La redazione segnala

È uscita la longlist del Booker Prize 2022, ed è sorprendente

Vorrei accettare questo premio a nome di tutte le storie raccontate e non raccontate, di tutti gli scrittori ascoltati e non ascoltati

Damon Galgut

Oggi, 26 luglio 2022, è uscita la longlist dei tredici libri candidati al Booker Prize, il più importante premio letterario di lingua inglese. Un’edizione che è già stata definita «curiosa» per le scelte di questa prima selezione. Innanzitutto, si spazia da giovanissimi esordienti a grandi autori contemporanei (intellettualmente grandi, ma anche anagraficamente), perlopiù, però, pubblicati da editori indipendenti. Ci sono due romanzi irlandesi, Small Things Like These di Claire Keegan, e The Colony di Audrey Magee, tre esordienti, Maddie Mortimer con Maps of our Spectacular Bodies, Leila Mottley con Nightcrawling e Selby Wynn Schwartz con After Sappho, e altri autori meno sorprendenti.

Troviamo infatti Elizabeth Strout con Oh William!, NoViolet Bulawayo e il suo Glory, Karen Joy Fowler con Booth e Graeme Macrae Burnet con Case study. Se vincerà Treacle Walker lo scopriremo il giorno dell’ottantottesimo compleanno del suo autore, Alan Garner, e ancora chiudiamo la longlist con Hernan Diaz e Trust (portato in Italia quest'anno da Feltrinelli) e con Percival Everett e il suo The trees.

In quest’edizione, la giuria sarà presieduta da Neil MacGregor – storico e scrittore di Glasgow che, tra gli altri, ha scritto una Storia del mondo in 100 oggetti – che vedrà come compagni di squadra Shahidha Bari, Helen Castor, M. John Harrison e Alain Mabanckou – i cui romanzi sono editi in Italia da 66thand2nd, l’ultimo Le cicogne sono immortali è del 2020.  

L’anno scorso il premio ha visto come vincitore il romanzo La promessa di Damon Galgut (già acclamato per il meraviglioso Il buon dottore), ma la storia del Booker Prize annovera autori e autrici di grande successo. Ci basti pensare a Margaret Atwood – che ha vinto il premio ben due volte, con L’assassino cieco e I testamenti – e a Bernardine Evaristo, con la quale ha diviso il premio nel 2019. E ancora Coetzee, Mantel, Rushdie – che con il suo I figli della mezzanotte ha vinto addirittura il Booker of Bookers e il Best of Booker, edizioni speciali del premio per celebrare il venticinquesimo e il quarantesimo anniversario.

Una storia non solo illustre se pensiamo che, tra tutto il resto, il Booker è stato anche spesso bersagliato di feroci polemiche. Una delle più celebri riguardò la vittoria di James Kelman, quando vinse nel 1994 con How Late It Was, How Late: pare che nessuno fosse d’accordo con questa vittoria, perlopiù per il linguaggio gergale e colorito dell’autore scozzese. La baronessa Neuberger, allora relatrice del premio, non solo promise di denunciare quella vittoria alle autorità competenti, ma se ne uscì la sera della premiazione con un elegantissimo: «Francamente, questa è merda». Una Joe Bastianich ante litteram, insomma.

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