La libertà è un fatto dell'intelligenza: ed è quella che dipende da questa, non l'intelligenza dalla libertà
In letteratura i personaggi più interessanti, quelli che restano più impressi, quelli che non camminano sulle pagine ma che creano solchi di inchiostro, sono gli stessi che si contraddicono. Nell’ossimoro ci sono le sfumature, nel contrasto c’è profondità. Ci sono alcuni autori che sembrano personaggi, come per esempio Kurt Erich Suckert, nato a Prato il 9 giugno 1898 da madre italiana e padre tedesco, anche se non è così che passerà alla storia: dal 1925 adotta lo pseudonimo Curzio Malaparte (italianizza il suo nome e adotta una paronomasia del cognome di Napoleone), ma per i suoi contemporanei sarà “L’Arcitaliano”, la personificazione di tutti i pregi e i difetti degli italiani.
Curzio Malaparte fu il più rivoluzionario dei fascisti e fan sfegatato di Mussolini per poi collaborare con Moravia nella rivista Prospettive (il quale lo definì «voltagabbana fascista») e accettare l’incarico di Togliatti, nel 1944, di scrivere per l’Unità. Ricevette la tessera del Pci e poi si convertì alla religione cattolica ricevendo tutti i sacramenti alle soglie della morte, avvenuta nel 1957. Fu scrittore, sceneggiatore, regista, poeta, giornalista, saggista, militare e diplomatico. Tutto in cinquantanove anni di vita.
…se dovessi definirmi con una sola parola direi che, nonostante tutto, sono un uomo
Le sue opere più famose sono Kaputt, scritto tra il 1941 e il 1943, e La pelle, pubblicato nel 1949 e che racconta l’occupazione alleata in Italia dal 1943 al 1945.
Ma è il suo unico film, Il Cristo Proibito, del 1951 che riassume la visione del mondo di uno degli intellettuali più complessi del secolo scorso. Malaparte ne curò il soggetto, la sceneggiatura e la regia. Il lungometraggio vide cinque edizioni in cinque lingue diverse e vinse il Premio della città di Berlino alla prima edizione del Festival di Berlino.
È la storia di un uomo che torna dalla campagna di Russia, che ha perso un fratello, ucciso dai tedeschi e che desidera vendetta al punto da uccidere un innocente.
È proibito il Cristo perché è proibito salvare gli uomini, soffrire per loro, morire per loro
Malaparte torna con questo film a una delle scene più tragiche della sua vita e a uno dei momenti più difficili della storia dell’Italia. Il 29 aprile 1945 era su una camionetta in piazzale Loreto e vide la folla fare scempio dei corpi senza vita di Benito Mussolini e Claretta Petacci.
Mi dispiaceva per tutti gli italiani, ma non per quella sudicia folla. […] Era una folla non di vittime innocenti, ma di complici. Non m’importava nulla che quella sudicia folla avesse le case in rovina, le famiglie disperse, e fosse affamata, poiché una simile folla se l’era meritato. Tutti erano stati suoi complici. Fino all’ultimo
Malaparte ebbe un grande talento nel conservare i vecchi nemici e farsene di nuovi a ogni cambio di rotta. Eppure Moravia sbagliò nel definirlo un voltagabbana, perché Malaparte non inseguì mai un interesse economico o di notorietà. Rincorse d’istinto degli ideali che mutavano come mutava lui nel corso del tempo. L’unico inappellabile punto fermo fu un sincero amore per l’umanità.
Ti voglio bene, perché io voglio bene agli uomini caduti, umiliati
Di
| Adelphi, 2015Di
| Adelphi, 2014Di
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| Mondadori, 1997Ti potrebbero interessare
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