La redazione segnala

La battaglia di Valle Giulia

La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:

Patria 1967-1977, Feltrinelli 2018
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Patria 1978-2010, Il Saggiatore 2010
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Patria 2010-2020, Feltrinelli 2020 
Estratto da

Patria 1967-1977, di Enrico Deaglio

pp. 81-85

Patria 1967-1977
Patria 1967-1977 Di Enrico Deaglio;Valentina Redaelli;

Nel 1967 Gianni Morandi canta "C'era un ragazzo che come me" e Luigi Tenco si spara un colpo di pistola al Festival di Sanremo: si sente nell'aria che qualcosa sta per succedere, e infatti comincia un decennio di rivoluzioni, conquiste, speranze, disamori e misteri.

1° marzo, Roma - La battaglia di Valle Giulia

Nel più grande campus universitario d'Europa - La Sapienza di Roma - il 1968 si apre con continui episodi di contestazione, discussione studentesca e occupazioni di edifici universitari.
Il "sistema punitivo" degli esami è uno dei temi più presenti insieme al potere baronale e al ventilato aumento delle tasse della riforma Gui. La facoltà di Lettere è rimasta occupata per un mese e mezzo, l'azione studentesca sta esaurendosi, ma hanno ottenuto già qualcosa.

I professori hanno acconsentito agli esami di gruppo e a discutere i piani di studio con gli studenti.
Le prime sperimentazioni sono già avvenute, ma queste vittorie studentesche non piacciono affatto al Magnifico rettore.

Pietro Agostino D'Avack, 63 anni, dagli anni trenta professore di Diritto canonico, studioso della repressione dell'omosessualità nella legislazione vaticana, potente esegeta del potere temporale della Chiesa, chiama a raccolta i docenti reazionari dell'università e, in accordo con il ministro Gui (proprio quello contro cui gli studenti protestano), decide una strategia.

Gli esami sostenuti con il nuovo metodo saranno dichiarati invalidi e gli studenti saranno estromessi dalla facoltà di Lettere. Alle 13.30 di giovedì 29 febbraio (il 1968 è stato anche un anno bisestile), il rettore, armato di megafono, in piedi davanti alla statua della Minerva che campeggia in mezzo alla grande piazza dell'università, annuncia le sue decisioni.

La riforma degli esami viene annullata; gli occupanti di Lettere sono invitati a desistere oppure saranno sgomberati. Dopo un'ora diciotto camion, idranti e camionette, in totale 2000 tra poliziotti e carabinieri, fanno il loro ingresso nel campus, procedono alla liberazione di Lettere e presidiano gli ingressi delle diverse facoltà per impedire altre occupazioni.

Gli studenti, cacciati dall'università, cercano la maniera di rispondere il giorno seguente.
Una manifestazione viene organizzata con il passaparola in piazza di Spagna, che già è il comune ritrovo del movimento beat. Alle 10 di mattina del primo marzo, sono già quattromila all'appuntamento, con alunni delle scuole medie superiori venuti a dare manforte.
Ma non sanno bene cosa fare, fino a quando una decisione viene presa per tutti dagli studenti di Architettura, che propongono di tornare nella loro facoltà, sede di un'occupazione particolarmente vivace.

La facoltà di Architettura, un edificio moderno rosa e bianco sorge su uno dei luoghi più incantevoli di Roma, su una collina che chiude la parte occidentale di Villa Borghese. Una scalinata porta a via Belle Arti, vicine sono la British School of Rome e l'Istituto culturale giapponese. Tutta la zona è una enclave boschiva nota come "Valle Giulia".

Il corteo degli studenti, fiancheggiato dalla polizia e da numerosissimi fotografi si snoda in percorsi magnifici con cartelli "Potere agli studenti", "Via la polizia dall'università" e arriva alla scalinata d'ingresso della facoltà, dove è schierato un triplice cordone dello speciale Battaglione Celere con cappottoni, elmetti e manganelli.

I primi scontri avvengono qui, dopo un lancio di uova a cui segue una carica. La polizia carica con brutalità, ma gli studenti rispondono con molto coraggio, armati di pietre e rami d'albero e pezzi di panchine divelte.
I fotografi scattano decine di foto di teste di studenti insanguinate. La controffensiva ha successo e gli studenti riescono a entrare e, formalmente, a "rioccupare".

Ma non dura molto. La polizia chiede rinforzi per dare il nuovo assalto. La battaglia ora fa un salto di qualità. Diverse camionette sono incendiate, le ambulanze arrivano per trasportare feriti, mentre molti degli studenti sono ricoverati e protetti nell'Istituto culturale giapponese. Per due ore e mezza, Roma sente le sirene e vede il fumo dei lacrimogeni, ci sono feriti gravi, episodi di corpo a corpo, ma nessun colpo di arma da fuoco viene sparato (tranne uno in aria da parte dell'autista di una camionetta assediata).

La battaglia di Valle Giulia termina con 53 feriti tra gli studenti (in realtà sono molti di più, ma vengono curati privatamente) e ben 160 tra i poliziotti. "Paese Sera", il quotidiano di sinistra della sera, esce con titoli cubitali a scontri ancora in corso: Battaglia a Valle Giulia. È la prima volta nella storia recente d'Italia che una manifestazione contrattacca la polizia che ha cercato, senza riuscirci, di scioglierla.

Che si tratti di un “salto di qualità” è certo, ma fin dall’inizio ci sono dubbi sulla ricostruzione. Quanto degli scontri era preordinato e quanto spontaneo? Gli studenti erano tutti uniti? Si sa fin da subito che alla battaglia hanno partecipato gruppi non piccoli, legati al Movimento sociale o ad altre organizzazioni studentesche fasciste, come il Fuan-Caravella. “L’Unità” del giorno dopo ha un titolo imbarazzato: Teppa fascista contro gli studenti. Impetuosa risposta dei giovani; ma il giorno dopo cambia atteggiamento: Bestiale aggressione poliziesca contro gli studenti a Roma. Via la polizia dall’università.

Molti i nomi dei giovani che ricompariranno negli anni successivi della storia patria. Per la sinistra: Massimiliano Fuksas, Claudio Petruccioli, Paolo Liguori, Oreste Scalzone, Franco Piperno, Renato Nicolini, Giuliano Ferrara, Paolo Flores d'Arcais, Paolo Mieli, Franco Russo, Paolo Pietrangeli, Ernesto Galli della Loggia, Aldo Brandirali.
Per la destra, gruppo Caravella: Adriano Tilgher, Antonio Fiore, Guido Paglia, Stefano delle Chiaie, Mario Merlino, Maurizio Giorgi, Pierfranco Di Giovanni, Roberto Paolotto, Roberto Raschetti, Domenico Piloll, e altri ancora come Sandro Saccucci, Bruno e Serafino Di Luia.
Per i poliziotti: Michele Placido.

Una canzone, un poster, una poesia

La battaglia di Valle Giulia diventa immediatamente un "fatto storico". Lo sanno gli scrittori del Gruppo 63, che con tempestività commentano l'evento sulla rivista "Quindici" con un grande poster, la foto della battaglia.

Paolo Pietrangeli compone di getto una canzone che diventa subito l'inno del movimento. S'intitola Valle Giulia e comincia così:

Piazza di Spagna, splendida giornata, / traffico fermo, la città ingorgata/ e quanta gente, quanta che n'era! / Cartelli in alto e tutti si gridava:/ "No alla scuola dei padroni! / Via il governo, dimissioni!"

Paolo Pietrangeli

e termina con il verso: "Non siam scappati più!".

Pier Paolo Pasolini (ne parliamo qui) dà scandalo: Io sto dalla parte dei poliziotti.

Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo, Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità,
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari ecc, ecc,
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo, Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l'essere odiati fa odiare).
Hanno vent'anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d'accordo contro l'istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all'altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

Per capire il '68

Il '68 in Italia. Le idee, i movimenti, la politica

Di Diego Giachetti | BFS Edizioni, 2018

Che cosa resta del '68

Di Paolo Pombeni | Il Mulino, 2018

Andare per i luoghi del '68

Di Toni Capuozzo | Il Mulino, 2018

Trilogia della Patria

Patria 1967-1977

Di Enrico DeaglioValentina Redaelli | Feltrinelli, 2018

Patria 1978-2010

Di Enrico Deaglio | Il Saggiatore, 2010

Patria 2010-2020

Di Enrico Deaglio | Feltrinelli, 2020

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