Diario di bordo

L'urna trasparente e la vergogna

Martedì 19 ottobre 

Nel lunedì che era cominciato con un portuale di Trieste che davanti alla polizia si inginocchia, piange e tiene alto il rosario, il pomeriggio ha portato cifre da vero psicodramma politico, come raramente si erano viste.
I risultati dei ballottaggi sono andati oltre le previsioni, con la vittoria del centrosinistra a valanga a Roma e Torino, ma anche in luoghi inaspettati come la Varese proto-leghista, la Latina di Durigon e la misteriosa Cosenza. Il fenomeno più appariscente è stato naturalmente quello della bassissima affluenza, che ha colpito a morte i candidati del centrodestra che, peraltro, erano i primi a supplicare che la loro agonia non si prolungasse. Gli analisti dei flussi elettorali sapranno essere molto precisi sulla geografia della solitudine e indicheranno delusione, stanchezza, scarsa fiducia nei propri leader come cause e concause della disaffezione al voto; spero che si esercitino anche sul versante opposto, ovvero perché gli elettori di centrosinistra sono andati a votare.

In attesa di conoscere i risultati dello sconquasso – c’è un futuro per il fascismo in Italia?
Apparentemente sembra di no e questa è davvero una bella notizia - io vorrei proporre, da politologo dilettante, un’altra possibile causa di questo massiccio rifiuto degli elettori di destra di andare a votare per i propri candidati. Secondo me, si è trattato di “vergogna”. Vergogna di esporsi (mi chiedo quanti, fra quelli che ai tempi d’oro avevano postato i loro selfie con Salvini, li abbiano mantenuti sulle loro pagine Facebook), vergogna per l’incapacità di difendere le proprie opinioni – e questo non certo perché qualcuno gli ha gridato di “tornare nelle fogne” - una vergogna silenziosa per sé stessi che li ha portati a stare a casa.
Se fosse così, sarebbe un caso piuttosto unico di rivolta morale, o di pentimento.
Comunque, un buon segno.        

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