La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:
Ma davvero è successo tutto questo? In un libro di novecento pagine, una cavalcata in quel vero romanzo che è stata l'Italia degli ultimi trent'anni. È come guardare un film sulla nostra vita, in cui gli avvenimenti sono raccontati mentre succedono.
Sinagoga di Roma, 13 aprile 1986
Per la prima volta dopo duemila anni, un papa si reca nella sinagoga di Roma.
La visita, preparata con due anni di trattative, è uno dei grandi avvenimenti della Storia. Ne sono protagonisti Karol Wojtyla, pontefice polacco proveniente dal paese in cui il nazismo ha sterminato tre milioni di ebrei; e Elio Toaff, il rabbino capo di Roma, livornese e discendente da una famiglia spagnola scacciata dalla Spagna dall'Inquisizione nel 1492.
Solo da cento anni il «ghetto» (un quartiere chiuso e privato dei diritti civili da secoli per volere della Chiesa) è stato emancipato; ma nel 1944 il ghetto intero è stato razziato e deportato dai nazisti verso Auschwitz nel silenzio della capitale e del Vaticano.
Nei secoli la Chiesa cattolica ha accusato gli ebrei di aver ucciso Gesù Cristo e ha benedetto e promosso la persecuzione contro di loro.
Papa Giovanni XXIII è stato il primo a tendere la mano, personalmente e con le risoluzioni del Concilio vaticano II.
Quattro anni fa, di fronte alla sinagoga, un attentato terroristico palestinese (il primo dai tempi del nazismo) ha ferito decine di persone all'uscita da una funzione religiosa e ucciso un bambino, Stefano Gaj Tachè.
L'anno prima il governo italiano si è schierato, in occasione del dirottamento dell'Achille Lauro, decisamente dalla parte dell'Olp contro lo stato di Israele. Il Vaticano, d'altra parte, non riconosce lo stato di Israele.
La visita, quindi, è «epocale». Ripresa dalle televisioni e raccontata dai giornali di tutto il mondo, è insieme un evento teologico, politico e diplomatico. Anni dopo, nel 2003, quando Karol Wojtyla sarà nuovamente invitato in sinagoga dal rabbino Di Segni, il Vaticano risponderà di no, essendo stata la visita del 1986 «unica e irripetibile».
Dopo i saluti solenni e commossi per l'evento:
«Il mio pensiero - nel momento storico che stiamo vivendo - si rivolge con ammirazione, con riconoscenza e con rimpianto all'infinito numero di martiri ebrei che serenamente affrontarono la morte per la santificazione del Nome di Dio.
A essi va il merito se la nostra fede non ha mai vacillato e se la fedeltà al Signore e alla Sua Legge non è mai venuta meno nel lungo volgere dei secoli. Per il loro merito il popolo ebraico vive ancora, unico fra tutti i popoli dell'antichità. [...] (Noi) riaffermiamo la universale paternità di Dio su tutti gli uomini, ispirandoci ai profeti che l'hanno insegnata quale amor filiale che congiunge tutti gli esseri viventi al seno materno dell'infinito, come alla loro matrice naturale.
È quindi l'uomo che deve essere preso in considerazione. L'uomo che è stato creato da Dio a Sua immagine e somiglianza nell'intento di conferirgli una dignità e una nobiltà che può mantenere solo se vorrà seguire l'insegnamento del Padre. Nel Deuteronomio è scritto: «Voi siete figli del Signore vostro Dio» per indicare il rapporto che deve legare gli uomini al loro Creatore, un rapporto da padre a figlio, di amore e di benevola indulgenza, ma anche un rapporto di fratellanza che deve regnare fra tutti gli esseri umani.
Se esso esistesse veramente non dovremmo oggi lottare contro quel terrorismo e quelle violenze aberranti, che mietono tante vittime innocenti, uomini, donne, vecchi e bambini, come è accaduto anche di recente davanti a questo Tempio. [...]
Il possesso della terra promessa si ottiene come premio per aver seguito le vie del Signore e la fine dei giorni verrà quando il popolo vi sarà tornato.
Questo ritorno si sta verificando: gli scampati dai campi di sterminio nazisti hanno trovato in terra d'Israele un rifugio e una nuova vita nella libertà e nella dignità riconquistata. Per questo il loro ritorno è stato chiamato dai nostri maestri «l'inizio dell'avvento della redenzione finale», «Reshit tzemihat geulatenu». Il ritorno del popolo ebraico alla sua terra deve essere riconosciuto co me un bene e una conquista irrinunciabili per il mondo, perché esso prelude - secondo l'insegnamento dei profeti - a quell'epoca di fratellanza universale a cui tutti aspiriamo e a quella pace redentrice che trova nella Bibbia la sua sicura promessa.
Il riconoscimento a Israele di tale insostituibile funzione nel piano della redenzione: il finale che Dio ci ha promesso non può essere negato».
Il papa saluta il rabbino capo Toaff e la presidente dell'Unione delle comunità israelitiche italiane, Tullia Zevi.
Il punto saliente del suo discorso:
Sì, ancora una volta, per mezzo mio, la Chiesa deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo da chiunque; ripeto: da chiunque
Il papa si riferisce alla dichiarazione del Vaticano del 1965 (Nostra Aetate, ispirata da Giovanni XXIII) e ne sottolinea «in questa circostanza veramente unica», i tre spunti particolarmente rilevanti.
Il primo è che la Chiesa di Cristo scopre il suo «legame» con l'ebraismo «scrutando il suo proprio mistero». La religione ebraica non ci è «estrinseca», ma in un certo qual modo, è «intrinseca» alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun'altra religione. Sono i nostri fratelli prediletti e, in un certo senso, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori.
Il secondo punto rilevato dal Concilio è che agli ebrei, come popolo, non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva, per ciò «che è stato fatto nella passione di Gesù». Non indistintamente agli ebrei di quel tempo, non a quelli venuti dopo, non a quelli di adesso.
È quindi inconsistente ogni pretesa giustificazione teologica di misure discriminatorie o, peggio ancora, persecutorie. Il Signore giudicherà ciascuno «secondo le proprie opere», gli ebrei come i cristiani.
Il terzo punto è la conseguenza del secondo: non è lecito dire, nonostante la coscienza che la Chiesa ha della propria identità, che gli ebrei sono «reprobi o maledetti», come se ciò fosse insegnato, o potesse venire dedotto dalle Sacre Scritture, dall'Antico come dal Nuovo Testamento. Gli ebrei «rimangono carissimi a Dio», che li ha chiamati con una «vocazione irrevocabile».
Nei venti anni successivi non si verificherà più nel mondo un altro incontro ravvicinato tra monoteismi, Il Dio cristiano, il Dio ebraico, ma soprattutto il Dio islamico saranno riscoperti dai guidatori di uomini come molto più radicali e molto più intolleranti.
Di
| Feltrinelli, 2018Di
| Il Saggiatore, 2010Di
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