Dorothy Parker ha scoperto una verità grave e salutare al tempo stesso: in quasi tutte le nostre più sentite disgrazie, si annida qualcosa di irresistibilmente assurdo, se non addirittura comico
Dorothy Parker, che per un po’ portò il suo ingombrante cognome, Rotschild, come si porta una macchia di pomodoro su una camicia bianca, e che poi divenne Dotty – un nomignolo che, nonostante il tentativo, non riusciva a sminuirla –, aveva un sacco di cose da dire. Da scrivere, per l’esattezza, e lo fece con un’eleganza e una raffinatezza che la collocavano precisamente e senza possibilità di scostamenti in quei roaring Twenties che lei stessa aveva contribuito a creare.
Intorno a lei c’era un’America che a noi piace sognare invasa dalle atmosfere di Gatsby: scrittori affascinanti borderline, come Hemingway, ozio sfrenato, auto veloci, acconciature alla moda. Dorothy Parker sta qui e sa benissimo di esserci, perché ama gli scrittori che la circondano, da loro si fa amare con sua grande soddisfazione e, talvolta, con qualche rammarico per non essere stata più prudente, perché sa come mettere il proprio talento al servizio della società frenetica in cui si trova a vivere e sa quanto può osare come donna per essere considerata audace ma non frivola.
Dorothy Parker, sovrana dei salotti intellettuali degli anni venti di New York, è considerata una delle donne più intelligenti e ferocemente sagaci della sua generazione. Natalia Aspesi, prefatrice di questa nuova raccolta di ventuno racconti, afferma che «per scrivere con tanta eleganza e perfidia bisogna aver avuto un'esistenza non facile, che ti ha obbligato a trovare rifugio nella tua intelligenza e nella tua fragilità».
I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi;
l’acido macchia; i farmaci danno i crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…
Eppure non è stata una vita sfavillante, la sua. Sulla superficie c’era una donna sicura e intelligente, dal fascino tagliente che aveva imparato a non esitare quando si trattava di parlare e di scrivere, ma più a fondo, e più indietro, e ai margini, se vogliamo, c’era un’esistenza segnata da vuoti da riempire. La madre era morta quando Dorothy aveva cinque anni, il padre quando ne aveva 20, lo zio sul Titanic – e in pochissimo si ritrovò sola. Però a Vanity Fair le sue poesie piacevano e così cominciò a pubblicarle, e da lì Parker capì di potersi risollevare, in qualche modo: di poter tenere a bada quelle assenze mostruose che con qualche rigurgito tornavano spesso a farsi sentire.
Quando succedeva o scriveva poesie – intense nella loro pulizia, piene di emozioni, di tutte, e affilate – o tentava il suicidio. O si innamorava, che poi è la stessa cosa di scrivere o condannarsi. Si trasferì a Hollywood e iniziò a scrivere anche per il cinema, e lei stessa guadagnava come una star (c’era la Grande depressione, ma questo non sembrava frenare gli editori che la volevano a scrivere) e vinceva premi per le sue sceneggiature. Ma quel che più di tutto Dorothy Parker amava fare era leggere.
Scriveva come nessuna, ma lo faceva perché aveva divorato tutto. E ne parlava, scriveva recensioni di una bellezza disarmante, esercizi di stile che reggevano il confronto con i libri recensiti (che erano Lolita e i libri di Shirley Jackson, per capirci), perché in quelle parole stava tutta la sua passione per quei mondi perfettamente congegnati, per quanto inquietanti, che abitavano la letteratura. Forse, tutto sommato, Dorothy Parker ha sempre e solo cercato una via di fuga – non lo facciamo tutti? – e finché ha retto quella via è stata la letteratura. Quando poi ha cominciato a bere troppo e a fumare altrettanto, anche le sue recensioni cominciarono a sregolarsi come lei, e nel ’67 le si spezzò il cuore l’ultima volta non senza ironia e non senza regalarci un’ultima, imprevedibile audacia:
Scusate la polvere
Di
| Astoria, 2021Di
| Astoria, 2013Di
| Astoria, 2015Di
| Rizzoli, 2013Di
| De Piante Editore, 2022Ti potrebbero interessare
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Conosci l'autrice
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente