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Dorothy Parker, vita di una poetessa ribelle

wikicommons.wikimedia.org - © Vandamm

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Dorothy Parker ha scoperto una verità grave e salutare al tempo stesso: in quasi tutte le nostre più sentite disgrazie, si annida qualcosa di irresistibilmente assurdo, se non addirittura comico

William Somerset Maugham

Dorothy Parker, che per un po’ portò il suo ingombrante cognome, Rotschild, come si porta una macchia di pomodoro su una camicia bianca, e che poi divenne Dotty – un nomignolo che, nonostante il tentativo, non riusciva a sminuirla –, aveva un sacco di cose da dire. Da scrivere, per l’esattezza, e lo fece con un’eleganza e una raffinatezza che la collocavano precisamente e senza possibilità di scostamenti in quei roaring Twenties che lei stessa aveva contribuito a creare.

Intorno a lei c’era un’America che a noi piace sognare invasa dalle atmosfere di Gatsby: scrittori affascinanti borderline, come Hemingway, ozio sfrenato, auto veloci, acconciature alla moda. Dorothy Parker sta qui e sa benissimo di esserci, perché ama gli scrittori che la circondano, da loro si fa amare con sua grande soddisfazione e, talvolta, con qualche rammarico per non essere stata più prudente, perché sa come mettere il proprio talento al servizio della società frenetica in cui si trova a vivere e sa quanto può osare come donna per essere considerata audace ma non frivola.

Tanto vale vivere
Tanto vale vivere Di Dorothy Parker;

Dorothy Parker, sovrana dei salotti intellettuali degli anni venti di New York, è considerata una delle donne più intelligenti e ferocemente sagaci della sua generazione. Natalia Aspesi, prefatrice di questa nuova raccolta di ventuno racconti, afferma che «per scrivere con tanta eleganza e perfidia bisogna aver avuto un'esistenza non facile, che ti ha obbligato a trovare rifugio nella tua intelligenza e nella tua fragilità».

I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi;
l’acido macchia; i farmaci danno i crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…

Dorothy Parker, Résumé

Eppure non è stata una vita sfavillante, la sua. Sulla superficie c’era una donna sicura e intelligente, dal fascino tagliente che aveva imparato a non esitare quando si trattava di parlare e di scrivere, ma più a fondo, e più indietro, e ai margini, se vogliamo, c’era un’esistenza segnata da vuoti da riempire. La madre era morta quando Dorothy aveva cinque anni, il padre quando ne aveva 20, lo zio sul Titanic – e in pochissimo si ritrovò sola. Però a Vanity Fair le sue poesie piacevano e così cominciò a pubblicarle, e da lì Parker capì di potersi risollevare, in qualche modo: di poter tenere a bada quelle assenze mostruose che con qualche rigurgito tornavano spesso a farsi sentire.

Quando succedeva o scriveva poesie – intense nella loro pulizia, piene di emozioni, di tutte, e affilate – o tentava il suicidio. O si innamorava, che poi è la stessa cosa di scrivere o condannarsi. Si trasferì a Hollywood e iniziò a scrivere anche per il cinema, e lei stessa guadagnava come una star (c’era la Grande depressione, ma questo non sembrava frenare gli editori che la volevano a scrivere) e vinceva premi per le sue sceneggiature. Ma quel che più di tutto Dorothy Parker amava fare era leggere.

Scriveva come nessuna, ma lo faceva perché aveva divorato tutto. E ne parlava, scriveva recensioni di una bellezza disarmante, esercizi di stile che reggevano il confronto con i libri recensiti (che erano Lolita e i libri di Shirley Jackson, per capirci), perché in quelle parole stava tutta la sua passione per quei mondi perfettamente congegnati, per quanto inquietanti, che abitavano la letteratura. Forse, tutto sommato, Dorothy Parker ha sempre e solo cercato una via di fuga – non lo facciamo tutti? – e finché ha retto quella via è stata la letteratura. Quando poi ha cominciato a bere troppo e a fumare altrettanto, anche le sue recensioni cominciarono a sregolarsi come lei, e nel ’67 le si spezzò il cuore l’ultima volta non senza ironia e non senza regalarci un’ultima, imprevedibile audacia:

Scusate la polvere

Epitaffio sulla tomba di Dorothy Parker

I libri di Dorothy Parker

Tanto vale vivere

Di Dorothy Parker | Astoria, 2021

Eccoci qui

Di Dorothy Parker | Astoria, 2013

Dal diario di una signora di New York

Di Dorothy Parker | Astoria, 2015

Giochi di società

Di Dorothy Parker | Rizzoli, 2013

Veleni & champagne. Poesie dell’età del jazz (1926-1931)

Di Dorothy Parker | De Piante Editore, 2022

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Dorothy Parker è stata una scrittrice statunitense. Giornalista, collaborò a «Vogue», «Vanity Fair», «New Yorker», «Esquire», trasferendo sulla pagina l’umorismo tagliente per cui fu famosa come personaggio pubblico. Autrice di commedie, versi (Poesie, Collected poetry, 1944), libri di narrativa (Il mio mondo è qui, Here lies, 1939; Racconti, Collected stories, 1942), raggiunse i suoi risultati più precisi e pungenti nel ritrarre con acre ironia pregiudizi e conformismi del mondo alto-borghese. Negli anni del dopoguerra lavorò come sceneggiatrice a Hollywood.«Dorothy Parker ha scoperto una verità grave e salutare al tempo stesso: in quasi tutte le nostre più sentite disgrazie, si annida qualcosa di irresistibilmente assurdo, se non addirittura comico.» - William Somerset MaughamFonte immagine: wikicommons.wikimedia.org - © Vandamm

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