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Gioachino Rossini e il segreto del crescendo

Una cosa che si è inventato Rossini? Il crescendo. Non nel senso che prima la musica fosse tutta piatta (sempre piano o sempre forte) oppure procedesse soltanto a scatti (prima piano e poi, di colpo, forte). Il crescendo esisteva, ci mancherebbe. Una delle orchestre più celebri del primo Settecento, quella di Mannheim – un punto di riferimento assoluto per Mozart, nello sviluppo del suo stile – era nota addirittura per un suo specifico crescendo, detto appunto crescendo Mannheim, ottenuto prescrivendo che l’intera formazione passasse rapidamente da pianissimo a fortissimo. E la Quinta sinfonia di Beethoven, per dire, composta nel 1808, cioè sette anni prima che Rossini portasse in scena Il barbiere di Siviglia, non starerebbe in piedi senza i lunghi, intensi, fondamentali crescendo che la attraversano da capo a fondo. Ma quei crescendo servivano ad aumentare progressivamente il pathos, l’intensità, l’emozione o magari la suspense o, ancora, la drammaticità. Si prendevano cioè melodie, temi, passaggi seri, autorevoli, e si aumentava la loro importanza, la loro gravità, annotando sotto i pentagrammi quella parola magica, crescendo (magari nella sua forma abbreviata, cresc., perché sulle partiture c’è sempre bisogno di sintesi per mantenere la lettura più agevole).

Gioachino Rossini. Una vita
Gioachino Rossini. Una vita Di Gaia Servadio;

La vita di Gioachino Rossini è più avventurosa di quella dei quattro moschettieri messi assieme, è un romanzo. Da ragazzino povero a uomo ricco e infelice, da giovane di "sinistra" a vecchio di destra però sempre pronto a sfottere imperatori e impostori.

E Rossini, allora? Che cosa si è inventato? Beh, ha capito che il crescendo poteva essere usato per aumentare a poco a poco l’aspetto buffo di una scena, per esaltarne progressivamente l’ironia, il gioco, magari l’assurdità. E infatti nella sua musica più la dinamica cresce, gli strumenti suonano forte, i cantanti danno fiato all’ugola e più una situazione ridicola diventa grottesca, trascinante, irresistibile.

Prendete ad esempio L’Italiana in Algeri, che racconta la beffa di tre simpatici connazionali impegnati a prendere per il naso il bey Mustafà. A un certo punto gli dicono che Isabella, della quale il governatore algerino è innamorato, lo ha nominato pappataci. Cioè?, chiede lui. È un titolo, spiegano, per cui gli spetta il compito di «dormir, mangiare e bere / ber, dormir e poi mangiar». Già il fatto che Mustafà ci creda è divertente; ma è soprattutto il lungo crescendo e il suo sfociare, alla fine dei terzetto, che rende la pagina irresistibile, in un fuoco d’artificio di parole e note che zampillano sempre più rigogliose dal palcoscenico e dalla buca dell’orchestra.

Oppure prendete La calunnia è un venticello dal Barbiere di Siviglia: Don Basilio vuole rassicurare Don Bartolo che la bella Rosina potrà essere sua sposa, se il Conte di Almaviva, che ne è lo spasimante segreto, verrà messo in cattiva luce. Per questo occorre mettere in giro una calunnia. «La calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar», dicono le parole del libretto. E per Rossini si tratta di un invito a nozze, che gli consente di creare un’aria costruita come un lungo crescendo, anche in accordo con il testo, che da espressioni come piano piano, sottovoce, sibilando finirà con un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l’aria rimbombar. Manco a dirlo, tra le nostre orecchie l’idea di Don Basilio si trasforma da perfida strategia a giostra entusiasmante, in un rimescolamento di emozioni per cui da un lato si è in pena per il poveraccio calunniato ma dall’altro è inevitabile divertirsi all’idea, perché il crescendo, a poco a poco, è proprio lì che ci ha portato.

Ora, come mai ci appassiona tanto questo aspetto in fondo tecnico, di cucina, della musica di Rossini, uno dei più grandi compositori del nostro Paese (era nato a Pesaro il 29 febbraio 1792), un genio che tutto il mondo di invidia? Il punto è che Rossini è vissuto sulla soglia del Romanticismo, quando già si preparavano i fogli pentagrammati per riversarvi sopra colate di sentimento ardente, afflati patriottici, innamoramenti disperati e fatali; ma le sue opere sono ancora intrise di Settecento, di esattezza, di precisione, di velocità – quella che scrive è una musica molto calviniana, se si vuole. Ciò che gli serviva dunque, in questo suo bizzarro e personale spazio storico, era un modo per far ascoltare al pubblico l’enfasi fonica, le ondate di suono, il coinvolgimento emotivo al quale le partiture di Beethoven o di Berlioz lo stavano abituando; ma ridendoci sopra, svelandone il meccanismo, riportando questi gesti retorici e appassionati a una loro esattezza, a una precisione esibita. E così, con la sua musica così trasparente, così chiara, cristallina, in fondo Rossini dichiara: «adesso costruisco un crescendo e vi faccio ridere». Riuscendoci.

Non è meraviglioso?

Per approfondire

Gioachino Rossini. Una vita

Di Gaia Servadio | Feltrinelli, 2015

Rossini

Di Andrea Chegai | Il Saggiatore, 2022

Gioacchino Rossini

Di Riccardo Bacchelli | Castelvecchi, 2018

Come un baleno rapido. Arte e vita di Rossini

Di Paolo Fabbri | LIM, 2023

Gioacchino Rossini. Il genio burlone

Di Ennio Cominetti | Unicopli, 2019

Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini

Di Vittorio Emiliani | Il Mulino, 2007

Rossini!

Di Matthieu Mantanus | Feltrinelli, 2018

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