico altro perché il racconto assume quasi i toni del giallo. Ma la trama è quasi marginale in questo lungo racconto degli anni ’80 in America, che l’autore ricostruisce con precisione certosina, avendoli vissuti. Quello che risalta, e che, per tornare all’inizio, è ciò che mi ha fatto risuonare le stesse emozioni di Demon Copperhead, è invece il fortissimo senso di vuoto e di smarrimento di rotta anche tra i giovani che sono nati dal lato giusto della barricata, per dirla con Demon. Due mondi opposti e complementari, anzi forse l’uno conseguenza dell’altro: generazioni a cui viene consegnato un sogno sul punto di esplodere e generazioni che coi resti di quell’esplosione costruiscono la propria esistenza. 

Carrie

di Stephen King - Bompiani, 2017

Ma gioventù tradite sono anche quelle individuali, che magari non discendono in maniera diretta dalle disuguaglianze che abbiamo creato nel mondo, bensì dalla cattiveria di una o più persone. Devo fare una premessa, che forse ho già fatto in un altro articolo quando ho parlato di un altro libro di Stephen King. Quelli di King, nella maggior parte dei casi, sono romanzi di formazione più che horror, e Carrie (Bompiani) non fa eccezione. Nel suo primo romanzo, del 1974, il Re racconta una storia comune di bullismo scolastico, che nella vita di Carrie non è che un semplice intermezzo tra una sfuriata e l’altra di una madre sadica che atterrisce la ragazza con il terrore costante del peccato carnale, di cui colpevolizza Carrie per il fatto stesso di essere nata e quindi rappresentare concretamente l’orribile atto che il padre della ragazza – non più in circolazione – l’avrebbe costretta a fare. Come conseguenza Carrie sarebbe, secondo la madre, la figlia del Demonio e da esso avrebbe ereditato un dono. Eppure Carrie è docile, timida, goffa e impacciata e nel subire le angherie tanto della madre come dei compagni, non sembra portatrice di chissà quale potere demoniaco. Ma un giorno, a seguito di uno scherzo stupido e malvagio, l’equilibrio fin troppo controllato della ragazza si spezza e…va bene, qui è dove inizia la parte horror, ma non vi dico altro. Se avete visto il film, vi prego, leggete il libro. È un consiglio che do spesso con i libri di King.

Il buio oltre la siepe

di Harper Lee - Feltrinelli, 2019

Di tenore completamente diverso è la gioventù tradita della protagonista del prossimo libro, che è uno tra i miei personaggi preferiti di sempre. Con Il buio oltre la siepe, di Harper Lee (Feltrinelli) restiamo in America, ma ci spostiamo in Alabama, nella cittadina immaginaria di Maycomb, nel profondo Sud degli Stati Uniti. Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un ragazzo afroamericano accusato di violenza carnale. Atticus riuscirà a dimostrarne l’innocenza, ma il ragazzo sarà ugualmente condannato a morte. Una storia atroce che però non è che lo scheletro del romanzo che si innesta sul racconto di un’infanzia: quella di Scout – figlia di Atticus – e degli amici con cui la bambina attraversa i suoi primi anni di consapevolezza del mondo che la circonda. Tra scorribande estive, incursioni in case di vecchi scorbutici che sembrano fantasmi, l’incoscienza e la leggerezza di quell’età che si affaccia al mondo, Scout riesce a non perdere il suo sguardo pulito sulle cose nonostante la società finisca per tradire sé stessa e l’ingenua innocenza dei bambini. Arriva sempre un momento in cui ci rendiamo conto che il mondo in cui viviamo non è all’altezza degli insegnamenti che impartiamo ai più piccoli, non ci possiamo poi stupire più di tanto se poi i bambini, crescendo, si smarriscano di fronte al cortocircuito sociale in cui vengono catapultati da giovani adulti.

Ogni mattina a Jenin

di Susan Abulhawa - Feltrinelli, 2013

Chiudo la cinquina con un libro la cui lettura si è imposta nuovamente, dopo che si era imposta nel 2008 e poi nel 2012, nel 2014 e ancora nel 2021 e si potrebbe andare avanti e indietro di decine di anni perché tratta di una guerra che dura da decenni e che non dà l’impressione di essere sulla via di una risoluzione. Sto parlando di Ogni mattina a Jenin, di Susan Abulhawa (Feltrinelli). Attraverso la storia di Bassima e Yehya, poi di Hassan e Dalia, poi di Yussef e Fatima, di Amal e Majid e infine della giovane Sara, l’autrice racconta decenni di occupazione, dalla cacciata dei suoi antenati da ‘Ain Hod, nel 1948, attraverso il campo profughi di Jenin, fino al ritorno in Palestina di Sara, figlia di Amal, nata negli Stati Uniti eppure pregna del richiamo di quella terra nella quale non ha mai abitato, ma che risuona, nostalgica, nei ricordi silenziosi di sua madre. Qui non sono solo le gioventù e le infanzie, ad essere tradite, tradite da speranze infrante anno dopo anno, tradite dalla crudeltà della guerra, tradite dall’indifferenza del mondo che da sempre volta lo sguardo altrove. Qui è un intero popolo a sentirsi tradito nel diritto più basilare alla sopravvivenza. Il racconto si dispiega attraverso la voce di Amal bambina che, come migliaia di altri suoi coetanei, non ha potuto sperimentare l’innocenza di quando il mondo ci sembra ancora intero, perché il suo mondo non lo è mai stato, intero, ma sempre diviso e separato dai checkpoint israeliani. La voce di Abulhawa non cerca colpevoli, anzi, è sempre capace di distinguere il collettivo dall’individuale e a fronte delle testimonianze di responsabilità collettive, rimane l’umanità dell’individuo, che non viene mai negata ed è invece descritta con pietà, rispetto e consapevolezza.

I libri consentanei di Enrica Antonini

Demon Copperhead

Di Barbara Kingsolver | Neri Pozza, 2023

Le schegge

Di Bret Easton Ellis | Einaudi, 2023

Carrie

Di Stephen King | Bompiani, 2017

Il buio oltre la siepe

Di Harper Lee | Feltrinelli, 2019

Ogni mattina a Jenin

Di Susan Abulhawa | Feltrinelli, 2013

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