Lo-li-ta, la punta della lingua di ciascuno di noi ha compiuto, almeno una volta nella vita questo breve viaggio di tre passi sul palato per pronunciare il soprannome di Dolores Haze, uno dei personaggi più amati e allo stesso tempo più odiati della letteratura.
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita
È questo l'incipit memorabile del quinto romanzo dello scrittore russo Vladimir Nabokov. Definito scandaloso, nauseante, controverso, sporco, pornografico; e poi, storia di un amore senza tempo, capolavoro, viaggio negli angoli più reconditi dell'animo umano, opera d'arte, gioco sovrano.
Scritto in cinque anni, proposto inizialmente a cinque editori e rifiutato da tutti. Dopo la tentazione di riproporlo sotto pseudonimo, Nabokov incontra il favore della casa editrice francese Olympia Press. È importante sottolineare come quest'ultima fosse una casa nota per la letteratura erotica, che faceva dunque ricadere il romanzo in un genere ben preciso, privo del senso di universalità con cui oggi lo conosciamo. Finalmente, però, l'Olympia Press permette a Lolita di vedere la luce nel 1955, con la firma del suo autore. Ma quest'Odissea nella pubblicazione non finisce qui. La vita del romanzo è breve: accolto da una critica spietata e considerato immorale, molte librerie si rifiutano di venderlo e, nel 1956, viene bandito dal ministro degli Interni francese. Tutte le copie sul territorio nazionale vengono ritirate.
Lolita resta in fermo per due anni, finché riesce infine a diffondersi in tutto il mondo grazie alla casa editrice americana Putnam's Sons, più grande delle precedenti, che lo pubblica il 18 agosto 1958, esattamente sessantacinque anni fa. Nabokov incontra allora il successo sperato: il libro scala la classifica dei best seller e diventa il primo, dopo Via col vento – molto diverso per temi e contenuti – a vendere 100.000 copie nelle prime tre settimane di pubblicazione.
Dopo trentasei anni rileggo Lolita di Vladimir Nabokov, che ora Adelphi ripresenta... Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un'abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romanzesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostato nel mio ricordo. Non mi ero accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica. (Pietro Citati)
La pubblicazione non è il solo punto caldo a segnare la storia del romanzo. Perfino la sua genesi, entro cui naturalmente si è andati a scandagliare una volta raggiunta la fama, denunciando questo o quel plagio, cercando di ricostruire l'origine di un'ossessione tanto morbosa, è oggetto di discussione. Come Nabokov stesso scrisse in una postfazione tuttora presente nelle successive edizioni del romanzo, il primo, piccolo palpito di Lolita nasce intorno al 1940 a Parigi, durante un attacco di nevralgia intercostale.
Nabokov aveva letto un articolo di giornale su una scimmia del Jardin des Plantes che, tenuta in cattività da uno scienziato, era stato il primo animale a disegnare un bozzetto a carboncino. Il bozzetto raffigurava le sbarre della sua stessa gabbia. Da questa strana associazione di pensieri deriva L'incantatore, un racconto breve con protagonista un uomo che si invaghisce di una ragazzina, e sposa la madre per starle vicino. Il racconto della scimmia e L'Incantatore – creduto perso e pubblicato postumo – non bastano però ad arginare le speculazioni.
Nel 2004 un celebre articolo pubblicato sul New York Times porta a galla il ritrovamento di un racconto del 1916 scritto da un nebuloso scrittore tedesco: Heinz von Lichberg. A quanto pare, Lichberg aveva scritto un racconto gotico di diciotto pagine ambientato in Spagna, il cui titolo portava proprio il nome della giovane protagonista, lo stesso del romanzo di Nabokov: Lolita. Un'altra ipotesi circa la genesi di Lolita emerge nel 2018, con la pubblicazione del libro The Real Lolita, scritto dalla giornalista Sarah Weinman. Weinman asserisce che Lolita non sia tutta farina del sacco di Nabokov, al contrario, la storia parrebbe essere già stata scritta da un fatto di cronaca nera del 1948.
Nel 1948 l'undicenne Florence Sally Horner fu rapita nel New Jersey da un uomo che si spacciò per un agente dell'FBI. L'uomo la tenne prigioniera per ventuno mesi, portandola da una parte all'altra degli States in un lungo viaggio costellato di abusi. Una volta tornata a casa, Florence venne additata come una prostituta e morì pochi anni dopo in un incidente stradale. Tuttavia, L'incantatore, che risale al 1939, sembrerebbe dimostrare come l'idea di Lolita esistesse nella mente dello scrittore ben prima del caso Horner.
Insomma, ancora oggi Lolita è un romanzo che fa parlare, e che di sicuro non lascia indifferenti. Sicuramente i due adattamenti cinematografici di Stanley Kubrick e Adrian Lyne, rispettivamente del 1962 e del 1997, hanno contribuito a radicare nell'immaginario comune l'adolescente conturbante che indossa occhiali a forma di cuore e succhia un lecca-lecca rosso (anche qui, si potrebbe aprire un'infinita parentesi sui dibattiti sorti in seguito agli adattamenti che, come alcuni sostengono, hanno ridotto la multidimensionale Lolita di Nabokov a un mero giochetto commerciale).
Comunque, che piaccia o meno, Lolita è entrata nella cultura popolare: dalla Lolita che si legge a Teheran a quella che compare su TikTok con la canzone di Lana Del Rey. La visione di Nabokov, cominciata con una nevralgia intercostale e una scimmia, una piccola illuminazione notturna di origine diabolica mai finita, continua a tenere viva la sua scrittura e l'adolescente con le trecce che, attraverso una penna, è rimasta immortale.
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